"quando avremo ottanta anni, avremo probabilmente imparato tutto dalla vita .
Il problema sarà ricordarlo"

16 Aprile 2019. Ninh Binh; Tam Coc caves, Bich Dong pagoda e Nham bird valley garden




È tutto grigio. Il cielo non da segni di clemenza, uggioso e poco rassicurante. Nonostante sembri pieno inverno a Milano, c'è caldo. Lo scooter ci aspetta e approfittiamo del fatto che non piove per uscire.
Le tappe che vorremmo raggiungere sono tutte nella cittadina di Tam Coc, a 8 km da qui. Dopo le diverse raccomandazioni e i consigli datici dal titolare dell’albergo, siamo pronti; ore 9.00 si parte. Arriviamo all'ingresso biglietteria per visitare, in barca, le famose grotte con fiume passante. Tam Coc, la cui traduzione letterale è 3 grotte, ha preso il nome proprio da queste che sono l'attrazione più gettonata e su cui si sviluppa tutto il resto del paese e delle migliori meraviglie del posto. Si trovano sul fiume Ngo Dong, circa 3 chilometri dal molo Van Lam, dove si fanno i biglietti d'imbarco. Costo 150.000 dong a testa (6 euro) più parcheggio motorino (50cent.=10.000 dong).
Le barchette sono piccole e possono avere due a 4 passeggeri. La cosa più bella da vedere sono i barcaioli, uomini  e donne che remano con i piedi. La nostra “caronte” e una bella ragazza che ci sorride e inizia a vogare, con le gambe: una rana a pancia in su. È pazzesco pensare che noi occidentali ci uccidiamo con attrezzi in palestra, paghiamo fior di quattrini per fare adduttori, abduttori, addominali e sembriamo pure fighi quando li abbiamo tonici, quando riusciamo a fare gli esercizi aumentandone i carichi, mentre qui, dall'altra parte del mondo, delle persone umili e semplici si “allenano” tutti i giorni, per circa due ore per volta, facendo questi movimenti; immaginate che forza e tonicità hanno.
La cosa più incredibile è vedere come riescano a tenere i remi con i piedi, senza alcun legame con essi, girando le pale nel senso giusto prima di farle entrare in acqua per dare la giusta spinta e direzione...pazzeschi. Oltre a questo spettacolo umano, iniziamo a vedere quello che ci circonda. Purtroppo la giornata grigia e la foschia, nonostante renda l'ambiente suggestivo e struggententemente poetico, non ci da una visibilità totale di tutto il retrobottega. Siamo immersi in meravigliose formazioni carsiche enormi, panettoni che affiorano dal fiume e ci sovrastano con la loro imponenza; una meraviglia.
Sono sparse qua e là e non ci bastano gli occhi. Dopo circa 20 minuti passiamo dentro la prima grotta, la più lunga. Stalattiti e anfratti ci accolgono, tante le barche di altri turisti intorno ma le meraviglie distraggono dalla loro presenza. Usciamo e ritroviamo il verde sfavillante e i grossi panettoni ad accoglierci, così sarà per un'altra ora. Le grotte i cui nomi sono Hang Ca, Hang Giua e grotta Hang Cuoi, sono state formate dall'erosione del fiume sulle rocce. Meraviglia in terra. Rientriamo dopo poco meno di due ore; unico inconveniente la barcaiola: ci chiede spudoratamente la mancia. Siccome ci ha spiazzati, rimaniamo un po esterrefatti dal veder cadere tutta la dolcezza iniziale per far spazio ad un moto d'animo opportunistico, così sfrontato. Cerchiamo qualche spicciolo, abbiamo l'equivalente di un euro perché, avendo prelevato poco prima prima del giro, non abbiamo banconote di piccolo taglio. Lei arrabbiata ci dà addirittura la tariffa a persona, circa 2 euro a persona. Le spieghiamo che non abbiamo soldi spiccioli ma lei continua a petulare; Gigi si rabbuisce e le dice con meno gentilezza che ci dispiace ma non abbiamo soldi spiccioli e lei niente, sembra una gallina starnazzante. Ad un certo punto si rivolge direttamente a me e comincia di nuovo la tiritera, anche io le ripeto che ci dispiace ma non abbiamo soldi spiccioli, lei niente: e mi inc...zo! Avete presente Regan nel film l'esorcista?  Mi giro, ruoto la testa quasi a 360°e mi sento il sangue salire alle orecchie. Con ferocia le dico che la mancia è una mancia e non è né una tassa né un obbligo e STOPPP; le faccio capire con un gesto che quello che dice non mi interessa più e deve stare zitta! scendiamo mandandola a quel paese; ha abbassato la media dei meravigliosi vietnamiti. Un po’ destabilizzati da quanto accaduto, ci rimettiamo in sella per raggiungere un altro sito: Bich Dong Pagoda ovvero “grotta verde” per il paesaggio su cui insiste; pioviggina.
