"quando avremo ottanta anni, avremo probabilmente imparato tutto dalla vita .
Il problema sarà ricordarlo"

27 febbraio 2019. da Pakse a Don Khon

Ore 7.00 sveglia. Dopo colazione e check-out hotel, si riparte. Strano
ma vero, il tuk tuk arriva puntualmente alle 8.10. Dobbiamo essere alla stazione bus entro le 8.30.  Durante il tragitto di qualche km carichiamo altre 4 persone con relativo bagaglio. Fortunatamente arriviamo puntuali per la partenza delle 8.30 in bus. Si parte. Solita storia, l'autista si ferma per una commissione in un negozio di dolciumi e poi riparte. Dopo un'ora, altro stop; sarebbe lo stop di cortesia per far fare  i bisogni e le compere ai turisti trasportati ma non ci illudiamo; si è fermato per 10 minuti con questa scusa ma in realtà doveva scaricare ciò che aveva comprato nel negozio di dolciumi di prima, scatole di qualcosa che aveva stipato nel portabagagli. Comunque, meno male che il punto di imbarco per le isole, Ban Nakasong, è vicino. Solo due ore di bus e ci siamo. È un piccolo
villaggio  il cui molo è punto di arrivo e partenza da e per le isole. Le 4000 isole, in realtà, sono un arcipelago che si chiama Si Phan Don e se anche non è composto da 4000 isole, sono comunque tante.  Il fiume Makong si dirama tra esse e quando è in piena ne sommerge tante. Alcune ne sono esenti e sono stabilmente abitate. In esse ci sono villaggi e scuole ma anche molti resort e attività ricettive e ricreative. Le tre
isole più rinomate, perché più attrezzate di tutto, sono: Don Khong, Don Det e Don Khone, dove prendiamo alloggio noi. La prima è la più grande, si parla di 18 km per 8, ed è anche la più tranquilla, fin troppo. Si dice non ci sia quasi niente se non qualche bungalows e locande ristorante. La seconda è di fronte alla nostra, sono dirimpettaie e collegate da un ponte. Si dice sia la più mondana e "hippie", dove vanno soprattutto i giovani a "" rilassarsi"". La nostra, Don Khone, è una via di mezzo. Da qui si organizzano diverse escursioni e ci sono zone più o meno frequentate. Don Khone (Khon) è ben organizzata e accogliente. Ovviamente i resort, guesthouse e alberghetti sono bungalow di legno o strutture in muratura abbastanza spartane ma molto confortevoli. 
Quasi tutte si affacciano sul fiume, dove la visuale è incantevole. Le stradine interne sono sabbiose e sterrate. Ci sono due scuole e diversi abitanti residenti. Biciclette e motorini non mancano mai. La cosa più divertente è vedere i bambini guidare gli scooter; 125 cc condotti con nonchalance da piccolini, più o meno di dieci anni. Qui, come in tutte le zone da noi toccate, il motorino non è una conquista o un premio ambito, è semplicemente il mezzo per spostarsi, fare commissioni o andare a scuola. Purtroppo l'inquinamento è dilagante ma è un capitolo troppo complesso da toccare. Ma stiamo in tema isola:  ci piace questo posto qua.
Unico "neo" il mio amatissimo caldo; mai chiederò il divorzio, dovessi boccheggiare e morire bollita, però, è davvero quasi al limite di sopportazione, soprattutto perché non c'è il mare dove potersi refrigerare, motivo per cui si trovano  diverse piscine, da noi spesso disdegnate prima d'ora. Nel fiume è meglio evitare di mettere un piede, non è proprio invitante, è marrone. Per giusta informazione, per questo tragitto, dall'hotel di Pakse all'isola, tutto compreso, quindi anche barca dal molo di Nakasong a Don Khone, abbiamo speso 65.000 Kips a testa (6.50 euro) e impiegato 2 ore e mezza. La sera, dopo aver visto come organizzarsi per le prossime giornate, ceniamo in uno dei tanti ristorantini, ma la sorpresa è che c'è un ristorantino indiano, indiano, indiano! Noi adoriamo la cucina indiana e ci tuffiamo dentro. Io prendo un menù vegetariano (troppa carne fin'ora), Gigi il "carniano"😂. Chi conosce la cucina indiana sa di cosa parlo, troppo buona. Alle 21.00 siamo già rientrati dell'alloggio. Qui non si fa vita mondana. La fanno le zanzare per noi, purtroppo la malaria è in agguato. Speriamo bene😐

N.B. SULLE ISOLE NON CI SONO ATM. POTETE PRELEVARE SOLO A BAN NAKASONG!!!!

