"quando avremo ottanta anni, avremo probabilmente imparato tutto dalla vita .
Il problema sarà ricordarlo"

07 Aprile 2019, Hoi An la città delle lanterne.


Ore 6.00. Storditi e fusi ,appena scesi dal bus, veniamo circondati dai
taxi. Molti dei nostri compagni di viaggio prendono un altro bus che li porterà al centro perché da qui è abbastanza distante. Per noi è diverso perché abbiamo prenotato un alberghetto a due km dal centro città e dista "solo" 4 km da questa fermata del bus. Prendiamo un taxi, ufficiale con tassametro. Costo del breve tragitto 52.000 dong, 2 euro. Siamo nell' albergo ma non c'è nessuno. Chiamiamo e appare una Signora molto gentile che però parla solo vietnamita. Contatta qualcuno per telefono e ce lo passa. Una voce femminile ci dice che la camera non è pronta, ma questo lo sapevamo, e che il check-in è alle 14.00, sapevamo anche questo. Noi vogliamo soltanto lasciare i bagagli per poterci svegliare meglio da qualche parte, magari con un litro di caffè. Ok, ovviamente si può fare. Siccome
questo albergo è dotato di bici gratuite, inforchiamo due bici e pedaliamo verso il centro, la città antica.  Dopo pochi minuti  siamo immersi in un'atmosfera surreale. Nonostante siano le 7.00 del mattino, ci sono tanti turisti in giro, compresi asiatici, tra cui una coppia di sposini con tanto di bellissimi abiti, fotografo, parenti e amici. I negozi sono ancora chiusi e le caffetteria stanno aprendo i battenti. Ci sono lanterne appese in ogni dove e le stradine ne sono piene. Andiamo verso il fiume Thu Bon, attraversiamo il ponte e poi ci fermiamo per un caffè.  Non ci sentiamo stanchi stranamente. Rifocillati da caffè e dolce, che avevamo fortunatamente comprato ieri prima di partire, ci tuffiamo tra i meandri del paese. Strade, stradine, verde, fiori, orchidee e lanterne, molto romantico, fiabesco e pittoresco.
Giriamo un po e ci ritroviamo proprio sul "Ponte giapponese" il piccolo ponte coperto,  simbolo della città. Il nome originale è Lai Vien Kieu,  e al suo interno c'è un piccolo tempietto. Sovrasta il fiume Thu Bon attraverso cui la città si sviluppava con il commercio fluviale. Questo ponte collegava la parte riservata ai commercianti giapponesi da quella riservata ai cinesi. Questi ultimi però, pian piano, spodestarono i primi nel commercio con le aree limitrofe mantenendo, comunque, rapporti di civile convivenza con essi. La fortuna vuole che a quest'ora il passaggio e il piccolo tempietto siano aperti e gratuiti; di solito per entrare al tempietto si deve avere un biglietto. Sono le 10.00 ci viene l'ispirazione: andiamo al mare. Si,
Hoi An è sul mare della Cina ed è una località rinomata anche per la sua bella spiaggia, la spiaggia di Cua Dai. Pedaliamo per circa 10 minuti, la spiaggia dista 5 km. Arrivati, c'è un ingresso principale in cui si paga per il posteggio bici ed in cui vanno quasi tutti i turisti. Noi prendiamo la via traversa; a poche centinaia di metri, sulla parte sinistra dell'ingresso di cui prima, c'è un ingresso libero con tanto di baretti che, oltre a fare ristorazione e bar, offrono, compreso nella consumazione, lettini e ombrellone; qualora tu volessi solo questi ultimi, pagheresti 60.000 dong (2 euro e 30 centesimi) -  due lettini e ombrellone, grande grande, tutto il giorno. Non avevamo previsto di andare al mare e quindi non abbiamo né teli né costumi da bagno. Intorno ci sono poche persone, qualche turista sotto l'ombrellone.
Cosa facciamo, ce ne proviamo di un bagno dopo una notte insonne e senza una rinfrescata? Tolti pantaloni e maglietta, in mutande, nel mio caso anche reggiseno, ci tuffiamo in acqua. Che bella sorpresa; oltre alla pulizia e alla bellezza della spiaggia (ci ha ricordato il nostro poetto di Cagliari quando è perfetto), ci accoglie la limpidezza e la freschezza dell'acqua, magnifico. Stiamo un pochino così, in mutande, tra spiaggia e mare. Nel frattempo arrivano i turisti, non orde di turisti ma poche e giuste persone in total relax. Mezzogiorno, è ora di mangiare qualcosa. Ci arraffiamo i lettini con ombrellone, ordiniamo due bei piatti di Noodles al pomodoro e frutti di mare, innaffiamo il tutto con due birre grandi ghiacciate e chi sta meglio di noi? Costo di tutto ciò? 180.000 dong, 7 euro. Non manca la pennichella pomeridiana poi, alle 14.30 circa, togliamo gli ormeggi. Dritti dritti alla doccia dell'hotel. Doccia, caffè, lavaggio roba e pianificazione tappe ulteriori. Si fanno le 18.30, basta, usciamo. Sistemiamo la prenotazione in sospeso di questo hotel, perché fin'ora non avevamo visto nessuno se non la signora di cui sopra. Finalmente conosciamo la proprietaria o meglio la ragazza che gestisce tutto, che è anche l'unica a saper parlare inglese. Si chiama Hanh è gentilissima e ci da tante informazioni utili. Questo albergo si chiama Hanh Nhung Villa ed è a conduzione familiare; ci sono circa dieci stanze, una piscina pulitissima e un bel giardino, con tanto di orchidee, nel quale si fa la colazione (compresa nel prezzo di 15 euro a notte per la camera matrimoniale). La camera è enorme, il bagno pure; è tutto pulito. Davvero un ambiente confortevole. Fatto e detto tutto ad Hanh, si va a cena in un ristorante da lei suggeritoci: Tuan café and Restaurant, ottimo. Ambiente spartano, pochi turisti occidentali, simpatiche le due cameriere, gentilezza e cortesia. Io prendo un piatto tipico di Hoi An, il Cao lao, una specie di zuppa "asciutta" di noodles, carne, germogli di soia ed erbe aromatiche tra cui la menta selvatica e Gigi, non mi ricordo il nome del piatto di riso con tante cose buone dentro. Finito di cenare andiamo a prendere le bici in hotel e raggiungiamo il centro: una favola.
Ci accoglie un'atmosfera fiabesca; luci dappertutto. Le lanterne sono accese in ogni dove, compreso le acque del lago, dove barchette romantiche ti portano a fare un giro di 20 minuti. Tantissima gente in giro. Parcheggiamo le bici e proseguiamo a piedi tra folla e luci. Il mercato notturno dei souvenir è pieno di gente. Musica, sorrisi e felicità, ecco cosa si respira. Alle 22.00, improvvisamente, si spengono le luci, ecco qua; puntuali, dalle 22.00 inizia lo spegnimento e la chiusura dei negozi e tutto si trasforma.
È notte. Il silenzio comincia a prendere il sopravvento. Rimane il vociare dei turisti e il rumore delle serrande che si abbassano.
Atmosfera surreale. Rimane accesa qualche lucina sul fiume e la gente comincia a sgomberare le vie del centro. Anche il clima è meraviglioso, si sta benissimo. Riprendiamo le bici per rientrare  in albergo. Percorriamo i 2 km che ci separano dalla metà, tra le luci dei lampioni che ci fanno strada, qualche scooter e bici ad incrociarci, mentre il silenzio della città, poco prima caotica, fa presagire un meritato riposo di una notte d'estate. Giornata memorabile.