Arrivati, veniamo presi d'assalto per il pagamento del parcheggio: ATTENZIONE NON SI PAGA. In molti siti troverete questa pratica; alcuni falsi parcheggiatori vi chiederanno soldi per il parcheggio. Addirittura vi diranno che non potete parcheggiare da altre parti: BUGIE. Qui è tutto gratis, free. Purtroppo piove; saliamo verso la pagoda. A dire il vero sono tre; la prima sta all'ingresso, subito dopo aver attraversato un ponticello e portale ad archi di ingresso. Salendo un centinaio di gradini si arriva alla seconda ricavata da una grotta. Nicchie e Buddha fanno la loro
presenza ovunque. C'è anche un'antica campana fatta nel 1707, il tutto tra stalattiti di varie forme che possono ispirare l'immaginazione delle persone. Il tempio Thuong è il
terzo tempio, il più in alto e si trova sulla cima del monte Bich Dong. Da qui, si può godere di un panorama di imponente bellezza naturale. Scendiamo un po scoraggiati dalla pioggia che ormai è leggera ma onnipresente. Siamo in scooter. Ci ripariamo dieci minuti sotto un telone di una baracca negozio; una signora anziana ci chiede di pagare il parcheggio dello scooter che è davanti a lei al suo negozio, dall'altra parte della strada: le ridiamo in faccia e sta buona. Ci provano sempre!. Continua a piovigginare e non volendo stare vicino a questa vecchia megera, apro un ombrello datomi dall' albergatore e, saliti in sella, andiamo a cercare un localino dove ripararci e mangiare. Dopo 10 minuti lo troviamo. Non siamo bagnati se non un pochino nella parte bassa delle gambe. Fortunatamente la temperatura non è fredda. Mangiamo e ci rifocilliamo. Smette di piovere. Ok, via si va al Nham bird valley garden, a quattro km da qui. Pagato il parcheggio scooter (10.000 dong) e ingresso a
testa 100.000 dong (4 euro) entriamo. Già ci colpiscono la cura e la bellezza circostante. Ci incamminiamo tra sentieri lastricati di calcare; è molto scivoloso. Ad un certo punto, in una indicazione, leggiamo "marble cave", grotta di marmo; andiamo ed entriamo. Una passerella di bamboo ci conduce all'interno, dove la grotta è molto bassa e l'illuminazione non è proprio adeguata. Lampade rosse, blu e verdi proiettano il loro colore facendola sembrare una discoteca anni 90.
Nonostante ciò, la grotta è molto bella; è anche abbastanza lunga, con il fiume che l'attraversa e ne riflette le forme. Usciti da lì, la natura ci sovrasta con piante, fiori e il uno scenario unico. Molte persone si perdono questo passaggio in grotta perché non seguono le indicazioni e, passando dalla parte opposta, dove c'è il foro di uscita (in cui non c'è nessuna indicazione) la oltrepassano, ignari della sua esistenza. Consigliamo vivamente di non fare questo errore. Questa area è veramente un patrimonio naturalistico. È lo spazio vitale di molti uccelli, come
cicogne, aironi, germani reali, ecc. Li vediamo a distanza perché stanno l'interno di un'area centrale delimitata e protetta. Le monumentali montagne calcaree si riflettono sull'acqua del laghetto tutto intorno, davvero bello, poetico e romantico. Anche qui non rimaniamo meno di due ore ma solo perché è tardi e abbiamo da cercare uno zaino. Ci sarebbe da starci davvero una giornata intera, non vi dico poi Gigi che è appassionato delle foto di uccelli (niente battute!). Rientriamo verso Ninh Binh alla ricerca di uno zaino. Purtroppo alcuni negozi stanno chiudendo e poi non hanno lo zaino che cerchiamo noi. Andiamo al mercato dove, al primo piano, ci sono abbigliamento e calzature, compreso borse. Sta chiudendo i battenti, non ci resta che tornare domani mattina. Torniamo in hotel e finiamo la serata così, soddisfatti e un po dispiaciuti per non aver potuto fare tante altre cose che avremmo voluto, ma comunque molto felici.

