"quando avremo ottanta anni, avremo probabilmente imparato tutto dalla vita .
Il problema sarà ricordarlo"

15 febbraio 2019. Vang Vieng - Caves


Oggi ci armiamo di scooter, costo 60.000 Kips (6 euro circa). Con questo contiamo di vedere uno degli altri aspetti che rendono famosa questa località e visto che dovremmo raggiungere distanze considerevoli, che probabilmente posso  essere raggiunte anche in mountain bike, ma non
conosciamo le pendenze del percorso, ci prendiamo il sicuro e optiamo per lo scooter. Gli obiettivi di oggi sono le grotte, inizieremo dalla più distante, circa 10 km dal paese, per poi visitarne il più possibile nella strada di rientro. Facciamo “benzina”, il pieno con circa 2 euro, 20.000 Kips. Si parte. Dobbiamo attraversare il fiume ed esiste solo una e unica possibilità per farlo: il ponticello sgangherato di legno a pedaggio, 10.000 Kips. Per un primo tratto la strada è asfaltata e anche in condizioni abbastanza accettabili. Arrivati al bivio con la grotta più famosa
e frequentata da tutti, la Blue Lagoon Cave, la strada diventa sterrata. Da qui inizia il “massaggio laotiano” alle mie braccia, alla nostra schiena, alle nostre ernie, che, o tornano al loro posto o escono dal nostro corpo. Avete presente usare il motopicco tutto il giorno? Ecco, così. Praticamente gli ammortizzatori sono inesistenti e la strada ha solo buche e buche contornato da sassi. Col senno di poi forse la mountain-bike sarebbe stata meglio, anche perché le strade sono in piano. Dopo circa
10 km tra sballottamento e polvere, siamo completamente ricoperti da capo a piedi, attraversiamo un villaggio che convive tra galline, mucche, coltivazioni di riso, e polvere. Subito dopo il nostro GPS ci indica la deviazione per l'obiettivo prefissato. Prendiamo un sentierino stretto stretto che si rivelerà tutto un programma perché attraversa dapprima  le risaie asciutte e secche, poi qualche ponticello fatto di bambù, una coltivazione di alberi di caucciù, un bananeto, per finire poi nello spiazzo sottostante la grotta. Gradoni, gradoni pseudonaturali da scalare per raggiungere l'ingresso. Non c'è un'anima in giro. Salendo sentiamo il rumore di foglie smosse e ci appare  una visione, a Robi i film horror (di cui è patita seguace) “The Cave, il nascondiglio del diavolo”, "The hole"  (tutti claustrofobici dice lei) tornano in mente. Un essere umano dai tratti asiatici, piccolino, con
una casacca e pantalone azzurro, cappellino a cono tipico, armato di scopa e roncola, sta ripulendo il sentiero. Ci vede, ci sorride e ci saluta ma non sa neanche mezza parola in inglese. Noi chiediamo delle Caves, lui continua a dire qualcosa. Poi dalla bisaccia estrae un taccuino con tanti bigliettini e ce ne mostra uno: TO THE CAVE PAY 10.000 Kips ovvero “si olisi intrai deppisi pagai” (=per accedere alle grotte devi sborsare 10.000 Kips a testa). Paghiamo, benvenuti nelle Flower Golden Cave, il piccolino ci accompagna sino ad un imbocco, che sarà stato grande un metro quadro, coperto con una griglia realizzata con ferro tondo da 12mm chiusa con due lucchetti, e un pezzo di lamiera (ondulina) sopra. Sposta armeggia e finalmente il pertugio è libero. Generosamente ci fornisce due torce e entriamo. A Robi cominciano a scorrergli per la testa  
tutti i film di horror visti; se questo ci chiude dentro? Se ci sequestra per un riscatto? Lontani dal mondo e da tutti, nessuno ci ha visti arrivare e nessuno sa che siamo qui dentro, e così via. Per fortuna questi sproloqui sono durati solo due minuti, e meno male! Ma, andiamo avanti, la grotta non è attrezzata in nessun modo, c’è un camminamento  arrangiato alla bell’e meglio, probabilmente frutto dell'omino di sopra, qualche canna di bambù che funge da corrimano, scalette realizzate con tavole rimediate e così via. L'ingresso è ampio, un pezzo di volta mancante rende il primo ambiente abbastanza luminoso, non c'è bisogno di luci. L'atmosfera è affascinante, tant'è che è riuscita a far tranquillizzare pure Robi. Proseguiamo, il buio prende il sopravvento, accendiamo le torce, e luce fu. Si aprono, uno dopo l'altro, vari scenari con formazioni di stallatiti, stallagmiti, colonne e formazioni calcaree di ogni forma. Noi non siamo speleologi e non possiamo dare il giusto valore a quello che vediamo, ma