06 Aprile 2019, Da Lat tra piazza e fiori; trasferimento per Hoi An, sleepping bus


Questa giornata la dedichiamo alla città vista di giorno. Ripercorriamo le strade viste la sera prima e ancora una volta ci diciamo che questa è la più bella cittadina che abbiamo visto finora.
Oltre lo stile coloniale che la contraddistingue, la sua bella gente fa la differenza. Il lago è magnifico, i fiori sono dappertutto. Fotografare è un dovere. Noi, nel frattempo, ci prepariamo per  una trasferta un pochino particolare: viaggeremo di notte in bus. La distanza da percorrere per raggiungere la nostra prossima meta, HOI AN, la città delle lanterne e degli innamorati, è più di 600 km e la stima delle ore di percorrenza è di circa 14. Unica opzione è quella di viaggiare di
notte. Prenotato il bus dall'hotel, visto che i prezzi erano praticamente uguali nelle due uniche agenzie che abbiamo trovato, prevediamo di partire alle 17.00; costo totale per due, 700.000 dong, 26 euro. Salutata la bella Da Lat, alle 17.00 puntualmente si parte. Si fa un breve tragitto in minivan, ci fanno scendere dopo qualche km. Dopo circa mezz'ora, intorno alle 18.00 ci "imbarchiamo" sullo sleepping bus: una ciofega. A differenza della compagnia Futa e della compagnia  Thanh Buoi, che erano ottime, questa fa schifo. I sedili letto sono invecchiati  e malandati. Le copertine neanche cambiate,
praticamente sono scesi i nostri predecessori e saliti noi senza riordinare e pulire. Non ti offrono l' acqua, come le altre compagnie già citate e gli autisti sono caciaroni che si fermano ogni tot per caricare o scaricare scatoloni stipati nel porta bagagli. Insomma pessima compagnia e pessimo viaggio. Pausa per cena in un ristorantino (dove fortunatamente fanno anche panini) e poi stop alle pause fino alle 6.00, tranne per gli autisti e le loro esigenze. Io mi sono ritrovata, all'una di notte, ad approfittare di una loro pausa sigaretta, per fare pipì in uno spiazzo tra camion 😤 ma già gli scoppia la vescica prima o poi🤣🤣. La strada poi, inizialmente
abbastanza tortuosa, ti sbatteva a destra e a manca e per noi due, che abbiamo dormito al piano di sopra (sono come letti a castello), si
sentiva tutta. Per aggiungere la ciliegina sulla torta, l'aria condizionata non funzionava bene o meglio non si poteva né regolare né chiudere, insomma un supplizio. Storditi dal sonno ci siamo assopiti ma è stata dura. Finalmente alle 6.00 puntuali come un orologio svizzero, arriviamo a destinazione, siamo salvi.