N. B. : raccomandazioni a chi avesse l'opportunità di venire qui: se possibile alloggiate direttamente a Tam Coc. Ci sono molti resort, Eco resorts, ostelli e tante attività ricettive, ristorantini e tanti bei posticini. Ninh Binh è una città anonima e senza confort; è una grande città per le persone del posto, senza alcun "rifugio" turistico. Se invece voleste stare qui, raccomandiamo l'albergo in cui eravamo noi, Friendly House e prendete la King room.

15 aprile 2019. da Hue’ a Ninh Binh, devastante


Dovevamo partire alle 17:00 di ieri, ma non è stato così. Ci avevano detto che saremmo arrivati all'incirca alle 7:00, ma non è stato cosi. Insomma una trasferta disastrosa. Ma
vediamo con ordine. Siamo nella hall dell’albergo dalle 16:00; l’appuntamento per venire a prenderci è alle 16:30. Alle 17:30, con nostro nervosismo e preoccupazione galoppante, arrivano due tizi in scooter con il compito di accompagnarci alla bus station. Con zaini giganti e borsa a tracolla saremmo dovuti andare in scooter. Mi sale “l'incazzo” e mi rivolgo alla tizia della reception che ha curato il nostro trasferimento; mi capisce senza che apra bocca. Comincia a fare delle telefonate e alla fine arriva un taxi, che paga lei, per accompagnarci al bus.
Si parte alle 18:00. Sosta di mezz'ora, dopo due ore di viaggio, si cena. Nuovamente in viaggio, siamo in uno sleep bus, bagno a bordo, quindi nessuna “sosta tecnica”. La trasferta è di 600 chilometri circa, costo del biglietto 9 euro a testa. Siamo quasi sempre in dormiveglia, è difficile dormire bene, gli spazi, alla fine, sono abbastanza stretti. Sono quasi assopito, sento schiamazzi e qualcuno che urla Ninh Binh. Ci scambiamo un’ occhiata con Robi, guardiamo l'orologio, sono le 3:20 del mattino e siamo arrivati, allucinante. Scendiamo increduli e sconvolti, così come qualche altro turista che era in viaggio con noi; il bus deve proseguire per Hanoi (Ninh Binh è di passaggio). Aiutati dalla luce del telefonino cerchiamo i bagagli, sono sotto tutti gli altri; li sfiliamo e quasi ci rifiutiamo di capire cosa sta succedendo. Imbraccio lo zaino, ma qualcosa mi disturba, un tanfo incredibile di urina; penso provenga dal bus e faccio cenno a Robi di spostaci. La puzza mi segue, “cazzo”! il mio zaino è impregnato di urina, mando tutte le maledizioni possibili a quei bastardi della compagnia dei bus, incredibile. Siamo a 8 chilometri dalla città, sono le 3:30 di mattina e ho uno zaino che puzza come un cesso pubblico e, per giunta, piove. Stiamo in questa specie di stazione a capire cosa fare. Andare in hotel non si può, troppo presto; come spostarsi per raggiungere la città non si sa, oltre il gruppetto che è sceso dall’autobus, non c'è anima viva e non possiamo muoverci perché piove, un casino. Smette un attimo di piovere e trovo un taxi che per 100.000 Dong (4 Euro) ci accompagna in hotel. Continua a piovere, arriviamo in hotel, la reception, ingresso compreso, è chiusa. Suono e dopo qualche minuto arriva un’anima pia che ci fa entrare e accomodare in un divanetto dove staremo sino alle 7:00; lo zaino e pure io puzziamo di piscio e la camera, dove potermi lavare, ha il check in alle 14:00. Il titolare dell'hotel (conduzione familiare) ha compassione di noi e verso le 8 ci
concede una camera ripulita in fretta e furia appena lasciata, giusto per schiarirci le idee. Facciamo colazione e saliamo in camera (provvisoria); vorrei vedere dentro lo zaino, ho tutta la mia roba e la cosa mi preoccupa assai. Per fortuna il vestiario è indenne, lo zaino invece è irrecuperabile, da buttare. La mia puzza, invece, è concentrata su un pile che ho usato per dormire e sul quale ho portato lo zaino, ma questo si può recuperare (forse). Continua a piovigginare, ha quasi smesso. Abbiamo un’urgenza, cercare uno zaino nuovo. Ci prestano due ombrelli e ci incamminiamo per le vie di questa