26 febbraio 2019. Bolaven Pateau - Pakse

Ultimo giorno a Pakse. Dedicheremo la giornata ad una delle maggiori attrazioni della provincia del Champasak, il tavoliere di Bolaven, a circa 40 km da Pakse in direzione Paksong, cittadina che sta a 1300 metri di altitudine. Armati di scooter ci prepariamo ai 40 km da fare. La giornata è meno ventosa ma la foschia mattutina è sempre presente, la
temperatura è ottima, caldo sopportabile, si parte. La strada per questa piana, che sta ad est della città, è assolutamente ben percorribile, nuova e larga. Fiancheggiamo diverse scuole primarie e villaggi di cui uno, in particolare, specializzato nella lavorazione del bambù intrecciato da cui si ricavano manufatti di uso quotidiano, dalle gabbie per i volatili ai contenitori per cuocere il riso. Poco prima di arrivare alla meta prevista, ci fermiamo in una delle tante piantagioni di caffè con annesso il loggiato bar.
La Piana del Bolaven è nota per la presenza di cascate e soprattutto per le coltivazioni del tè e del caffè, uno dei più cari al mondo. Ci sono coltivazioni di Arabica e di Robusta dappertutto. All'interno di questa piantagione, in cui ci siamo fermati, percorriamo diversi centinaia di metri tra le coltivazioni e rimaniamo particolarmente affascinati dalle piante dei due aromi. La Robusta è bellissima, ha le foglie di un verde brillante, grandi, ovali, morbide e pendenti, col bordo leggermente ricciato. L'Arabica invece sembra una pianta nostrana, molto
comune, con foglie più piccole e rigide al tatto e di un verde più scuro. Tra i rami e tra le foglie ci sono i chicchi freschi, delle bacche rosse. Queste, una volta diventate nere, vengono colte e lasciate essiccare al sole. Una volta essicate si sbucciano e viene fuori il chicco, che però è chiaro; sembra mezza arachide. Questi chicchi vengono poi tostati e sono pronti per la macinazione. Il tè invece ha una procedura di lavaggio foglie, macerazione, ossidazione ed essiccazione (non ci hanno spiegato niente, tutto dedotto dai disegni sulle lavagnette). Ci siamo dati al caffè ovviamente; abbiamo assaggiato un espresso Arabica e uno Robusta (1 euro ognuno, come stare a casa). Il primo era esattamente come il nostro caffè del bar, niente di rilevante, leggermente asprigno e forte; il secondo era leggerissimo e quasi insapore. Insomma,
tra le varietà di caffè, il sapore dipende da tostatura e capacità di preparazione, quindi solo un grande intenditore potrebbe saper notare e valutare qualità e differenze sostanziali. Continuando il cammino e arriviamo alla nostra tappa: la cascata più alta che c'è, la Tad Fane. Parcheggio motorino 5000 Kips, ingresso 10.000 Kips a testa. Un breve tragitto tra la vegetazione della foresta dove sentiamo un ... “antifurto”; è un insetto simile ad una falena che 'grida' e fa un rumore pazzesco, assordante. È presente un po dappertutto sulle piante della zona e purtroppo vola via non appena ti avvicini. Per quanto riguarda la cascata invece, in verità sono due cascate gemelle, quasi speculari, di due corsi d'acqua, che si tuffano insieme per fare un salto di 120 metri. Molto belle e suggestive. Torniamo in sella e continuiamo: altra cascata, la Tad Yung, più piccola della prima ma molto carina, costo di ingresso uguale alla prima. All'ingresso, tra le bancarelle di souvenirs, vediamo delle tessitrici che lavorano su un telaio “portatile”. Stanno sedute in terra e lo trattengono con piedi e mani. Ancor più singolare la presenza di donne di etnia Kathu, che vivono in quest'area;
piccolissime di stazza, vestite con abiti tipici laotiani e dotate di espansore in avorio ai lobi delle orecchie, sorridenti e pronte a farsi fotografare. Superato l'ingresso percorriamo un sentiero tra la foresta e scendiamo ad ammirare la cascata. Foto di rito e ripartenza per l'ultima cascata che visiteremo, una cascata minore ma altrettanto suggestiva, la Tham Champee, il costo d'ingresso cambia, tutto 5000 Kips (parcheggio ei nostri due ingressi). Sono le 14.30 e decidiamo di rientrare con tranquillità a Pakse. Ci aspettano i 40 km da
percorrere. Arrivati ​​nei pressi della città ci rendiamo conto della differenza di clima dovuta all'altitudine; qui c'è un caldo boia. Gironzoliamo alla ricerca di qualcosa da mangiare ma non abbiamo voglia di niente di caldo. I gelati qui scarseggiano e la colazione abbondante ci sostiene ancora, quindi direzione hotel, piscina e relax fino a sera. Dopo la sacrosanta doccia si va al Daolin a gustare la loro ottima cucina. Domani trasferimento per l'ultima tappa del nostro viaggio in Laos, le 4000 isole.

25 febbraio 2019. Pakse, city tour.

Stamattina ancora in scooter, ma stiamo in città. Vediamo cosa c'è qui a Pakse. Intanto dovete sapere che è molto ventosa. Il vento soffia forte la
mattina per poi calare nel pomeriggio, da ieri è così. C’è sempre una leggera foschia che non rende le giornate terse. Caldo a manetta, sembra il nostro luglio e anche agosto. È una cittadina abbastanza grande ed è il capoluogo della provincia di Champasak. Pakse si trova alla foce dei fiumi Xedong e Mekong. Il termine Pakse significa "Bocca del fiume Se". Fa circa 88000 abitanti  e ha un aeroporto internazionale che funge da collegamento con l'altopiano di Bolaven. L’ aeroporto, completato nel 2009, ha collegamenti con Siem Reap, Vientiane e Bangkok; ha due ponti importanti, uno è il “Secondo Ponte dell'Amicizia” costruito nel 2000 dopo il “Primo Ponte dell'Amicizia”(1994) che collega la Thailandia con il Laos a Vientiane, anch'esso collega i due paesi qui a
Pakse. Poi c’è il ponte “Giapponese” che collega la città di Pakse con il distretto di Phonthong nel Laos meridionale. Entrambi passano sul Mekong. È una cittadina di transito tra il Laos di mezzo e le 4000 isole, che si trovano a sud e sono famosissime per le bellezze naturalistiche che offrono. Pakse ha, inoltre, tantissime attività ricettive di buon livello, guesthouse e hotel a prezzi assolutamente vantaggiosi e dagli
standard leggermente elevati rispetto al basso livello laotiano. Le strade sono ampie, ben tenute e ci sono molti ristorantini che meritano, un consiglio per chi avesse la fortuna di capitare qui: il Sabaidee restaurant e il suo dirimpettaio strepitoso Daolin, al top in qualità/prezzo e pulizia, cucina laotiana e vietnamita, carne e intingoli deliziosi e tante altre cose. La città non offre tante attrazioni, diciamo che oltre ai mercati locali, sempre surreali e da vivere, ci sono tre
punti d'interesse: il Wat (o Vat) Phrabad il più antico e in cui dovrebbe esserci un impronta di Buddha; il secondo è il Wat (o Vat) Luang, più grande e più turistico e poi il Wat (o Vat) Phou Salao dove c'è il grande Buddha dorato. Rispettivamente il primo, se avete altro da fare, saltatelo; è brutto, trascurato dagli stessi monaci che ci vivono, pieno di rifiuti e sede di tombe e mausolei di defunti, oltretutto non abbiamo capito dove sarebbe questa impronta. Non ci va nessuno e a ragione. Il secondo è più grande ma veramente insignificante, a meno che non sia il primo tempio che vedete, anche qui niente da rilevare. Il grande
Buddha sta sulla collina più alta della città e dal punto di vista panoramico è assolutamente da vedere, si vede tutta la città e oltre, peccato che la foschia non permetta una buona visibilità, si dice che si veda la famosa Piana di Bolaven, distante circa 50 km, dove andremo domani con il nostro mezzo potente. Il questo piana o tavoliere, come meglio si traduce, si trovano cascate, villaggi e piantagioni di caffè di cui i laotiani sono grandi coltivatori. Per il resto il grande Buddha è circondato da immondezza, qualche bancarella, un piccolo monastero e un tempio piccolo in restauro. Ci sono anche tante statue identiche dello stesso Buddha, più piccole, poste in fila parallele.. col resto di due, insomma andate per il panorama e basta. Considerando che alle 13.30 abbiamo visto tutto e che il caldo è davvero torrido, ci dirigiamo in albergo, non prima di aver mangiato qualcosa al centro. La giornata finisce così, tra piscina, blog e uscita serale per cenetta.

