"quando avremo ottanta anni, avremo probabilmente imparato tutto dalla vita .
Il problema sarà ricordarlo"

23 Gennaio 2018. Inle Lake, in barca.

Non si può venire a Inle senza addentrarsi nel lago. Sarà turistico, sarà troppo dentro le rotte classiche ma va fatto. In ogni dove troverete qualcuno che si avvicinerà per chiedervi se volete fare il giro in barca sul lago. Sono i locali che senza l'onere della commissione, che le agenzie hanno, ti fanno fare lo stesso percorso con le stesse caratteristiche. Per tutta la via principale sentirete in inglese birmaniano: you want boat?? volete barca? (qui l'ausiliare non esiste), quindi  agenzia o locali, a voi la scelta. Il prezzo si differenzia di poco. Esistono due tipologie di giro, uno più lungo dell'altro. Costo del tour classico corto dai 15.000 ai 18.000 kyat; il più lungo dai 20.000 ai 25.000.
Noi optiamo per aiutare le persone del posto senza oneri di agenzia. Veniamo avvicinati da una donna piccoletta (e dirlo io!) ma manager rampante che ci convince con la “forza della dolcezza”. Per 22.000 kyat (circa 13 euro) faremo il giro lungo, che toccherà diverse tappe, a partire dalle 9.00 del mattino fino al tramonto. Nella barca, solo per noi, ci sono i salvagente, le copertine (qui servono perché l'escursione termica è molto alta, dai 10 gradi la mattina e la sera ai 25/28 della giornata), ombrello per il sole, che quando vien fuori picchia. Via si va, puntualissimi, accompagnati da un barcaiolo molto giovane che non indossa il Lungy e ha le unghie smaltate di nero, cappellino e trassa (=attitudine) da fighetto. Lo scenario si presenta già
meraviglioso.Durante la traversata non incontriamo nessuno perché gli orari di partenza sono a libera scelta del cliente e molti partono in orari diversi. Prima tappa ai giardini galleggianti. Certo non si può dire che questo popolo non sfrutti tutto quello che possiede, fa come si fa con il maiale, non si butta via niente. C’è troppa acqua in giro? Allora coltiviamo sull'acqua! Ecco allora piantagioni di pomodori e ortaggi vari radicati in acqua. La strana sensazione di vedere i filari di coltivazioni muoversi come l'onda ci lascia sbigottiti. Il lago poi è limpidissimo, si vede il fondale e tantissime piante emergere o appena sotto il pelo
dell'acqua, motivo per cui si naviga con l'elica quasi del tutto fuori. Continuando la navigazione tra persone che coltivano con le barchette e palafitte con tanto di parabole satellitari, ci inoltriamo nella parte più larga. Eccoli, i famosi pescatori birmani, gli equilibristi del mare. Stanno in piedi a prua e con una tecnica molto particolare pescano e si muovono remando con una gamba. Pazzeschi! A  volte infilano una grossa nassa fino al fondale (circa 2 metri) tenendola giù col piede mentre con le braccia, accosciati, infilano una fiocina al centro della
nassa cercando di fiocinare più pesci possibile. Sono forti ed equilibristi tanto che neanche il miglior funanbolo potrebbe competere con loro. Ci sono anche quelli “social”, con i tipici abiti (pantalone largo, camicia e cappellino cinese) che si fanno fotografare, quasi sempre a pagamento, come la Fedez/Ferragni. Comunque fantastici, i pescatori!
Lasciamo gli equilibristi per inoltrarci
ancora. Intorno, scorci di villaggi che vivono sull'acqua. L'abitudine di usare il lago per ogni necessità è palese; c'è chi si lava, qui si lavano in continuazione, chi lava i panni, chi si sposta da una palafitte all'altra, insomma in simbiosi con  esso. Ci inoltriamo in un canale molto lungo e controcorrente, per arrivare alle Dein Stupas. Sono i resti di antichi Stupa/Pagode così vicine l'una all'altra da creare quasi un villaggio sacro. In
ogni Stupa ci sono uno o più Buddha. La natura qui ha avuto il sopravvento, si è ripresa i suoi spazi. Alberi che intrecciano e usano gli Stupa per insinuare le loro radici ed espandere le loro ramificazioni; sterpaglie, cespugli e piante decorano l'intero paesaggio, una micro Bagan.