città. Molti negozi sono chiusi e altri stanno aprendo, sono le 9.00. Strade lunghe e trafficate, grigiore, pozzanghere e pioggerellina non ci fanno apprezzare troppo questo posto. Ci sono diversi negozietti di scarpe, gioiellerie, abbigliamento abbastanza grezzo rispetto a quanto avevamo visto finora in Vietnam; scarpe, orerie, scarpe...ma quanto caspita camminano? e dire che usano soprattutto le ciabattine! Zaini manco a pagarli oro, solo quelli più piccoli e tante borse da donna. Andiamo al mercato; qui c'è sempre da rimanere esterrefatti; sono simili tra loro ma alla fine sono l'anima della gente, da vedere. Sfiniti e disarmati, diszainati direi, rientriamo in hotel; ore 11.30. Il titolare ci ha fatto preparare la camera in anticipo: stanza 407, è la King room e costa 23 euro a notte con prima colzione. L'albergo si chiama Friendly House ed è davvero friendly, amichevole. Manca solo l'ascensore per definirlo perfetto. La hall piccolina, con dietro la saletta ristorante, sono un bijoux; curato nei particolari, molto european style. La camera poi è il giusto premio per le piccole disavventure di oggi: spaziosa, confortevole, pulitissima, soprattutto molto bella. Il bagno idem; la doccia con vetro separatore diventa subito la nostra meta. Ci laviamo come fosse l'ultima volta e consegnamo tutta la roba al servizio lavanderia, compreso il mio pile. Purtroppo non ne ho trovati in giro di simili e mi serve, perché ho solo questo, per ora. Dopo la doccia ristoratrice scendiamo giù e pranziamo qui, in hotel. Cucinano da Dio: un piatto di noodles con verdure e uova, birra freschissima, una new entry,“Bia Hanoi”, gradazione 4.4, very good, il tutto concluso con un piattone di frutta fresca in omaggio. Pomeriggio grigio e piovosetto, stiamo in camera a riposare e gestire le prossime tappe. Ceniamo sempre qua, nel ristorante dell'albergo e ci delizaimo con un set menù composto di alcune pietanze tipiche come degli spring rools vietnamiti, verdure saltate in padella e un loro spezzatino di mano e verdure. Oltre al piatto di frutta finale, ci offrono il famoso vino di riso. Finalmente riusciamo ad assaggiarlo, un distillato ricavato dal riso, con gradazione alcolica 45°, davvero piacevole. Insomma, la giusta conclusione di una giornata un pochino impegnativa. Domani prenderemo uno scooter (6 dollari al giorno) per spostarci verso le varie attrazioni del posto, pioggia permettendo. 

14 Aprile 2019. Hue’, Imperial City.


Stamattina di buona lena, dopo la colazione di frutta, yogurt, pancake e te/caffè, carichi, ci dirigiamo verso la nostra ultima meta qui a Hue’: la Cittadella. Dista circa 1.300 metri dal
nostro albergo, quindi ci incamminiamo. Nonostante siano le 9.00, la giornata è già calda, il sole non splende del tutto perché una leggera cappa di nuvole lo copre. Attraversiamo il fiume Song Hurong, che divide la città, utilizziamo il ponte Cau Turong Tien con le sue arcate metalliche. Cammina, cammina, facciamo un paio di acquisti di vestiario utile; troviamo alcuni capi che ci servivano, anche se questo vuol dire abbandonare qualcosa di vecchio che ci segue ormai da quattro mesi nello zaino. I nostri zaini sono pieni come uova, senza alcuna possibilità di spazi residui, motivo per cui non avremo la possibilità di portarci via souvenirs. Il viaggio è ancora molto lungo e vi assicuro che fare i bagagli ogni due tre giorni, cercando di rimettere tutto, in modo che ci stia tutto, non è semplice. Considerando, inoltre, che poi vengono lanciati e stipati nei bagagliai dei bus come fossero stracci vecchi, qualunque souvenir non sopravvivrebbe. Pazienza, ci saranno le