05 Aprile 2019, Da Lat.


Bella, bella, bellissima; ma quanto è bella Da Lat. Un gioiello incastonato sul lago Huong Xua a 1500 metri di altitudine, in cui il clima non è mai caldissimo. Non si può stare meno di due giorni,
almeno. La chiamano la piccola Parigi, la città dei mille fiori; verissimo. Sembra una cittadina del nord della Francia, con tanto di clima simile. C'è frescolino, diciamo che sembra il marzo sardo, pazzerello. Parchi verdissimi e curatissimi pieni di fiori colorati, aree attrezzate per il relax o per fare ginnastica, con tanto di attrezzature ginniche. I pini ci ricordano tanto il nord Italia, il Trentino. Le strade sono ampie e pulite e ci sono tantissimi negozi, ristoranti, bakeries strapiene  di ogni bontà; ne abbiamo una proprio di fronte all'hotel.
L'hotel si chiama Strarhill ed è una piccola perla a due passi dal centro. Con 17 euro a notte abbiamo una bella camera, un bel bagno, pulizia e soprattutto la migliore colazione che abbiamo mai avuto. Oltre ai piatti salati, tipici vietnamiti, ci sono uova, pancetta, toast, baguette, pudding, yogurt fatto in casa dolcificato con miele e marmellata di fragole fatta da loro, la piastra per poterti cuocere i waffles al momento e tanto altro, frutta compresa, veramente eccellente. A proposito, Da Lat è anche il paese delle fragole. Dopo aver fatto colazione usciamo con lo scooter, 140.000 dong ovvero poco più di 5 euro. Si parte con destinazione cascate: Datanla waterfalls a circa 8 km dalla città. Si tratta di una serie di cascate molto carine e sicuramente da vedere anche se molto turistiche.
Si paga il parcheggio dello scooter con 3.000 (0,12 cent. di euro) e l'ingresso con 30.000 a testa (1,15 euro). Si scendono diverso scalini di pietra o cemento ben camuffato e si arriva alla prima, la più grande, molto suggestivo il paesaggio intorno, abbastanza artificiale ma carino . Si prosegue e si va  alla seconda e, poco dopo, la terza, anch'essa grande e suggestiva. Da questo punto si può prendere una cabinovia per tornare indietro di un tratto, suggerisco di farlo perché si vede la cascata da sopra. Insomma, oltre che avere comunque un loro fascino, sono soprattutto un valore aggiunto per tutta l'area adibita a grande parco divertimenti. In questa ampia
zona, infatti, oltre ad un parco di simulazione percorsi montani con tanto di zip line, ponti tibetani e simili, c'è la possibilità di fare rafting, canyoning (per chi lo fa seriamente è un pochino una stupidata) o fare semplicemente un percorso tutt'intorno con lo slittino da montagne russe soft. Insomma è un'area naturalistica valorizzata al massimo. Decidiamo di rientrare verso la città che dista circa 6 km.
Durante il giro in scooter, tra strade e tornanti che, ripeto, ci ricordano il Trentino. Fiancheggiamo un altro bellissimo lago attorniato da un verde lussureggiante tra cui spuntano ogni tanto
delle bellissime ville di stile coloniale, retaggio dei tempi della colonizzazione francese, ancora utilizzate dai ricconi del mondo che vengono qui a soggiornare e giocare a golf, altro hobby quì praticato. Vediamo una marea di serre e coltivazioni, soprattutto di fragole. Ci sono anche i carciofi e gli asparagi, ritrovati dopo mesi. Una curiosità; ieri al parco vedevamo alcune persone raccogliere aghi di pino, solo ora capiamo il perché : le mettono sopra le piantine in modo che non cresca l'erbaccia e tolga nutrimento al dolce frutto; hai capito i vietnamiti.  Ci dirigiamo verso la cosiddetta "Casa pazza"
ovvero Hang Nga, un edificio stranissimo che è anche un hotel, con dieci stanze che sono ben nascoste al suo interno, opera dell'architetto Dang Viet Nga.  È spesso descritta come "la casa delle fate"  ma il suo nome in cinese significa " Dea della Luna". La struttura dell'intero edificio è stata realizzata come fosse un enorme albero con le sue ramificazioni, tra cui trovano spazio elementi naturali come animali, ragnatele e caverne collegate tra loro. Nella zona più interna e più sotterranea c'è la rappresentazione dei fondali marini, uno spasso. È un incrocio tra Walt Disney e Antoni Gaudi dal quale trae ispirazione. Da fuori sembra una schifezza molto mal fatta ma vi assicuro che  una volta entrati, ne varrà la pena aver comprato il biglietto ( 50.000 dong, poco meno di 2 euro più parcheggio scooter 5000 dong = 0,19 cent di euro). All'uscita cerchiamo qualcosa da mangiare. I ristoranti intorno sono poco
economici, ovviamente, ma noi non ci scoraggiano. Andiamo verso sx, strada in salita. A circa 100 metri ci sono, rispettivamente, un ristorantino sul lato sx e poco più avanti uno sul lato dx; quest'ultimo è troppo carino, non c'è nessuno, un po ci preoccupa, invece. È molto romantico; all'ingresso un gazebo piccolo addobbato di girasoli e una vespa gialla fiammante. Una ragazza gentilissima ci accoglie e ci fa accomodare in un ambiente caldo e confortevole  tutto di bamboo. Prendiamo un piatto di zuppa e degli spring rools molto particolari, diversi da tutti quelli mangiati finora; tutto buonissimo e poco dispendioso ( circa 5 euro in due). Il cielo si annuvola.  Facciamo appena in tempo a rientrare in hotel che inizia a piovigginare.
Purtroppo non riusciamo ad andare alla pagoda Linh Phuoc, che dista circa 8 km perché in scooter con la pioggia non se può fa. Ci consoliamo con due dolcetti comprati di fronte all'hotel e aspettiamo che smetta. Dopo circa un'ora smette ma ormai sono le 18.00, è quasi buio. Usciamo a piedi, bardati di giubbino e ombrello. Andiamo verso il lago, dove c'è uno spazio pubblico di 72.000 m quadri chiamato Lam Vien Square. È una piazza adibita a luogo di incontro e socializzazione. Si può venire qui a chiacchierare tra le scalinate e i fiori oppure ad assistere ad eventi culturali. Al centro infatti c'è una mastodontica struttura a forma di girasole. Un cupolone che racchiude un centro congressi, nonché teatro, con una capienza di
1000 posti. Insomma uno spazio immenso da vivere. Sotto tutto questo spiazzo insiste un centro commerciale con tanto di giochi per bambini e adulti, compreso bowling e biliardo. Nonostante il tempo instabile c'è tanta gente intorno. Torniamo sui nostri passi, ripercorriamo il mercato notturno, pieno di gente e locande che abbiamo visto ieri e ceniamo coreano. A domani.