24 febbraio 2019, Wat Phou - Pakse

Squilla il telefono in camera, guardo l'orologio, sono le 8.00: “good morning the motorbike is here!”; azz.. Ieri abbiamo prenotato uno scooter, con consegna prevista intorno alle 8.00 ma non pensavo fossero così puntuali. Mi metto addosso qualcosa e vado giù a concludere la consegna. Tutto ok. Caschi e scooter ci attendono. Sarà nostro per tre giorni, al costo di 50.000 Kips al giorno. Facciamo colazione e partiamo alla volta di Wat Phu, il sito archeologico più importante della regione e patrimonio dell'UNESCO. Dista 45 km da dove siamo alloggiati e quindi prevediamo un viaggio di circa un'ora. Facciamo il pieno con 2 euro (20.000 Kips) e si va. Come previsto arriviamo dopo un'oretta, la strada percorsa è molto ben messa,
probabilmente è privata perché, oltre questa buona impressione, ci sono dei caselli per il pedaggio, i due ruote sono esenti. È molto piacevole da percorrere perché è fiancheggiata da un lato dal fiume Mekong ed i suoi immancabili scenari, tra pescatori e isolotti, dall'altro da   risaie verdissime e altre coltivazioni come grano e granturco. Arriviamo al sito, sono le 10.10. Il caldo è già pesante. Parcheggiato nell'apposito spazio
riservato agli scooter, prezzo (5000 Kips), proseguiamo per la biglietteria, ci sorprende la cifra d'ingresso, abbastanza alta per questo paese: 50.000 Kips a testa, ovvero 5 euro a testa; vabbè è patrimonio UNESCO ed è un sito di grande rilevanza. Una “navetta” ci attende per portarci alla base del sito. Il Vat Phu, in questa zona tempio si scrive Vat e non Wat, è un tempio situato nei pressi di Champasak, sulla sponda destra del Mekong. Il nome, in lingua Lao, significa Tempio della montagna, deriva dal fatto d'essere stato costruito sulle pendici del monte Kao. La montagna possedeva un particolare significato in antichità, in quanto, la particolare forma del suo picco, ricorda il lingam ovvero la forma fallica sotto cui viene spesso adorato il dio indù Shiva. Per
questo motivo, la montagna era chiamata, nelle antiche iscrizioni Khmer, Lingaparvata, ovvero Montagna del Lingam, ovvero Montagna del Cazzo 😂😂😂. Nell' XI secolo venne trasformato in un luogo di culto buddista. Il sito è molto interessante e merita di essere visitato, ma altresì, meriterebbe di non essere visitato. E qui vorrei sfogare il mio, concedetemelo, incazzo. Io non sono archeologo e non ho competenze in materia ma vedere un sito di tale importanza abbandonato all'incuria, mi fa adirare. Immondezza in ogni dove, la plastica regna sovrana, la merda di vacca pure, è un pascolo libero e le bestie gironzolando ovunque. Gli addetti al “patrimonio dell'UNESCO” sono invisibili, in compenso ci sono tante bancarelle di doni per Buddha o souvenir. Nessuno che si prenda la briga di ripulire,
veramente uno schifo. Scendiamo i gradini, non sono pochi, che ci hanno portato fino alla sommità del complesso; visita al piccolo museo e via. Due ore e mezza sono passate veloci e assolate, lo stomaco reclama. Ci rimettiamo in sella al prode destriero e ci incamminiamo sulla via di ritorno. A pochi km, di passaggio, c'è un Buddha incastonato tra due alberi. Ci fermiamo un po’, facciamo due foto e, oltre alla bellezza degli alberi, non c'è altro. Ajo’, via di qua. A circa una ventina di chilometri vediamo per caso (culo direi) un'insegna con scritto ristorante, stranamente in inglese. Non si vede dalla strada perché è sul fiume. Si tratta di tre grandi chiatte galleggianti,  la centrale, dove c’è l'ingresso, ha tavoli, sedie e tanta gente (chiassosa); quella di sinistra, un po più piccola, ha tavoli bassi, senza sedie e le persone siedono per terra su grandi stuoie,Japanese Style; l'altra
ancora, ospita cucina e bagni. Tutti gli scarichi, d'acqua e non solo, rigorosamente sul fiume. Ci accorgiamo di essere delle mosche bianche perché c’è solo gente locale. Diverse tavolate piene di gente che ci guarda un po sorpresa. Stanno festeggiando qualcosa ma non capiamo cosa. Sicuramente si tratta di persone abbastanza abbienti, lo si deduce dagli abiti che indossano e dalle macchine parcheggiate.
L'ambiente è festoso e bevono come spugne, birre a cascioni(casse piene), sia uomini che donne. La birra è a temperatura ambiente e quindi usano mettere ghiaccio dentro ai bicchieri e versarla dentro, è un uso molto diffuso quello di consumare così la birra, che addirittura bevono con la cannuccia; l'avevamo già visto, inorriditi, da altre parti del Laos. Tra risate, brindisi e chiasso dei commensali vicini, noi ordiniamo pesce. Pesce che portano già tagliato, fritto/grigliato accompagnato dal riso glutinoso, appiccicoso, che qui sostituisce il pane e difatti si spizzica con le mani e si mangia intriso nelle salsine o negli intingoli delle portate, esattamente come facciamo col pane. Per giusta informazione, si chiama glutinoso perché in latino  "gluten" significa colla, infatti è appiccicoso; il riso ( lo sanno bene i celiaci) NON contiene glutine. Una delle tavolate più vicina ci coinvolge e tra brindisi e karaoke, di cui sono patiti, la finiamo a divertirci con loro, che non parlano una parola di inglese, solo laotiano come hanno detto a Robi. Ci offrono la birra, la frutta; le donne vogliono fare le foto con me, ridono e sono estremamente cordiali e simpatici, vorrei
precisare che non sono ubriachi, solo felici e spensierati. Finito il pranzo festaiolo ci rimettiamo in cammino. Arrivati in albergo alle 15.30 circa ci rintaniamo in camera. Il caldo è terribile. Così per caso veniamo a sapere che nell'attico, un piano sopra al nostro, c'è la piscina: nooo, e ce ne possiamo privare? Messo il costume, preparate due tazze di caffè saliamo su: bellissimo. Delle sdraio ci aspettano, i teli sono in dotazione all'albergo. Tuffo ristoratore, caffè, blog e così staremo fino al fantastico tramonto che vedremo proprio da quassù. Alle 18.30 scendiamo in camera e tra doccia e riordino si arriva all'ora di cena. Si va alla ricerca di qualcosa di buono, facile da trovare qui. La giornata finisce così, tra storia, incaz…,risate e tramonto da ricordare.