immagini e il blog a ricordarci questa bella avventura. Arriviamo alla cittadella, ingresso 150.000  dong a testa (6 euro). Come forse ho già scritto, la città di Hue fu capitale imperiale del Vietnam nel passato e molte reliquie architettoniche e culturali si sono mantenute fino ad oggi perfettamente, o quasi, conservate. Tra le varie guerre che hanno devastato questa bella cittadina un evento in particolare fu disastroso, tanto da distruggere gran parte dei più begli edifici antichi: “l'offensiva del Têt”. Il Tet è il capodanno vietnamita, festività importantissima, che ogni anno cambia data tra gennaio e febbraio. Durante questa festività il Vietnam si ferma; negozi chiusi, scuole chiuse, solo incontri conviviali e festa. In piena guerra del Vietnam, nel 1968 tra il 30 e il 31 gennaio, l'esercito nordvietnamita e i Viet Cong attaccarono a sorpresa le truppe americane stanziate anche qui. Gli attacchi delle forze comuniste colpirono praticamente tutte le maggiori città del Vietnam del Sud raggiungendo notevoli
successi e, nel caso specifico, cogliendo impreparate le forze americane e sudvietnamite. Come storia insegna, [..dopo violenti scontri e pesanti perdite per entrambe le parti, le forze americane e sudvietnamite ripresero il controllo della situazione, riconquistando le posizioni inizialmente perdute. Questa offensiva  fu un momento decisivo della guerra del Vietnam; nonostante il mancato successo militare, costituì una grande vittoria morale e propagandistica per i Viet Cong e il Vietnam del Nord e provocò una grave crisi politica negli Stati Uniti.] Dopo poche settimane l’ allora presidente americano Lyndon Johnson decise (o fu costretto? che dite?) di ritirarsi dalla vita politica e di arrestare l'escalation di violenze, iniziando i colloqui di pace. Purtroppo anche la Cittadella di Hue’ebbe grandi perdite ma fu letteralmente ricostruita grazie
al lavoro di sensibilizzazione negli anni successivi, al termine della guerra, riportandola all'antico splendore, tanto da farla dichiarare nel ‘93, patrimonio dell'Umanità dall’UNESCO. È molto estesa, circa 10 ettari e rappresenta una fortezza, una suddivisione tra i sovrani e la plebe. Fu edificata tra il 1804 e il 1833 dai regnanti della dinastia Nguyen. Le sue mura sono alte 6,5 m e ha 10 ingressi. Esse circondano la grandiosa Città Imperiale, che, con un perimetro di 600 metri segue la stessa disposizione della più rinomata Città Proibita di Pechino. Strade ombreggiate da alberi, vecchi palazzi e giardini fioriti offrono una passeggiata piacevole. All'interno, tra i tanti edifici c’è anche la cosiddetta Città Purpurea Proibita, un'area  dove avevano accesso solo le mogli dell'imperatore, le sue concubine e gli
eunuchi. Uno degli edifici che ci è piaciuto di più è il teatro: perfetto. Piccolo ma veramente un bijoux, rappresenta quanto questa dinastia fosse sensibile alle arti e alla musica. Ci sono alcuni strumenti esposti e maschere di cartapesta, utilizzate dagli attori per le rappresentazioni. Il Palazzo Thai Hoa (palazzo della suprema pace), dove governava l'imperatore, che si autodefiniva Figlio del Cielo, ha al suo interno  colonne laccate color vermiglio e intarsi d'oro, l'unico mobilio resta il trono, sollevato su terrazze sotto un soffitto che rappresenta il cielo, non si può fotografare!! Dietro il Palazzo, oggi, molte distese erbose hanno preso il posto delle strutture reali che vi si trovavano in passato (è il più
evidente pegno pagato alla guerra). Insomma tanto da raccontare, bellissimo sito, da visitare in non meno di 3 ore, quelle che sono servite a noi con interruzione snack in un ristorantino all'interno. Usciti da qui alle 14.30, ci sediamo mezz'oretta in una bella caffetteria che si chiama Grand Caffè, molto curata, molto accogliente e anche abbastanza economica. Un caffè al cocco per me e smoothie al passion fruit per Gi ed è ora di tornare in hotel. Ci aspetta la trasferta con bus notturno. La partenza è prevista per le 17.00, direzione Ninh Binh, un po più a nord, a più di 500 km da quì. Previsione di arrivo domattina tra le 7.00 e le 8.00...speriamo bene.