4 aprile 2019. Da Ho Chi Minh a Da Lat


Abbiamo scelto di partire per questa trasferta non prestissimo. Abbiamo prenotato il bus delle 9:00, per la cronaca i bus partono ogni ora circa, anzi
direi ogni mezz'ora, a partire dalle sei. Ci sono, sostanzialmente, due aziende che si condividono la tratta, la Futa e la Thanh Buoi, queste differenziano le corse di mezz'ora, nel senso che se una parte alle 6:00 l'altra parte alle 6:30 e così via. Abbiamo scelto la Thah Buoi, costo del biglietto 12€, per il servizio navetta che offre una volta arrivati a destinazione. Infatti questa è attrezzata con dei minivan e porta tutti i passeggeri a destinazione, nel nostro caso in hotel. Abbiamo cambiato compagnia perché, come abbiamo scritto, Futa, nel viaggio precedente, ci ha scaricati in una bus station distante una decina di chilometri dal centro, dove noi avevamo l'albergo.
Alle 8:05 siamo alla stazione dei bus della Thanh Buoi e alle 9:10 stiamo partendo, ci attendono 5 ore di bus. Devo dire che i sedili sono molto comodi, sono quelli semi sleep, quindi completamente reclinabili, il personale è professionale anche se carente d'inglese. In città c’è già abbastanza traffico, Ho Chi Minh in certe ore è veramente caotica, comunque ne usciamo e prendiamo la via per Da Lat (per la cronaca in alcune carte è scritto tutto attaccato Dalat). I paesaggi progressivamente cambiano, la serie di fiumi e ponti lasciano il posto a distese di campi che
cambiano colori a seconda della coltura, poi la strada sale con tornanti che si susseguono, come i sorpassi impossibili. Quì guidano come pazzi, i sorpassi si fanno quando hai una macchina davanti a te che ha una velocità di un chilometro inferiore. Quindi uno, due, tre, colpi di clacson e si sorpassa dovunque, curve e dossi compresi; macchine o mezzi che vengono dalla corsia opposta non vengono considerati, si sorpassa e basta. Il paesaggio cambia ancora aspetto, sembra di essere in Trentino; grandi pini, abeti e altri alberi che danno una inequivocabile aspetto alpino. Due soste tecniche e dopo 300 chilometri, giungiamo a Da Lat. Sono le 17:00. Giusto una mezz'oretta, quella che ci è servita per disfare i bagagli e siamo a zonzo per Dalat, ci sembra già un bijoux. A qualche centinaia di metri dal nostro alloggio il lago cittadino, il mercato è tutta una serie di negozietti che vendono di tutto, soprattutto
articoli contraffatti cinesi. La città è curatissima, Pina di fiori. Si fa buio e diventa sorprendente, si illumina dappertutto, led e illuminazioni di ogni tipo rendono l'atmosfera suggestiva. Prende vita il mercato notturno, tanta frutta, in particolare fragole, quello che ci stupisce è vedere i carciofi e asparagi in bella mostra, street food ovunque, insomma per essere la prima sera ci ha fatto un ottima impressione. Domani gli dedicheremo più tempo. Per oggi è abbastanza.