23 febbraio 2019. Da Thakhek a Pakse

Trasferimento a sud, direzione Pakse.
Ore 7.30, stranamente puntuale arriva a prenderci in albergo un piccolo minivan pulito e con solo una persona a bordo da portare alla stazione dei bus, oltre noi due. Siamo un po' sbigottiti perché è la prima volta che qui non ci danno fregature e che sono puntuali. Arriviamo alla stazione dei bus, ci danno i biglietti per il VIP bus, prenotato ieri in una agenzia trovata su strada, per 85.000 Kips a testa, e aspettiamo che arrivi. Sono diverse le agenzie/baracca che fanno questo servizio, offrono tutto il pacchetto, dal prenderti in hotel  fino al bus e spesso sono molto convenienti. La partenza è prevista per le 8.30, i km da percorrere sono 330 e le ore dovrebbero essere più o meno 4-5. Strano ma vero arriva questo bel bus e ci carica
tutti dentro. Ci sono tanti altri turisti stranieri. Per giusta informazione, il biglietto fatto direttamente qui in stazione, per questo tragitto, costa 70.000 Kips, parlo del VIP (aria condizionata, più spazio e un unico orario giornaliero ovvero alle 8.30) e 60.000 Kips il Local che parte due volte al giorno, alle 10.30 e alle 23.00; quest'ultimo non ha aria condizionata e di solito è molto sgangherato ma, soprattutto, si ferma in ogni villaggio. Considerate che dovreste sempre aggiungere il trasporto albergo - stazione bus (che è in periferia) con un tuk tuk che vi costa sempre almeno 20.000 Kips, quindi fatevi bene i conti perché conviene molto spesso fare la prenotazione con agenzie in cui tutto è compreso oppure tramite hotel. Si parte, anche quì stranamente puntuali. Sembra andare tutto bene quando, dopo due ore, l'autista e il suo assistente si fermano in uno spiazzo nei pressi di bancarelle alimentari. Nessuno pensa che questa sarà la fermata del pranzo/bisogni fisiologici, perché sono le 10.30 e perché questo pezzente di autista non dice niente, men che meno il suo assistente. Si è fermato e basta. Stiamo come scemi sul bus per circa 20 minuti. Il caldo è pazzesco; qualcuno scende a comprare qualcosa perché forse ha
intuito, qualcun altro fa pipi. Si riparte alle 11.00. Da qui inizia l'avventura. Intanto, qui l'autovelox non ha senso perché, se anche la strada è libera da ogni cosa ed è pure ben asfaltata, non si va oltre i 50 km orari, tassativamente. Si sta tra i 30 e i 50 km/h. Poi, ci sono due monitor sull'autobus, dai quali viene trasmesso ciò che aggrada all'autista; oggi gli va la musica, tutta orientale, thai e laotiana, con lo stesso ritmo e le solite facce disperate dei cantanti che nei video piangono e si disperano per l'amore perduto, per la vita difficile nei campi e via così. Una specie di MTV dei poveri, ma poveri. Quando c'è un brano che piace più degli altri sto cog..¿¡↑◎↑↑↓ alza il volume, come fosse in macchina da solo. Chiacchera e ride sguaiatamente con il suo amico assistente, usa il cellulare e va. Ogni tanto si ferma per far scendere o salire qualcuno. Improvvisamente, ad una fermata vicino ad un villaggio, si ferma ed entrano, come formiche  una decina, se non di più, di venditrice ambulanti di cibo: pollo arrosto infilzato con canne di bambù, come fosse un lecca lecca gigante; mango pronto da mangiare, chiuso in sacchetti di plastica, pulito dalle loro belle manine; poltiglie e brodaglie, acqua in bottiglia (fortunatamente), gomme da masticare, caramelle, uova sode, e chi
più ne ha più ne metta. Sembra uno sciame di api impazzite, incredibile. Entrano, annunciano urlando il prodotto che vendono e vanno avanti per tutto il bus, poi tornano indietro e scendono. Un incubo, 15 minuti così. Si riparte; dopo circa dieci minuti, giuro, dieci minuti, l'autista si riferma e fa entrare altre venditrice che fanno la stessa cosa delle prime. Ora, io non voglio offendere questa popolazione né il loro modo di vivere e """pensare""" ma non vi sembrano completamente cretini?? Non pago di ciò, lo rifarà dopo qualche km insomma  a sfinimento. Senza parlare di qualche compagno di viaggio del posto. Mangiano facendo rumore con la bocca, gna, gna, ciagn, ciagn; puliscono le uova sode buttando in terra(del bus) il guscio; rispondono al cellulare e urlano, parlano a voce altissima, mentre le " canzoni" ci martellato la tes.., no no LE PALLE!  Abbiamo anche Edward mani di forbice proprio davanti a noi, un essere con le unghie lunghe lunghe che non basta una seduta di smerigliatrice, e io mi chiedo ma quando va in bagno? Ma soprattutto, perché. Insomma non manca proprio niente. Alla fine il viaggio è durato 7 ore e mezza senza soste negli orari "normali", come le 12 o
le 13 per esempio. Sfiniti arriviamo alle 16.00 a Pakse. Praticamente, giusto per saperlo, VIP bus, Local bus, si paghi di più, si paghi di meno, si è nelle mani degli autisti che fanno quello che vogliono. Non hanno il minimo rispetto dei turisti, non gliene frega niente. Una volta saliti sul bus, non siamo che merce da consegnare e soprattutto siamo a casa loro e comandano loro, questo è ed è l'atteggiamento che riscontriamo ogni giorno. Arrivati a Pakse dovete sapere che non vi porteranno al centro con il bus ma vi faranno scendere alla stazione Nord,  che dista circa 8 km dalla città e quindi sarete costretti a prendere un tuk tuk, pagare anche quello e sperare vi porti al centro di Pakse. Fortunatamente è così, ti porta al centro città, dove un simpatico ed efficientissimo ragazzo laotiano (una mosca bianca), che gestisce una piccola agenzia turistica, dà informazioni su come arrivare agli alberghi e altro. Insomma, alle 16.30 siamo in camera. Siamo cotti bolliti, sia per la trasferta che per il caldo, è veramente pesante. Ci rifocilliamo con una buonissimo mango, pulito da noi 😁 e un caffè, e già pensiamo al programma di domani. Pakse è una cittadina molto ben attrezzata, si dice sia molto ospitale e offre diverse attrattive sia in città che fuori porta. Domani, armati di scooter, andremo alla scoperta di queste.