13 Aprile 2019; Hue in boat e bus, tour guidato.


Ieri sera abbiamo deciso e prenotato, per oggi, un tour di gruppo, con guida inglese, per solcare il fiume Huong (chiamato anche fiume dei
profumi, ma non so perché) e vedere alcune attrazioni, tra cui una Pagoda importante, tre tombe mausoleo e infine ci sarebbe la cittadella (che però non faremo). Il costo del tour, con pranzo compreso, è di 10 dollari a testa, escluso ticket d'ingresso ai siti storici e bevande. Ora di partenza 8.30, che diventeranno 9.00. Siamo nella hall ad aspettare che ci vengano a prendere per portarci all'imbarcazione, un tipico Dragon Boat, nolto caratteristico. Arriva un uomo in scooter: salire! Capito; uno per volta ci accompagna al molo d'imbarco. Molte persone offrono a pagamento un passaggio in scooter ma non lo avevamo ancora sperimentato prima. Ok, siamo in barca; ci sono altre 12 persone di
nazionalità diverse. Comincia la navigazione e le foto. La navigazione è lunga e sinceramente, oltre alla poeticita’ di solcare un bel fiume di città, non c'è tanto di interessante intorno a noi. Dopo circa mezz'ora ci fermiamo a vedere la Thien Mu Pagoda, uno dei simboli della città. Ci sono molte leggende sulla Pagoda di Thien Mu (conosciuta anche come Pagoda di Linh Mu). Il nome della pagoda deriva da una leggenda. “ Molto tempo fa una vecchia donna conosciuta come Thien Mu (letteralmente "Signora celeste") apparve sulla collina dove ora sorge la pagoda. Disse alla
popolazione locale che un giorno sarebbe venuto un re e avrebbe costruito

un tempio buddista per la prosperità del paese. Nel 1601, nel sentire questa leggenda, il re Nguyen Hoang iniziò la costruzione della pagoda”.[Ulteriori costruzioni e ristrutturazioni vennero eseguite durante i secoli successivi e la Torre Phuoc Dien, all'ingresso del complesso, fu costruita nel 1864 (alcune fonti dicono il 1844) dall'imperatore Thieu Tri. La torre ha sette livelli, è alta 21 metri ed è la struttura più alta del Vietnam;cit]. A ovest della torre c'è un padiglione che ospita una gigantesca campana di bronzo, conosciuta come Dai Hong Chung. [Pesa 3285 chilogrammi ed è
udibile da 10 chilometri di distanza. Il santuario principale, noto come Dai Hung Shrine, è diviso in due segmenti separati: la sala anteriore è separata dal santuario principale da una serie di porte in legno pieghevoli. La sala del santuario custodisce tre statue del Buddha (che simboleggia vite passate, presenti e future), oltre a molte altre importanti reliquie. I residenti della Pagoda di Thien Mu - i monaci buddisti che meditando e pregano nel santuario, occupano anche il santuario Dai Hung; cit]. A proposito dei monaci, qui sono nel loro pieno quotidiano. In un’ affissione su un muro sono riportati tutti gli orari che scandiscono la loro quotidianità . Si alzano alle 3.30 e alle 4.00 fanno Kung Fu; poi fanno colazione, dopo meditazione e così via. Praticamente due volte al giorno si allenano, due volte meditando e pregano, due volte
studiano ecc. fino alle 21.30, ora di dormire. Usciti dopo circa mezz'ora da quì, risaliamo in barca. Direzione Hon Chen Temple. Non mi soffermo nella descrizione di questo sito molto importante dal punto di vista religioso, storico e culturale perché sinceramente non ci ha destato tutto questo stupore. L'ignoranza non ci aiuta probabilmente. La nostra guida non serve a molto perché parla un inglese terribile e soprattutto non sta con il gruppo; spiega qualcosa all'inizio e poi sparisce. Quindi, dal punto di vista culturale, poco abbiamo capito, dal punto di vista archittettonico è una grande schifezza. È giunta l'ora di pranzare. In barca ci aspetta un pasto frugale di tofu in umido, riso e frittatina di verdure. Se si vuole altro si sceglie da un menù e si paga a parte, compreso tutte le bevande. Noi abbiamo preso, in aggiunta, un fritto di patate e gamberi pensando al nostro fritto misto: schifezza madornale! patatine cotte probabilmente il giorno prima e gamberetti da surgela, rinsecchiti. Dopo “pranzo” si naviga verso terra, dove passeremo al bus che ci attende. Il tragitto in barca è stato noioso, lungo e interminabilmente soporifero, non lo consigliamo!