3 aprile 2019. Ho Chi Minh, Jade Emperor Pagoda

Oggi continuiamo con il nostro vagabondare per le strade della città. Ieri abbiamo prefissato la meta odierna, Pagoda dello Jade Emperor, il sovrano del paradiso, una delle maggiori divinità della religione taoista.
Questa Pagoda dista dal nostro albergo circa tre chilometri, ma a noi i chilometri non fanno paura. Con passo abbastanza rilassato e presi dai nostri progetti futuri, ci ritroviamo a ridosso della pagoda. Jade Emperor Pagoda fa parte di un tempio taoista, costruito dalla comunità cinese cantonese durante gli anni 1892-1909. Questo tempio è conosciuto anche con i nomi di Ngoc Hoang Pagoda e anche come Tu Hai Phuoc Pagoda. L'ingresso e il cortile passano quasi inosservati, l'unica evidenza è
la colorazione dei muri; un rosa intenso contraddistingue il sito dal contesto circostante. Tutta la parte esterna non desta molto scalpore: un tempietto con tanto fumo di incensi e due vasche, prima dell'ingresso all'interno della pagoda. Le due vasche ospitano, rispettivamente, dei grossi pesci, mentre l'altra una miriade di tartarughe, considerate di buon auspicio e portafortuna. La sorpresa è tutta all'interno. Dopo aver attraversato le bellissime porte d'ingresso, di legno intarsiato, trovano posto, su entrambi i lati, delle statue giganti, dovrebbero essere i guardiani del tempio. La struttura è composta da più stanze che sono rappresentative e diversamente importanti a seconda di

quello che il devoto è venuto a chiedere.  È un tempio molto importante per i credenti ed è visitato soprattutto da coloro i quali hanno difficoltà a procreare ma anche da molti altri fedeli che sono, per noi profani, la vera attrazione. Gli interni sono allestiti con statue lignee di guerrieri/custodi del Jade Emperor che rendono il tutto molto particolare. Intagli incisioni e scritture cinesi fanno da contorno. Insomma una visita che non poteva essere ignorata, molto interessante. Con Robi ci ritagliamo qualche minuto seduti nelle panche che popolano la piazzetta della pagoda e parte un ragionamento sull'analisi di quanto l'uomo abbia necessità di vivere nella speranza che qualcosa avvenga, poi, che si chiami Cristo, Buddha, Allah, l'importante è credere che un'entità sovrannaturale possa farci grazia di qualcosa. Personalmente avrei delle risposte ben chiare a tutto ciò, ma preferisco sorvolare. Riprendiamo il nostro cammino, il viaggio è soprattutto questo, camminare tra la gente, vedere gli stili di vita di questa, osservare i modi più disparati che si inventa l'uomo per sopravvivere, per sbarcare il lunario quotidianamente. Non solo edifici, monumenti, musei, ma gente, persone, il vero patrimonio dei vari paesi. La nostra camminata di rientro ci porta nei pressi dello zoo ( lungi da noi visitare) e ancora in una zona con palazzoni e grattacieli.
Ho Chi Minh è proprio camaleontica, ti sposti di un chilometro e cambia fisionomia. In una zona non molto lontana dal nostro alloggio, catturano la nostra attenzione dei bei murales; uno in particolare mi piace, è un flash back a una delle mie passioni abbandonata ormai da quattro mesi, tanto è che siamo in Asia. Un murales con un grande "Martin pescatore", uno degli uccelli che amo di più fotografare. Per ora ci accontentiamo di viaggiare, poi riprenderà pure quell'attività. Siamo nuovamente nei dintorni del nostro hotel e si sono fatte quasi le due. La nostra zona è infestata da locali pro turista, quelli con una facciata figa ma con cucina gestita come quelle da street food.... aaa, l'apparenza quanto inganna. Noi da un po evitiamo questo tipo di locale per prediligere quelli frequentati dai locali. Il menù, alla fine, è quasi sempre uguale, uno è infiocchettato l'altro essenziale e quasi sempre di sostanza. Soddisfatto il nostro bisogno alimentare, ci rifugiamo in camera. Quì sicuramente stiamo al fresco. Iniziamo con i primi preparativi per lo spostamento di domani, cominciamo a verificare la disponibilità di alberghi per le tappe successive e delineare quali mezzi usare. Con questa attività si fa buio. La sera, questa zona in particolare, siamo nel distretto 1, si anima di locali di "massaggio"; signorine con abiti succinti attirano
l'attenzione del turista per proporgli la prestazione, non è difficile pensare che non siano proprio proprio "massaggiatrici" o meglio, dipende da quello che intendono massaggiare. Ebbene si, anche qui la prostituzione sembra sdoganata, purtroppo è una costante di questi posti, soprattutto delle grandi città. Finiamo la serata con una passeggiata in riva al fiume, osservando le luci della città che si riflettono sull' acqua. Buonanotte.  