22 febbraio 2019. Thakhek, la città, il mercato.

Siamo da ieri sera in questa cittadina di confine con la Thailandia. È
attraversata dal Mekong che ne delimita il confine appunto. Infatti possiamo vedere la bellissima Thailandia proprio dalle sponde del fiume. Una nuotata di circa 500 m. e saremmo di nuovo lì nel paese dei balocchi. Ma siamo da questo lato e quindi ne ispezioniamo i meandri. Il caldo è torrido, non abbiamo tanta voglia di girovagare
con lo scooter, che qui affittano a 12.000 kips (12 euro),e quindi stiamo in zona. Passeggiamo per le strade ben asfaltate, abbastanza pulite e larghe. Ci incuriosiscono dei contenitori sferici posti a bordo strada. Ci avviciniamo e scopriamo che sono dei contenitori per rifiuti, realizzati riciclando copertoni di camion, tagliati e rovesciati (vedi foto). Le attività commerciali sono ancora chiuse nonostante siano le
10 del mattino. Sembra una città fantasma, pochissima gente in giro e soprattutto svogliata. Hanno l'atteggiamento dello, scusate ma non trovo un aggettivo più esplicativo, scazzo totale. Negozietti con gente che dorme dentro, probabilmente i gestori e/o proprietari, altri che chiacchierano come i nostri vecchietti sulle panchine. Insomma un pochino surreale per essere un luogo di transito ma anche turistico. Noi, tra vedere e non vedere, ci facciamo un giro al mercato dove sappiamo esserci carne "fresca" di serpente, scoiattolo e rana. Invece non ne troviamo ma in compenso troviamo altre cose interessanti: banchi di
gioielleria. Oro, oro, oro, ne vanno matti. È molto giallo troppo giallo, sembra un po' ramato. C'è anche la parte argentea ma non ha così successo. Mi avvicino per chiedere il prezzo di un anello d'argento, che mi piace molto, ma devo aspettare perché la signora venditrice si sta facendo fare la pedicure dietro al bancone e non può alzarsi. Mi guarda e si rigira dall'altra parte. Questo è il Laos style. Continuiamo ad addentrarci tra puzza e cemento bagnato e sporco di ogni cosa, su cui poggiano le bancarelle. Venditrici sdraiare in mezzo alla frutta e verdura, che chiacchierano beatamente con le
vicine di banco; la macellaia che si accanisce su una mucca sanguinolenta appena scaricata; la fruttivendola che ci invita ad acquistare il mango appena pulito e tagliato con le sue amorevoli mani nude, belle sudice; le solite bustine di plastica, chiuse con elastico, con brodaglia verdone o marrone dentro; bacinelle di plastica piene di un liquido nero in cui stanno fermentando diverse cose tra cui pesciolini morti, insomma tante cose che ci fanno venire fame, quasi quasi mangiamo qualcosa....le unghie! Usciamo dal labirinto di Cnosso in cui non abbiamo trovato il Minotauro ma molti altri mostri si. Ci rifocilliamo in una caffetteria chiamata Amazon cafe' (catena antagonista della americana Starbucks), con un paio di caffettoni ghiacciati e tante chiacchiere sul nostro bellissimo viaggio e considerazioni su questa terra. La giornata trascorrerà così, un pochino alla maniera laotiana, a scazzo. Domani mattina presto trasferimento per Pakse, porta d'ingresso all'ultima parte del nostro soggiorno in Laos che ci porterà nella zona rinomatamente più interessante: le 4000 isole.