Siamo sul bus e ora andiamo a visitare 3 tombe famose della dinastia Nguyen. Ingresso per ognuna 100.000 a testa (ovvero 5 dollari ovvero 4 euro). Iniziamo con la Minh Mang Tomb. “La tomba reale di Minh Mang”; è l'ultima dimora di uno dei confuciani più fedeli della dinastia Nguyen, il cui regno rappresenta l'apice del potere di Nguyen sul paese. Molto estesa, soprattutto in lunghezza, con elementi decorativi importanti, assolutamente da visitare. Dopo 40 minuti di visita,
torniamo sull'autobus; andiamo alla seconda, la Khai Dinh Tomb. Questa tomba è stata dichiarata la più maestosa tomba imperiale di tutto il Vietnam. Costruito come un monumento e un mausoleo, ci vollero 11 anni per concluderlo, dal 1920 al 1931 ed è l’ultima tomba imperiale di Hue. Sfarzosa e molto ricca di particolari, dai mosaici in ceramica alla statua dorata dell'imperatore anziano, è, secondo noi, la più integra e, dal punto di vista estetico, la più bella. Ancora qualche km in bus e arriviamo finalmente all'ultima. Dico finalmente perché oltre ad un pochino di stanchezza c'è soprattutto troppo caldo: si gronda e di tombe ne
abbiamo quasi le “tombe” piene: è La tomba di Tu Duc. Questo luogo non è soltanto un mausoleo ma fu dimora dell’imperatore per ritrovare la quiete quotidiana. Infatti, all'interno c'è anche uno spazio adibito a piccolo teatro dove probabilmente si intratteneva. Intorno ci sono laghetti e tanto verde; un’ ampia area verde rilassante. Dal padiglione della stele, oltrepassato il lago a forma di mezzaluna, si raggiunge il sepolcro, cinto da mura, dell'imperatore, anche se leggenda narra che, in realtà, sembrerebbe che Tu Duc non venne mai sepolto qui e ancor oggi rimane ignoto il luogo che ospita le sue spoglie con il ricco corredo funerario. La tomba di Tu Duc si troverebbe sulla collina di Van Nien nel villaggio di Duong Xuan Thuong, in luogo appunto segreto: pare infatti che i 200 servitori che tumularono il
sovrano furono tutti decapitati allo scopo di mantenere il segreto e allontanare il pericoli di furti del corredo funerario. Stop! ore 15.30 si va via. Si rientra in città. Di passaggio visita a una bottega che produce incensi, ne hanno di ogni colore e aroma, uno spettacolo, relativo ai colori, quasi pirotecnico. Il caldo caldissimo ci porta dritti dritti in doccia. Trascorriamo qualche ora tra fresco, blog, foto. Si va a cena. Torniamo nella strada caotica e ci sediamo i un locale molto frequentato. Io prendo una zuppa di cui non ricordo il nome, molto saporita, speziata e piccantina al punto giusto, una specie di brodo di carne con noodles: Gi prende dei noodles di riso al Kebab, niente di ché mi dice. La marea di gente è impressionante, così come il caldo. Dopo aver visto di tutto e di più torniamo in albergo per la meritata dormita.

12 Aprile 2019. Transfert da Hoi An ad Hue’ (circa 120 km).


Stamattina ci si prepara all'ennesimo trasferimento, Hue’, a circa 120 km da quì, da Hoi An. Si parte dall'Hotel in minivan per poi prendere un bus, sleeping bus (praticamente sono quasi tutti così), per percorrere questa
distanza in circa 4 ore. Il costo per l'intero transfert è stato di 300.000 dong per entrambi, 12 euro. Puntuali si parte. Il tragitto è scorrevole e l'autista è “normale”. Solita sosta dopo circa due ore e poi via fino alla meta. Ore 12.00 Samo ad Hue’. [Huế è una città al centro del Vietnam che dal 1802 al 1945 fu sede della dinastia Nguyen e capitale nazionale. Una delle sue principali attrazioni è l’ampia cittadella del XIX secolo, circondata da un fossato e da
spesse mura di pietra. Al suo interno si trovano la Città imperiale, con palazzi e santuari, la Città Proibita Viola, antica residenza dell’imperatore, e una riproduzione del Teatro Reale. cit] Oltre alla cittadella una delle attrazioni del posto sono le tombe degli imperatori della dinastia Nguyen; veri e propri mausolei immersi in ettari di giardini molto curati. Ha circa 460.000 abitanti e quindi è una bella cittadina grandina ma vivibile. Già si respira aria di località tipicamente turistica, con tantissimi localini, caffetterie e gente che va e viene. È attraversata dal fiume Huong Giang ed è stato uno dei centri culturali, religiosi ed
intellettuali dell'intero Vietnam, sembrerebbe lo sia ancora. Il nostro hotel si chiama “Thai Binh 2” ed è in un'ottima posizione nel centro città. Con la modica cifra di 22 euro, per camera più colazione, alloggiamo in questa struttura molto carina ma soprattutto con uno staff efficiente e gentilissimo. Camera e bagno molto grandi e puliti; balcone e visuale sulla città ci rincuorano, meno male. Dopo aver depositato i bagagli andiamo a pranzo vicino all'hotel dove, in un localino piccolo a gestione familiare, che si chiama “Family House” consumiamo il nostro pranzo vietnamita: spring rools tipici del posto e un piatto di noodles ai gamberi, della casa.