2 Aprile 2019, a piedi per le vie di Ho Chi Minh (Saigon) city: Cattedrale di Notre Dame; Palazzo dell’Indipendenza e ufficio postale.

Stamattina si “piedala”; senza scooter iniziamo il nostro giro in città. Fortunatamente è tutto molto vicino al nostro hotel. La città è già in pieno fervore alle 9.00 del mattino.
Andiamo verso tre attrazioni che stanno vicine tra loro: la Cattedrale di Nostra Signora, L’Ufficio Postale e il Palazzo dell'indipendenza. La prima è totalmente e rigorosamente chiusa per lavori di restauro; possiamo vederla soltanto da fuori. Il secondo è un bel l'edificio in stile coloniale francese; infine il Palazzo d’Indipendenza. Questo edificio molto grande è conosciuto anche come Palazzo della Riunificazione ed è considerato un edificio simbolo della città di Ho Chi Minh. Fu  residenza e sede di lavoro del presidente del Vietnam del Sud durante la guerra del Vietnam. In questo palazzo ebbe fine la guerra del Vietnam. È l'edificio in cui avvenne la storica riunificazione tra il Vietnam del Sud e quello del Nord. Alle 10:45 del 30 aprile 1975, infatti, vi entrò il carro armato dei Vietcong ottenendo la resa del Vietnam del sud. Le ampie sale in cui si tenevano incontri ufficiali tra i diplomatici ed il presidente, hanno mantenuto la loro sobria bellezza. Tre piani di stanze  e sale d'accoglienza molto ben curate, con didascalie o audioguida in aiuto. Sotto sotto c'è il bunker: un labirinto di stanze allestite per raccogliere informazioni e organizzare le imprese belliche
con tanto di vecchi telefoni, stazioni radio, macchine da scrivere ecc. molto interessante davvero. Costo d'ingresso 40.000 dong, euro 1.50 circa. Al di fuori di esso, antistante all'ingresso, c'è un altro palazzo più piccolo ma molto importante. È il Norodom . [Fino al 1954 fu sede del governatore dell'Indocina francese tranne la breve parentesi dell'occupazione giapponese durante la II guerra mondiale. Dopo la sconfitta francese del 1954 divenne la sede del presidente del Vietnam del Sud e fu rinominato palazzo dell'Indipendenza. Il 27 febbraio del 1962 andò distrutto in seguito ad un attacco operato da forze aeree del Vietnam del Nord. La sua ricostruzione fu affidata a Ngô Viết Thụ, un architetto vietnamita che si era distinto in campo internazionale vincendo il
Grand Prix de Rome del 1955. Il nuovo palazzo presidenziale fu inaugurato il 31 ottobre 1966 e l'anno successivo vi si insediò il presidente Van Thieu che vi rimase fino al 21 aprile 1975, giorno della sua fuga all'estero; cit.]. Se si vogliono visitare entrambi i palazzi il costo è di 65.000 dong, euro 2,50. Usciti da questo angolo di storia andiamo a vedere un parco, un’area verde curatissima nel cuore della città, proprio dietro ai due palazzi appena  citati. Il Tao Dan Park nel cui interno c'è un percorso artistico denominato Sculture Garden per la presenza di diverse sculture d'arte moderna; un altro
spazio è occupato dal Cactus Garden, un'area di erbe grasse. Usciti dal parco entriamo in una delle tante caffetterie, bakeries che si trovano dovunque, per mangiare qualcosa. Di pomeriggio, nonostante il caldo, continuiamo a gironzolare per poi sederci su una panchina in un parco alberato vicino, a guardare l'umanità intorno a noi e rifoccillarci dal caldo opprimente. Si avvicina un ragazzo che con discrezione ci chiede se può farci qualche domanda. È uno studente di ingegneria al primo anno che sta praticando la lingua inglese e approfitta dei turisti per farlo (con noi è proprio caduto male, poverino). Ovviamente è un esercizio anche per noi e quindi iniziamo il dialogo. Ci fa tante domande ed è troppo carino. La sua famiglia è di un villaggio di Can Tho e quando gli diciamo che
siamo stati lì qualche giorno prima, si  illumina dicendoci che lui è qui in un college molto dispendioso per la sua famiglia, che non vede da cinque mesi, ma che lo aiuta a realizzare il suo sogno….senza parole. Dopo questa bellissima, ennesima connessione di anime e cuori, continuiamo a girare fino alle 16.00 e poi decidiamo di rientrare, se non ci investono prima. Passiamo nuovamente nella via pedonale che ieri abbiamo percorso di notte, grattacieli e palazzoni si mostrano in tutta la loro altezza. Ritroviamo il palazzo con i ristorantini dove abbiamo cenato ieri, alla luce del sole l'atmosfera cambia, forse la notte è più suggestivo. Doccia, social relaxing e più tardi usciamo di nuovo tra le luci e la marea di gente di questa bella città. La nostra cena sarà tipica vietnamita, con zuppe particolari, in una locanda in cui ci sono solo le persone del posto. La mia più grande soddisfazione è che, quando portano la zuppa di noodles, portano anche le bacchette cinesi ma mi porgono una forchetta che io, con nonchalance, dopo mesi di esercizio bacchette cinesi, posso rifiutare con orgoglio. 




