"quando avremo ottanta anni, avremo probabilmente imparato tutto dalla vita .
Il problema sarà ricordarlo"

9 febbraio 2019 Nuang Khiow, in barca alle cascate con rientro in kayak.



Come da programma, ci organizziamo due sacche che usiamo come zainetti in queste occasioni. Dobbiamo risalire il fiume In Battello. L'escursione termica si fa sentire, la nebbia quotidiana stamattina sembra
più consistente, considerando che dobbiamo navigare ci armiamo di piumino e ci dirigiamo nel punto prefissato per la partenza. I partecipanti che dovevano essere sei sono diventati otto, non iniziamo bene. Ci forniscono di borse stagne e bottiglia d'acqua, pagaie, salvagente e siamo pronti a partire. 9:30 saliamo; se a terra c'era frescolino in navigazione c’è proprio freddo, ci fanno sorridere i nostri compagni di viaggio che, sprovveduti, sono arrivati con magliette e canottiere e ora cercano tutto quello che è in loro possesso per coprirsi. 


Primo stop, piccolo villaggio dove la gente vive di niente, arrangiandosi tra pesca, qualcosa coltivato, galline e anatre. Vivono in capanne realizzate, per la maggior parte, in bambù; a quasi nessuna, però, manca la parabola per il televisore. La guida ci racconta un po di cose. Ci sono pochissime famiglie residenti qui perché è abbastanza isolato. C'è una piccola scuola che è la primaria e i bambini vanno qui dai 3 agli 8/10 anni.

Le altre scuole sono nel paese più grosso vicino, ma è difficile frequentare. All'università che dista molti km va il 5%dei giovani, troppo costosa per le famiglie. Le famiglie hanno massimo 2 figli perché il Laos ha introdotto da circa 10 anni un sistema di controllo delle nascite, nessuno di noi ha chiesto cosa fanno per arrivare a questo. Il 60% dei laotiani è buddista mentre il restante 40% è animista, cioè crede negli spiriti benigni e maligni che animano la natura. Anche la
nostra guida. Un uccellino gli ha fatto la cacca sul dorso della mano: brutto segno, porta sfortuna; non immaginate quanto era preoccupato. Quando Robi gli ha detto che da noi invece è il contrario l’ha guardata e le ha detto, “cosa c’è di fortunato in questo? La cacca è male”. Vabbè ok, troppo complicato.Si prosegue, le sponde del fiume sono
ricchissime di vegetazione e tutto intorno é uno spettacolo naturale. Il fiume non ha sicuramente un colore invitante, é marrone, carico di fango, in alcuni tratti abbastanza basso, il terreno degli argini è argilloso, probabilmente il motivo della colorazione. Ogni tanto si fanno spazio delle piccole calette di sabbia, quasi sempre colonizzato da vacche, sdraiate al sole come consuetudine dei miglior bagnanti. Sono circa le undici, la nebbia 
piano, si dirada e il caldo prende il sopravvento. Arriviamo a Muan Ngoy, piccolo villaggio che con il passare degli anni si sta trasformando in un agglomerato di guesthouse e hotel, ristorantini, caffetterie e qualche agenzia di servizi dedicata alle escursioni. Devo dire che le strutture elencate, tengono abbastanza fede a quelle che
sono le caratteristiche costruttive del villaggio stesso, sono solo più curate. Insomma la metamorfosi del villaggio a vocazione turistica è cominciata. Qui di interessanti ci sono due grotte con relativi punti panoramici e alcuni trekking degni di nota, più tutta l'attività fluviale. Si torna indietro, corrente a favore, ridiscendiamo il fiume. Altro villaggio, Sop Keng, da quì intraprenderemo un trekking che ci porterà sino alle cascate omonime ma prima si mangia. La guida tira fuori il pranzo per tutti che era compreso nel pacchetto: tutto dentro contenitori di
polistirolo: riso glutinato (è il tipico riso del Laos, tanto è cotto da diventare un impasto quasi gommoso che si usa come il pane), verdura condita con intingoli strani, delle foglie fritte di una pianta fluviale che avevano il sapore delle zucchine, una salsa al pomodoro dentro cui bagnare il riso e una frittata di verdure. Il tutto da mangiare con le mani. L'appetito non ci manca e neppure il coraggio. Tutto buono, ormai non ci fa senso più nulla. Dopo il lauto pranzo si inizia il trekking per le cascate. Il sentiero si snoda tra risaie terrazzate incolte, probabilmente già mietute e in attesa di risemina, peccato. La vegetazione è bellissima, guadiamo un paio di volte un ruscello e poi seguiamo il suo corso fino alla cascata. I raggi del sole le danno una colorazione turchese molto suggestiva, è un piacere per gli occhi. L’abbiamo raggiunta sotto un sole micidiale e ora ci ritagliamo una buona mezz'ora di relax. Si riprende la via di rientro, dopo quaranta
minuti siamo alla barca. Riprendiamo la navigazione alla volta di una caletta sabbiosa (gentilmente offerta dalle vacche di sopra). Qui troviamo i kayak, biposto, che dovremmo utilizzare per l'ultimo tratto di rientro, sette kilometri circa. Tolte le scarpe, indossati i salvagente e pagaie alla mano iniziamo la nostra voga che, con calma, ci porterà sino al moletto dal quale siamo partiti. La visuale dal Kayak ha un altro fascino, niente rumore di motore, ti fermi e osservi quello che ti piace e il tutto ti fa godere più che mai la natura che ti circonda. Dopo un'ora circa siamo al molo, stanchi, bagnati fradici dall'acqua imbarcata ma appagati dalla bellissima giornata. Sono le cinque e in queste condizioni raggiungiamo la nostra guesthouse per la meritata doccia. Per cena siamo ancora ospiti da Mama Laos che ci fa assaporare piatti locali, semplici, ma dal gusto prelibato. La giornata si conclude così. Non ci resta che da preparare i bagagli per la prossima tappa: Luang Prabang.


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