21 febbraio 2019 da Vientiane a Thakhek

Abbandoniamo la capitale per continuare il percorso verso sud, ci aspetta una meta di transito, Thakhek. La stazione bus è molto distante dal nostro alloggio e quindi dal punto di vista economico e organizzativo ci è convenuto prenotare in una agenzia di strada.
Vengono a prenderci in hotel con soli 10 minuti di ritardo, prima volta in assoluto! direzione stazione bus per la partenza col bus delle 13.00, il VIP bus. Abbiamo prenotato il bus VIP non perché lo siamo, ma per una questione di orario. Ci sono solo due partenze al giorno dalla stazione bus, una alle 9.00 con il bus Local, che si ferma dappertutto e impiega almeno 8 ore, l'altra alle 13.00 con il bus VIP, che di VIP non ha niente, che invece fa solo due fermate veloci e arriva in cinque ore. Con l'agenzia abbiamo speso 100.000 Kips a testa, il local costava 80.000.Stranamente puntuale anche il bus delle 13.00, si parte. Il viaggio sarà più lungo di quanto previsto, è sempre così. Senza neanche una sosta per bisogni fisiologici e merenda, arriviamo dopo 6 ore e 353Km alle spalle. È già sera inoltrata, buio. Cerchiamo un tuk tuk che ci porti in hotel, dista circa 3,5 km. Come sempre c'è la "mafia" degli autisti che si coalizzano tutti su prezzi alti e non scendono neanche a bomba. Con altri turisti stranieri iniziamo le trattative di gruppo per contattare il prezzo, più siamo più si abbassa
il prezzo. Ovviamente i Tuk tuk caricano più persone possibili, con bagagli a seguito, immaginate. Riusciamo a spuntare il minimo (15.000 Kips a testa) e infilati come sardine andiamo. Arriviamo al nostro hotel, prenotato ieri con "Agoda" l'altre ego di Booking in Oriente, il prezzo non era basso per queste zone, circa 25 euro a notte con prima colazione inclusa. Ci aspettavamo comunque una bettola, come capita spesso, nonostante qualche foto decente sul web, invece..Quando si ferma il tuk tuk davanti all'hotel, io e Gigi ci guardiamo e pensiamo ad un errore, è bellissimo. Entriamo mostrando una finta sicurezza e con la prenotazione in mano facciamo gli gnorri. Effettivamente anche il tipo alla reception vedendoci non si aspettava certo due clienti così, facciamo un po schifo. Bè, saliamo in camera ed è ancora meglio:pulito (cosa estremamente difficile anzi impossibile), camera e bagno molto belli, insomma un piccolo regalo dalla sorte. Ora non ci resta che cercare da mangiare ma qui intorno non ci sono ristoranti. Ce ne uno a circa 500 metri ma è troppo IN per i nostri gusti e quindi ci fermiamo in uno di quelli che è un incrocio tra una locanda, la lolla di zia e una bettola. Qui si fa solo barbecue di carni o di pesce (gamberi, calamari e boh). Ci spiegano come si fa perché è tutto un programma, è il tipico barbecue laotiano. Il tavolo ha un buco nel mezzo dove mettono una braciere che non è altro che un secchio di ferro con
rivestimento in refrattario molto spesso e pieno di carboni ardenti, sopra questo poggiano una pseudo padella che assomiglia a una forma per ciambellone con cupoletta centrale traforata. Sopra ad essa si poggia la carne o il pesce che tu poco prima hai scelto dal bancone, non vi dico il colore della carne che è meglio. Ogni kg di carne costa 70.000 kips, 7 euro. Nel  tavolo ti fanno trovare anche delle verdure a foglia verde, germogli di soia e noodles, tutto da cuocere dentro la padella/griglia. Mettono acqua bollente dentro la stessa e qui tu metti le verdure e gli alimenti che necessitano di una cottura veloce. Nel frattempo la cupoletta centrale si surriscalda e ci poggi la carne. Aspetti che sia ben cotta e via di bacchette, no forchette né coltelli. Mangi la carne, le verdure che sono cotte nell'acqua in cui magari aggiungi spezie e condimenti e ti godi questa buonissima particolarità,  diciamo che è una specie di pierrade laotina. La birra fresca ci dà sollievo perché il caldo è davvero tanto. Si rientra per una mega doccia e una mega dormita. A domani.

20 febbraio 2019 Vientiane last day, relaxing.

Giornata di riorganizzazione. Come in altre occasioni qualche giornata la dobbiamo dedicare allo studio e proseguimento del nostro viaggio. Perciò c'è da vedere come spostarsi, dove alloggiare, quali "città" meritano di essere visitate, poi, portare la roba sporca a lavare e tutte queste belle cosette. Insomma riorganizzarsi. La sera però ci facciamo un'ultima passeggiata sulla strada che diventa mercato notturno e prendiamo posto in un tavolino di plastica, con serie di plastica, sul marciapiede di plastica😂😂no, no, di cemento sporco. Una bancarella di street food fa il barbecue e noi ci compriamo un intero pollo arrosto, con salsine e birra fresca. Mangiamo rigorosamente con le mani, non troppo pulite, e speriamo non esca fuori qualche topo😊. Pollo cotto divinamente. Peccato non abbiano il sale; non esiste praticamente da nessuna parte. Chiudiamo in dolce bellezza: il nostro rotee, che qui chiamano roti; quel dolce tipico thai di cui ho già scritto, che non è altro che una sottile pasta sfoglia che viene stesa come la pizza su un piano surriscaldato,  riempita di ciò che vuoi e poi chiusa dai suoi stessi bordi che vengono piegati a comporre una sorta di saccottino,  "pacchetto" delizioso; il nostro, leggero 😜 con cioccolato e banana, slurppp.
Ok, è proprio ora di andare a nanna, vi lasciamo con un piccolo video che riassume la nostra permanenza nella capitale.
Link sotto.

https://youtu.be/Yv8-Lg84msk




19 febbraio 2019 Vientiane, templi fuori città.