1 Aprile 2019. Trasferimento Can Tho - Ho Chi Minh (Saigon)


Sveglia e partenza alle ore 8.30 dall'ostello, dobbiamo raggiungere la stazione dei bus per il trasferimento verso Saigon. Il bus, che abbiamo prenotato online, è della compagnia Futa,
un'ottima compagnia di trasporti terrestri vietnamita, costo del biglietto per due 14 euro. Il trasferimento dall'ostello alla stazione bus è gratutito. Solitamente Futa esige la stampa del ticket prenotato online ma noi, purtroppo, non l'abbiamo potuta fare perché il nostro  ostello è sprovvisto di stampante ma una gentilissima ragazza della reception ha fatto una telefonata alla Futa e ci ha tolto dagli impicci. Ore 9.00, nessun problema fortunatamente e, puntualissimo, il bus parte alla volta di Saigon che dista circa 180 km. Il bus è dotato di poltrone totalmente reclinabili; comodissime per i lunghi tragitti. In questo caso impiegheremo soltanto 3 ore ma i bus della Futa sono così. Inoltre sono puliti e spaziosi,
efficientissimi. Serissimo l'autista e lo steaward, finalmente due “normali”. Mentre percorriamo i km che ci separano dalla bella Ho Chi Minh, vediamo diverse scene da città; gente sovraccarica di ogni cosa in motorino; bambini che vanno a scuola; mercati e case, non più capanne, in muratura e strade di collegamento ben asfaltate. Un bello spaccato di umanità che ci mancherà tanto. Dopo tre ore esatte, compreso una pausa per rifocillio, siamo nella grande città. Purtroppo pensavamo che il capolinea fosse un altro, visto che di stazioni bus ce ne sono diverse, invece il nostro è a 10 km dall'albergo che abbiamo prenotato (Saga Hotel, molto centrale; 20 euro al giorno, camera matrimoniale deluxe, che scopriremo essere molto confortevole -con bagno decente- e compreso di colazione ). Ci sono moltissimi taxi nello spiazzo antistante la stazione bus, abusivi e ufficiali. Chiediamo ad uno di essi e, nonostante non parlino inglese, ci sparano cifre alte, assolutamente fuori contesto. Decidiamo di chiedere se c'è un bus che porti al centro ma niente inglese. Vediamo una coppia di occidentali, anche loro un pochino spiazzati. Ci dicono che ci sono dei bus per i trasferimenti e, cercando in internet, capiamo quale prendere, sia noi che loro. Così ci dirigiamo alla fermata dell'autobus pubblico locale n.2, quella che ha una fermata vicina al nostro alloggio.
Fortunatamente alcuni vietnamiti che ci volevano proporre il transfert a pagamento, capendo che volevamo prendere il bus, ci avvisano che la fermata che serve a noi non è proprio lì, non l'avrebbe fatto nessuno!. Ci indicano a gesti dove andare, sono troppo belli questi vietnamiti. Così ci ritrasferiamo a circa 200 metri. Gli spostamenti con gli zaini addosso o da trascinare, sotto il sole, sono la cosa peggiore, anche perché  pesano. Arriviamo finalmente dove staziona l'autobus di linea n. 2; con difficoltà riusciamo a capire quale bus dobbiamo prendere e, una volta dentro, l'autista riesce a capire dove dobbiamo scendere e ci dice di non preoccuparci che ci avviserà lui. Il biglietto si fa a bordo, costo 5000 dong a testa (0.19 centesimi di euro). È uno dei mezzi pubblici usati dai locali, sgangherato e malandato ma almeno fa il suo dovere. Dobbiamo percorrere 10 km. Sul bus ci sono poche persone; una signora che prega, uno che dorme, una coppia di anziani che ci guarda attoniti e una ragazza con mascherina e cuffiette auricolari, felpa, jeans, calze e scarpe chiuse che ci sta a debita distanza, mmma’. Dopo circa mezz’ora, tra fermate e saliscendi, arriviamo al capolinea ma l'autista ci fa capire di aspettare, di non scendere. Infatti, scesi tutti, percorre circa 500 metri ancora e ci porta vicinissimo all'alloggio. Scendendo e guardando il tabellone indicativo delle linee di percorrenza, abbiamo capito che il n. 2 qui, dove siamo scesi, non passa; è stato una cortesia dell'autista; anche da noi fanno così vero? a già, non possono per motivi di ordine e sicurezzzzza. Siamo in hotel, sono le 13.15 circa. Prendiamo possesso della camera e usciamo a cercare qualcosa da mangiare. Sta pioviginando, ma c'è sempre caldo. La finta pioggerella finisce subito, fortunatamente. Dopo un panino e una birra seduti a bordo strada in una bancarella take away food, andiamo un po in giro: prima tappa la piazza denominata Saigon walking street o meglio Nguyen Hue Street di Saigon. È una zona