inoltrarsi per cunicoli bui per qualche centinaio di metri ci rende adrenalinici e ci piace tantissimo tutto ciò che riusciamo a vedere. Ma anche la temerarietà ha un limite, decidiamo di tornare indietro ripercorrendo a ritroso il percorso. Il vecchietto non ci ha chiusi dentro, ci accoglie con un sorriso vedendo i nostri volti soddisfatti, meritava assolutamente la piccola somma pagata. Riprendiamo il nostro mezzo potente, si torna indietro. Nuovo punto GPS nuova grotta. Lasciamo la strada principale per un sentierino sulla sinistra, lì, un cartello che indica Pha Hon Cliff Cave. Arriviamo a una sorta di sbarra fatiscente, biglietto, 100.000 Kips, due torce altri 100.000, possiamo entrare. Le grotte sono su due livelli, la prima a 100 m., la seconda a 300 m.
Cominciamo dalla bassa, vai di gradini e salita, salita, salita. Abbastanza provati, anche per il caldo torrido, arriviamo e già immaginiamo cosa ci aspetta dopo per arrivare alla seconda, a 300 m di salita. Stessa conformazione della grotta precedente, stesse meraviglie. Si inoltra  per qualche centinaio di metri tra meandri facilmente percorribili con una buona torcia e buone scarpe, perché si scivola facilmente. Anche questa è una grotta “viva”, in continua evoluzione, dove lo stillicidio continua. Usciamo da lì e ci facciamo coraggio. Il caldo e l'umido sono davvero pesanti ma lo scenario è magnifico. Su, andiamo, 300 metri di salita su gradoni alti, incessante, senza tregua. Vi assicuro che toglie fiato e forze. Bellissima apertura, grande, siamo molto in altro, il panorama è limitato dalla parete della montagna di fronte a noi, ma possiamo vedere la vallata molto in basso; ok entriamo. Iniziamo ad esplorarla, è infinita; si infila nelle viscere
della montagna e va avanti e noi con essa. Perdiamo la luce dell'ingresso che ci faceva da riferimento e continuiamo per un bel pezzo con le torce ma sinceramente crediamo non sia il caso di continuare perché non sappiamo dove e quando finisce. Purtroppo non ci sono informazioni all'esterno e se chiedi alla gente del posto ti fanno tante storie sul fatto che le grotte sono difficili da percorrere ed è facile perdersi per poi proporsi come guide a pagamento. Il fai da te qui non è facilmente possibile a meno che non si venga attrezzati di tutto punto per le attività specifiche. Qui i nostri amici speleologi impazzirebbero. Si esce, scendiamo ripromettendoci di non vederne
altre perché quest'ultima ci ha dissanguato. Preso lo scooter, si rientra, direzione “casa”. Ma vediamo il cartello con l'indicazione Blue Lagoon Cave, quella più famosa e turistica, quella che non volevamo proprio visitare per questo motivo ma… la curiosità ci assale. Ce ne possiamo privare? Ma assolutamente mai. Si devia e si va. Cominciamo a vedere molti mezzi parcheggiati e a sentire il
vociare di tante persone. Ingresso 10.000 Kips a testa. Vabbè, si vive una volta sola. Parcheggiato il motorino, ci dirigiamo verso l'ingresso della grotta ma prima dobbiamo passare per un ponticello che attraversa la famosa Blue Lagoon ovvero una piscina naturale di acqua dolce in cui una marea di scalmanati di ogni età fanno le gare per tuffarsi da rami, alberi e piattaforme improvvisate. Insomma una babele in acqua, comunque molto divertente da vedere. Andiamo avanti, ce li siamo cercati: gradini, gradoni di roccia, ancora. Non possiamo non salire. Su, sempre più su fino alla cavità
d'ingresso. Siamo stremati. Ci rifocilliamo all'ingresso dove sentiamo l'aria fresca che arriva dalla grotta. Entriamo e iniziamo un primo pezzo molto accessibile a tutti, con ampie apertura e un tempietto con un Buddha reclinato poggiato su una grande piattaforma naturale di calcare. Non paghi di ciò, vedendo delle frecce indicative, proseguiamo. A differenza delle altre qui non c'è stillicidio ma le cavità sono ampie e le formazioni calcaree sono di grandi dimensioni ed è chiaramente visibile il greto del fiume che scorre al suo interno, ora, fortunatamente, asciutto. Ma la cosa più sconvolgente sono centinaia di impronte di mani lasciate dai molti imbecille che vengono fino a qui per lasciare la loro firma, imbrattando e danneggiando un patrimonio naturale. La mamma degli idioti è sempre incinta! Finito, arrivati fino alla fine, torniamo indietro verso l'uscita e poi allo scooter. Ora siamo davvero cotti e soddisfatti. È quasi sera, sono circa le 17.00. Arrivati a Vang Vieng andiamo verso il fiume intorno al quale sono allestiti dei palchetti di legno su cui ci si può rilassare. Noi approfittiamo subito di uno di questi e con birra ghiacciata e patatine ci godiamo il tramonto accompagnato da alcune mongolfiere colorate che volano in cielo. Ci aspetta la doccia e finalmente via la polvere.


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