Programma odierno stabilito da ieri. Oggi visiteremo i siti distanti dal nostro alloggio. Per fare questo utilizzeremo il solito mezzo: scooter. Affittiamo il due ruote in un "rent" affianco a noi, 60000 Kips (6 euro),
siamo pronti, si parte. Prima tappa, That Luang. A Vientiane è un simbolo nazionale (la sua immagine è sul sigillo ufficiale del Laos) e anche il monumento più sacro del paese. Dall'esterno That Luang sembra più una fortezza che un tempio, è circondata da alte mura con all'interno lo Stupa principale, la cui cima è ricoperta da foglia d'oro, altezza 45 metri. La legenda narra che fu costruita originariamente nel terzo secolo per ospitare uno sterno del Buddha portato in Laos da un
missionario indiano. Tuttavia, l'attuale struttura fu costruita dal re Setthathirat nel 1566 sul sito di una rovina Khmer del XIII secolo. Una sua statua monumentale si trova di fronte all'ingresso principale di That Luang. Personalmente avendo visto templi e stupa in più paesi non ci ha impressionato tantissimo, forse perché assomiglia troppo a un fortino. Andiamo avanti, più per curiosità che per vero interesse, ci accingiamo a percorrere i 25 Km che ci separano dal Buddha Park, 45 minuti e siamo a destinazione, ingresso
150.000 Kiat, parcheggio 5000.  Il Buddha Park (noto anche come Xieng Khuan, città dello spirito) è un famoso parco di sculture con oltre 200 statue religiose tra cui un'enorme immagine del Buddha reclinato, alta 40 metri. Il posto più panoramico per la fotografia è in cima alla gigantesca struttura sferica, detta zucca; al suo interno tre piani che portano sino alla sommità. Si accede attraverso una grande bocca probabilmente di un demone, delle scale strambe in cemento collegano i tre piani per condurre al pertugio che ti porta all'esterno della "zucca" offrendoti una vista a 360°
dell'intero parco. Fu costruito nel 1958 da Luang Pu Bunleua ​​Sulilat, un monaco che studiò sia il buddismo che l'induismo. Questo spiega perché il suo parco è pieno non solo di immagini del Buddha ma anche di divinità indù e demoni e animali di entrambe le fedi. Al suo interno due ristorantini uno nei pressi dell'ingresso e uno nella parte opposta vicino alla sponda del Mekong. In questo, al riparo dal sole, mangiamo qualcosa. Si sono fatte le
due di pomeriggio, un momentino di relax e poi si riparte alla volta della città. In scooter il caldo si mitiga e percorriamo la via del rientro tranquillamente, fino a un altro punto di interesse cittadino, l'arco di trionfo "Patuxai"che significa Porta della Vittoria. Una struttura massiccia e poco garbata con quattro porte che in una città dove le attrazioni sono quasi esclusivamente templi fa curiosità . Costruito nel 1962 per commemorare la lotta nazionale dell'indipendenza dalla Francia è un Imponente monumento  in stile europeo e sculture tradizionali del Laos. Per oggi abbiamo visto abbastanza e concludiamo dicendo che questa grande città, ordinata e vivibile nonostante sia abbastanza povera di attrazioni particolari e significative merita un soggiorno di almeno due giorni se non altro per la sua tranquillità e ma assolutamente ma vda visitare dedicandole almeno due giorni.

18 febbraio 2019. Vientiane city, Templi e COPE

Oggi ispezione a piedi. Abbiamo fatto il punto su cosa visitare in città e così faremo. Camminiamo per una cittadina molto sorniona, nonostante le auto che vanno e vengono e gli scooter immancabili, non è così caotica come le grandi città. È molto “respirosa”😁, strade larghe, alberi,palazzi non molto alti, il fiume, insomma non soffocante. Gironzoliamo per le strade che sono
abbastanza curate e ci imbattiamo in caffetterie, molti alberghi e ristoranti che stanno aprendo i battenti.  Non possiamo non vedere le attrazioni del luogo, i Templi: primo Tempio con annesso museo, ingresso 10.000 Kips (1 euro) è Ho Pha Keo; risale al 1565 e fu costruito per custodire il Buddha di smeraldo che ora è a Bangkok; dal XX secolo è museo, di cosa? Di oggetti sacri e di statue di bronzo di Buddha risalenti al XVI secolo. La cosa assurda è che ogni volta che abbiamo visitato un luogo “laico” in cui vi sono raffigurazioni o richiami vari al buddismo, i credenti si comportano come fossero dentro un Tempio. Si fanno i segni convenzionali, mani giunte e poi per tre volte fronte petto, si inginocchiano, se
possibile, e soprattutto lasciano offerte in denaro!!! Anche qui, nella parte adibita a museo, tra le insenature dei manufatti religiosi ci sono soldi, di tutti i tagli, infilati con forza e lasciati lì, mmà. Usciti di lì proprio di fronte c’è il Wat Si Muang. Questo è un Tempio di grande importanza per Vientiane perché sembra che da qui sia nato il benessere e la crescita della città. Ci sono diversi monaci e si possono avere le loro benedizioni lasciando offerte  in denaro o in beni materiali di prima necessità. Abbiamo assistito a due benedizioni: la prima su tre ragazze che sono state collegate da un filo bianco che passava da una all'altra e che ascoltavano il monaco recitare le sacre scritture per poi benedirle; la seconda, stessa prassi, ma da benedire era una macchina e uno scooter. Da questo Tempio andiamo al Wat Mixai, molto colorato e di stile thai. C'è un grande Buddha  nella sala principale dal soffitto alto e le imponenti colonne sono

decorate in rosso e oro mentre un murale sul soffitto raffigura la vita del Buddha. Nel parco del tempio ci sono piccoli stupa e sculture di animali e demoni mitici. Monaci dappertutto. Basta Templi, ora si fa visita ad un’eccellenza laotiana. Nel 2008 il ministero della sanità in collaborazione con il CMR (Centro medico di