pedonale larga 60 metri che parte dal Palazzo del Comitato Popolare, il Municipio, edificio di stile coloniale francese del XX secolo, con la statua di Ho Chi Minh di fronte ad esso, fino al fiume Song Sai Gon. Nel 2015, Nguyen Hue St, è diventata una "strada pedonale" - una rara concessione da parte dei leader della città all'idea che gli spazi pubblici e le passeggiate sono parti importanti della città. Guardando verso il fiume Saigon, vedi ergersi l'edificio più alto della città, il Bitexco Financial Centre, un grattacielo di 265 metri. Le strade sono trafficatissime, scooter a non finire ma anche macchine e macchinoni, attraversare, anche sulle strisce pedonali o negli incroci semaforizzati è una roulette russa. È molto più soffocante della bella grande Can Tho; questa è una metropoli molto caotica e moderna. I palazzi e alcuni grattacieli ci sovrastano;
ristoranti di ogni tipo, molti bellissimi e carissimi. Si è passati ad un altro standard. Mega alberghi di lusso, cinque stelle, negozi e centri commerciali; le grandi griffe: Chanel, Gucci, Louis Vuitton, Burberry e  Cartier e lo Sheraton e chi più ne ha più ne metta. Insomma non è un paese per poveri. Ci sono anche i più modesti ristoranti e le bancarelle di street food, compreso un'area dove cucinano tante prelibatezze a prezzi modici. È tornato McDonald e Burger King con KFC c'è un mix di tutto ciò che si può trovare in un metropoli asiatica. Tra le tante particolarità vediamo, proprio ad un lato della piazza di cui sopra, un palazzo di nove piani, in ognuno dei quali, in ogni balcone, c'è un'insegna: sono appartamenti allestiti ad attività commerciali, entriamo e saliamo. Non è il massimo della pulizia ma una marea di gente entra ed esce. In ogni piano, in ogni appartamento c'è qualcosa: ristorantini, caffetterie, parrucchiere, abbigliamento. Ognuno allestito e arredato in modo originale, molto curati all'interno, troppo originale davvero. Questa sera, infatti, dopo essere tornati in hotel per la doccia e qualche aggiornamento sul da farsi, andiamo a mangiare proprio lì, in uno di questi ristorantini.
Andiamo a mangiare il Poke. Il ristorantino, infatti, si chiama Poke’ Saigon ed e’ davvero carino. Due ragazze vietnamite, giovani e simpatiche lo gestiscono. Per chi non lo sapesse il Poke, che noi abbiamo scoperto a Los Angeles, grazie alla nostra Isa, è un piatto statunitense di origine hawaiana a base di pesce crudo, servito come antipasto o come portata principale. A questo si abbinano tutte le verdure e le salsine che vuoi, tutte rigorosamente mostrate nel bancone ed elencate da chi te le serve e prepara difronte. Alla base si può metter anche del riso, bianco o nero a seconda dei gusti. Il tutto è composto davanti a te dentro ad una ciotola che può essere di misura regolare o grande. Vi assicuro che è una prelibatezza. A noi piace tanto e qui è stato preparato con ottimi ingredienti freschi. Dopo aver mangiato il nostro Poke e chiacchierato un pochino con una delle due ragazze, incuriosita dal fatto che l'avevamo già mangiato in America, usciamo dal palazzo pazzo e ci inrufoliamo tra la marea di gente in giro. I grattacieli sono tutti illuminati con led che cambiano colore spessissimo, gente festosa e turisti nostrani, no italiani, girano tra le strade felici, come noi, di stare qui.