Da qui si va ancora più a sud a “In Phaw Kone”. Ci aspetta una grande scoperta: la lavorazione del gambo del fiore di Loto per estrarne una fibra vegetale da usare come filo in tessitura. Non ci ricordiamo quante migliaia di steli necessitano per produrre qualche metro di filo ma ci ricordiamo bene la bellezza e la resistenza dei manufatti nonché il prezzo: una sciarpa tipo pashmina circa 130 dollari. Sosta in ristorante e via verso gli artigiani del legno, nonché delle imbarcazioni tradizionali. Ci viene spiegato che la lavorazione è esclusivamente manuale e per avere un'imbarcazione finita di 10 metri occorre circa un mese di lavoro per 4
uomini. Continuiamo il viaggio tra laboratori di argenteria e di sigari, qui molto apprezzati.
Barca barca ci spostiamo per  vedere le tessitrici Pa Daung, le donne giraffa. Appartengano ad un'etnia di antiche origini che, per motivi di conflitti interni al paese, si sono rifugiate nei confini tra Thailandia e Myanmar vivendo nella perenna incertezza. Quelle che abbiamo visto noi, poche per fortuna, tessevano e facevano bella mostra di sé per i turisti curiosi e spesso paganti. Hanno un collare di anelli in ottone che mettono all'età di 9 anni per poi cambiarlo a 19 con uno sempre più lungo, con più anelli, per finire ai 25 con il massimo degli anelli per un peso di 20 kg finali. Ne hanno anche sotto le ginocchia di circa 2 chili ognuno. Tutto per retaggi culturali di antiche credenze sulla protezione contro l’attacco delle tigri. La tristezza infinita che mi provoca questa tortura mi lascia senza parole.
Continuando il traghettamento, Caronte ci porta a vedere il monastero Nga Hpe Kyaung, che ricalca lo stile dei precedenti, per poi riprendere la navigazione verso nord. In mezzo al lago, proprio al centro, è presente un monastero di minor bellezza e minor interesse, spesso tappa
per il tramonto, ma noi preferiamo stare nel bel mezzo, in barca. Così aspettiamo il nuovo calar del sole, tra pescatori e piante affioranti. Surreale da quant'è bello. Al rientro con un po di freddino, ci aspetta il molo, la gente che va e viene e la cena.
Finiamo in un ristorantino cinese, chiamato Live Dim Sum House, che raccomandiamo vivamente. La cosa però divertente (questa è per mia Gnata Stelli) è che abbiamo voluto provare un dessert che si chiama palle al sesamo (Sesamo Balls) che c'è pure da noi, nei ristoranti cinesi, ma noi non conoscevamo. Polpette bianche di pasta, tipo pane, con un cuore di cremina nera dolciastra. Non vi dico la faccia quando abbiamo dato il primo morso. Erano quattro enormi polpette tanto perfette e belle quanto orribili, penso che la cacca fritta sia simile. Io con coraggio ho cercato di mandarne giù una, Gigi un'altra. Si attaccavano al lavoro del nostro dentista e non riuscivamo ad ingoiarle. Non volendo sputarle, giù di colpo. Ci stavamo stramazzando di risate a lacrime perché non sapevamo come fare con le altre due. Dopo aver chiesto a Gigi se voleva aggiungerne una alle sue, con nonchalance me le sono infilate nella tasca del giubbotto. All'uscita ridendo come scemi, tanto che il titolare rideva con noi, senza sapere che gliele avrei “scuttasa tipu perda” (=le avrei rimandate indietro con cortesia) le abbiamo date ai cani intorno. Dopo due giorni sono ancora lì , intatte; neanche i topi le vogliono

4 commenti:

  1. Questa tradizione degli anelli sul collo è terribile! È ancora molto diffusa o rimane retaggio di poche donne?

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    1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    2. Da quel poco che abbiamo capito rimane retaggio di poche. Ormai sono ostaggio di se stesse. Sembra che in Thailandia il governo le abbia relegate al confine come rifugiati politici e siccome ha fiutato l'affare, le usa come attrazione per il turista che deve pagare per vederle. Uno squallido business dal quale non potranno uscirne facilmente.

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  2. Ho letto e riletto questo racconto su Inle Lake! ...è semplicemente interessante e appagante visitare quei villaggi e la vita quotidiana! a proposito! quante foto avete scattato fino ad ora Milioniiiiiii immagino! bellissima quella con il tramonto la nassa gigante e il birmano in bilico sulla barca!


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