riabilitazione), esistente sin dal 1963 per fare fronte alle tragedie e ai numerosissimi danni causati dagli UXO (unexploded ordnance), gli ordigni inesplosi presenti  in tutto il Laos e non solo, fondò il COPE, acronimo di “Cooperative Orthotic and Prosthetic Enterprise", ovvero “ Impresa cooperativa ortesica e protesica”.
Il Laos è il Paese maggiormente bombardato nella storia. Si calcola che tra il 1964 ed il 1973, durante la guerra del Vietnam, 2 milioni di tonnellate di ordigni (circa 270 milioni di bombe) furono sganciati dagli USA sulla Nazione, nonostante la sua esplicita neutralità nei confronti del conflitto. Ben il 30% di questi ordigni rimase inesploso. Questo significa che, al termine della guerra, qui si contavano 80 milioni di ordigni ancora inesplosi, ed il 25% dei villaggi laotiani resta tutt'ora contaminato. Più di un terzo del territorio del Laos risulta oggi in queste condizioni. 50,000 persone sono state uccise
o ferite gravemente da questi ordigni dal 1964 al 2011di cui il  40%sono bambini.
Questo centro nasce con diversi scopi; innanzitutto dare sostegno, recupero e riabilitazione alle vittime;  informare sulla tragedia degli UXO, affinché si sensibilizzi l'opinione pubblica; far conoscere il duro compito di "pulizia" degli ordigni inesplosi, portato avanti da persone coraggiose, pronte a rischiare la propria vita per quella degli altri. Qui arrivano tuttora persone alle quali si offre una protesi e una speranza di vita migliore. Il centro è assolutamente da visitare per l'impegno e l'importanza che ha in ambito sociale, vive di contributi governativi e donazioni private. Abbiamo visto anche un doc/film in cui si descrivono le situazioni di attuale pericolo che incombono sulle popolazioni che vivono nei villaggi e lavorano di agricoltura. Il problema è ancora presente in moltissime
aree del mondo. Con il magone in gola usciamo e ripetiamo a noi stessi: ma quanto siamo fortunati? Ma quanto è bastardo l'uomo quando ci si mette? Ma quanto sono lontani da noi questi orrori? da noi che pensiamo a cosa indossare per andare a lavoro o al mal di schiena che oggi ci dà più fastidio di ieri, al pranzo di Natale, a cosa fare a ferragosto, ai problemi del traffico.
Ci distraiamo con un centro commerciale in cui prendere una boccata di fresco e cercare di andare avanti senza pensare troppo alle distorsioni del mondo. Mangiamo uno dei piatti tra i nostri preferiti , ravioli cinesi, e ci incamminiamo verso la zona del nostro alloggio. Le strade sono più trafficate e la gente è in giro. La sera arriva e a noi non resta che doccia e cena:oggi pizza. Ebbene sì, proprio di fronte al nostro hotel c'è una locanda/ ristorante  che fa la pizza nel forno a legna.L'aspetto è invitante e noi proviamo: ottima, veramente buona, degna delle nostre migliori pizze. Condita benissimo e il titolare non è italiano ma parlante francese, ci dà l'idea che possa essere belga, perché ha un'ampia scelta di birra belga, nostra supposizione serale. Ovviamente la birra laotiana “BeerLao” ci accompagna. Buona serata a tutti.

17 febbraio 2019. Da Vang Vieng a Vientiane

Trasferimento da Vang Vieng a Vientiane, la capitale.
Si lascia la polverosa ma iperattiva Vang Vieng, dove è sicuramente il caso di fermarsi qualche giorno e fare una o più delle attività che propone. Ieri sera abbiamo deciso di partire alle 9.30 con minibus, siamo masochisti 😜. Prenotiamo con una delle agenzie che si trovano per strada. Ci garantisce la partenza alle 9.30 e con 50.000 Kips a testa l'accendiamo. Stamattina quindi, alle 9.15 eravamo all'appuntamento con i nostri zaini moribondi. Ore 9.30, 9.45, 10.00, ecco il minivan, minivan???? Era un tuk tuk carico di altre persone di varie nazionalità. Ci hanno portato tutti alla stazione dei bus locali e da lì ci hanno fatto salire su un bus da 70 posti, tutto sgangherato, con le poltroncine mezzo rotte, sporco e vecchio. Ore 10.45 partiamo, capito il minivan delle 9.30? Eravamo tutti abbastanza incavolati perché è stato per tutti così, una fregatura, non tanto per il prezzo, che sarebbe stato uguale se avessimo fatto da noi il tragitto albergo stazione bus e poi bus, ma soprattutto per il totale menefreghismo e la disonestà nel proporre un mezzo e un orario che poi si sono rivelati completamente diversi. Possiamo dirlo ora, a 10 giorni dal nostro ingresso, che i laotiani sono, oltre che brutti,
antipatici e piglianculu. Una volta che paghi, fanno quello che vogliono. Sanno bene che per diversi motivi non puoi reclamare o cambiare pacchetto e quindi o così o così. Comunque riusciamo a partire. Questo autista si è portato dietro moglie e due figlie piccole, è domenica! Si ferma a casa sua perché una delle due deve prendere i giochi per il viaggio; si ferma durante il viaggio per salutare un amico che sta partecipando ad una festa in uno spiazzo su strada, scende dal bus anche la moglie per salutare costui; si ferma a controllare una gomma senza dire mezza parola, insomma conduce un pullman con a bordo circa 70 persone ma siamo tutti in famiglia una grande famiglia, volemose bene. Non gliene può fregar de meno se tu hai fretta di arrivare a destinazione o semplicemente vorresti fare il viaggio che hai pagato, sei un turista rompipalle che è venuto qui a destabilizzare le sue abitudini, a farlo lavorare, lui doveva stare a casa a fare un c… o. Sappiate che la maggior parte dei laotiani è così. Arriviamo a destinazione alle 15.30, quattro ore e mezza per percorrere circa 180 km. Tutto bene quello che finisce bene. Fortunatamente la fermata è vicina al nostro alloggio. Prendiamo possesso della camera, posiamo i bagagli, ci rifocilliamo, quindi andiamo a vedere un po le strade vicine, siamo nella capitale del Laos. Oggi è domenica quindi tutte le attività sono chiuse. Unico movimento lungo il “lungo riva”, siamo sulle rive del Mekong. Gente che corre, turisti e foto, bancarelle. Alle 17.30 inizia l'allestimento del mercato notturno; bancarelle di abbigliamento, souvenir, apparecchi tecnologici (telefonia), bigiotteria e occhiali di tutte le marche patacca. Un mercato che apre i battenti alle 18.00 ma alle 22.00, categoricamente, chiude, ci siano turisti o no propensi anche all'acquisto, loro chiudono e se ne vanno. Capito?
Noi finiamo la serata in uno dei tantissimi locali, in questo caso una sorta di grande birreria a più piani, esterni, con tanta gente, musica e un bellissimo clima.


time start bus Vang Vieng
Orari partenze e relativi prezzi da Vang Vieng a Vientiane