"quando avremo ottanta anni, avremo probabilmente imparato tutto dalla vita .
Il problema sarà ricordarlo"

18 Gennaio 2019. Sagaing (Mandalay)

Oggi si va a Sagaing, una delle città che furono capitali storiche della Birmania .
Come ho accennato ieri, insieme alle altre 4 si alternarono alla guida del Paese per ben quattro secoli fino alla dominazione inglese.
Vedendola dal fiume Irrawaddy, al nostro arrivo a Mandalay, eravamo rimasti sconvolti: un'immensa collina di Pagode dorate, Templi binchissimi e oro, dappertutto. Dista circa 20 Km a sud-ovest da Mandalay e quindi si va di scooter, qui non elettrico. La raggiungiamo abbastanza facilmente nonostante il traffico. Come sempre, si esce la mattina per rientrare esausti ma appagati la sera. Percorriamo vie interne. Passiamo in una strada lunghissima dedicata al marmo. Marmisti nei loro laboratori che creano opere bellissime, spesso religiose. Nonostante usino la smerigliatrice, la cosa assurda è che nessuno usa protezioni. Tutti senza occhiali, mascherina o guanti. Uno dei tanti era completamente bianco e la polvere continuava a coprirgli la faccia tanto che stava lavorando ad occhi quasi chiusi: avete presente la farina in faccia? così. Nessuna preoccupazione poi per i passanti: respiriamo marmo a pieni polmoni (c..!#**!!# u!!).
Arrivo a Sagaing. Qui è tutto improntato alla spiritualità, alla religione e “non è paese per turisti” (sempre i f.lli Coen a supporto) perché non c'è una e dico una parola in altra lingua all'infuori del Birmano, cioè con caratteri ghirigorati, tipo arabo. Niente inglese. Monaci dappertutto. Gli abitanti, immersi anch'essi in questo mondo, ti invitano ad entrare in ogni tempio, in ogni sito religioso che, vi assicuro, sono troppi anche per la nostra curiosità. Dapprima saliamo su su una strada in cemento che ci porta ad un Tempio panoramico chiamato စေတီတော်သို့မဟုတ်ဗိမာန, in cui c'è un Buddha in bronzo e oro, anche questo unico nel suo genere perché li abbiamo sempre visti bianchi, tranne quello di Mandalay. Panorama sulla città, una marea di Pagode. Da quì riprendiamo lo scooter e raggiungiamo una scalinata che ci porterà al Soon U Ponya Shin Pagoda (il nome l'abbiamo dedotto dal GPS, perché all'ingresso era scritto più o meno ာ်သို့မဟုတ်ဗိမာ): 940 metri di scalini per un dislivello di 120 metri. Durante la salita si incontrano altre due Pagode. La collina sulla quale è eretta la Pagoda si chiama Sagaing Hill.
Molto panoramica, moooolto in alto. Guardiamo intorno a 360º e ci viene il malessere per quanti Templi ci sono intorno a noi. Notiamo una cupola arrotondata e dorata, una mezza sfera enorme. Che facciamo ce ne priviamo???Giammai. Si tratta del Sitagu International Buddhist Myssionary Accademy, che fu creata per propagare lo studio delle sacre scritture, la pratica buddista e la realizzazione della dottrina per sé stessi e per il mondo. A noi ha colpito soprattutto il suo aspetto architettonico con una miriade di intarsi e decorazioni. Dopo altri due templi, la nausea. Basta, alle 16.00 circa, esausti e pieni di Pagode fino alle orecchie decidiamo di chiudere qui la visita a Sagaing. Direzione Amarapura, altra ex capitale birmana, che sta nella riva opposta. Attraversato il ponte Yadanabon Bridge, composto da tre arcate metalliche, ci incuriosisce l'attività portuale in questa sponda del fiume. Attività frenetica, scarico e
carico a spalla di sacchi pieni di materiale, pensiamo cemento, ma poteva anche essere qualcos'altro, forse riso. Accatastamento di lunghi tronchi di legno che formano delle grandi zattere, carico e scarico di sabbia con grandi cesti, portati a spalla o sulla testa, tutti lavori rigorosamente fatti con infradito e Lungy, il gonnellone che usa l’80% della popolazione, qualunque cosa faccia.Lavori di muratura, agricoltura, in moto, in bici, sempre con la gonna lunga, uomini e donne. Molte le donne lavoratrici,
stessi carichi, stesso trattamento. Continuiamo verso Amarapura.Percorriamo le viuzze interne di collegamento tra le due città e incappiamo  nell'altra grande ricchezza di Mandalay e dintorni: la produzione tessile. Percorriamo una lunghissima stradina sterrata con tanto di laboratori tessili e di tintura. Appese ad asciugare al vento, su fili, tantissime  matasse di seta, senza rocca, ordinatamente distinte per colore. Uno spettacolo di colori brillanti: il rosa, il fuxia, l’azzurro, il turchese, il verde
smeraldo e il verde bottiglia, l'arancione, il giallo, il nero, insomma un mega arcobaleno in terra. Le persone ci sorridono e ci consentono di fotografare. Entriamo in uno dei laboratorio per vedere all'opera la tessitura fatta, in questo caso, da una giovane ragazza. Appagati dallo spettacolo, proseguiamo verso l'altra storica ex capitale: Amarapura. Qui ad Amapura, spesso, si viene a godere del tramonto. Da padrone la fa il ponte in legno di teak più vecchio e più lungo del mondo l’ U-Bein Bridge, 1200 metri di lunghezza sul lago Taungthaman, che collega la città ai villaggi di periferia. Una miriade di gente che va e viene su questo ponte di cui molti piloni e travi sono gli originali (del 1849!!). Travi distanti tra loro, nessuna protezione laterale, aiuto.
Non sembra vi siano ricorrenti opere di manutenzione ma sicuramente ci sono, forse (???). Aspettiamo il tramonto in questo posto suggestivo non tanto per il bel ponte quanto per la vita intorno ad esso: barche di pescatori, campi di girasoli, donne che coltivano appezzamenti di terra, bancarelle e ristorantini/baracca dove anche noi, nell'attesa del tramonto, consapevoli di tutti i rischi, ci facciamo convincere a bere una buona birra (l'ottima Myanmar beer) accompagnata da? patatine? noccioline? stuzzichini? No! pescetti fritti, pesci di questo lago!!! e tempura di verdure, che Dio o Buddha c'è la mandino buona.Dopo la meraviglia quotidiana ma mai banale del tramonto, si rientra, sono le 18.00 quando riprendiamo il sentiero di casa. In hotel dopo circa 50 minuti tra smog e traffico. Domani andremo in battello a Mingun, terza ex capitale storica. Seguiteci

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