Gironzoliamo e ci rendiamo conto che è una città molto carina e romantica ma soprattutto è il giusto connubio tra antico e moderno. Ci avviciniamo alle mura della cittadella, che visiteremo domani o dopodomani; un via vai di gente, foto di gruppo e tanti turisti occidentali. La sera arriva e, dopo una mega doccia, usciamo a cena. Ci inoltriamo in quello che è il cuore della movida Hueana: la Thi Sau Street. È una lunga via che di dirama in altre due, a Y, piena di locali, musica e divertimento, ricorda vagamente la Khao San Road di Bangkok ma in misura ed eccessi ridottissimi; anzi eccessi zero. Scegliamo un locale in cui sentiamo musica americana anni
60 ed in cui un uomo, in stile rockabilly , balla sulle note di essa. Il locale è veramente carino e ci piace. Ci facciamo tentare dal Burgher; si, oggi American style...in attesa di andare da Isa. Il “personaggio” che balla è il titolare del locale e mentre attira l'attenzione simpaticamente sui passanti, non manca di prestare un occhio di riguardo per gli astanti e lo staff efficiente e veloce di giovani ragazzi sorridenti al suo servizio. Insomma un bel volpino, giusto direi. Ci coinvolge nel ballare perché, appena saputo che siamo italiani, si è svenato. Coincidenza vuole che il suo nome si pronunci come quello di Gigi, pazzesco. Dopo tante risate, birra locale new entry “Hoda” e big burger buonissimo, rientriamo esausti in hotel; è mezzanotte ormai, ma quì i locali con discoteca all'aperto sono strapieni e festosi. La cosa più bella è che non ci sono neanche lontanamente situazioni imbarazzanti e di minchionaggine adolescenziale che si vivono da noi, tra acidi e alcol, forse gli incivili stanno dall'altra parte del mondo.

11 aprile 2019. Hoi An ultimo giorno


Come spesso succede nei nostri trasferimenti, ci riserviamo una giornata per varie ed eventuali. Constatato che non ci sono né varie e neppure eventuali, prendiamo le bici e ci dirigiamo verso il mare. Nei giorni scorsi,
andando al mare, abbiamo notato parecchie cose che vorremo vedere meglio; parlo soprattutto della vita rurale, quella che si sviluppa tra risaie, fiume e stagno. È sempre sorprendente vedere come l'essere umano fa fronte alle necessità quotidiane, con ingegno e intelligenza, sopperendo ad esse senza le attrezzature sofisticate alle quali noi siamo abituati. Con questi propositi iniziamo a prendere sentierini e stradine che passano tra risaie verdisime, piccole abitazioni di campagna, case galleggianti, barche, ecc. Ritagliamo, con la macchina fotografica,
attimi di attività quotidiana. La contadina che cura il suo orticello come fosse un gioiello; l'acqua dal rubinetto probabilmente non arriva, ma è abbilissima a innaffiare con due maxi innafiatoi tenuti con un’ asse sulla spalla. Ancora tra le risaie ci sorprende la “siesta” del bracciante in groppa al suo  bue; e di questi ne vogliamo parlare? i buoi hanno preso lo stagno per la loro “spa”; si crogiolano in acqua appena possono, beati, al fresco. Poi c'è tutta l'attività dei pescatori; a proposito, non avrei mai immaginato una attività di allevamento
ittico così fiorente, questi vietnamiti ne sanno una più del diavolo. É curioso vedere le loro imbarcazioni tipiche, veri e proprio gusci di noce che solcano il mare, addirittura ne usano una completamente tonda, tipo mezzo guscio di noce di cocco, costruita con un intreccio di foglie, fermate e isolate con della resina. Vedere e scoprire queste cose non ha prezzo. Finalmente giungiamo al mare. Ci impossessiamo di ombrellone e sdraio, a gratis, basta consumare qualsiasi cosa e sono tuoi tutto il giorno. Alcuni gestori, invece, fanno pagare la cifra astronomica di 50.000 Dong ( 2 Euro😜 ).
Temperatura calda, ma una brezzolina che arriva dal mare la stempera, risultato, si sta da Dio. Trascorriamo quì il resto della mattina e anche il pomeriggio, pranzo compreso. Ormai la “signora degli sdrai” ci ha preso in simpatia e ci offre, dopo pranzo, piattoni di frutta, una bontà. Già, ma poi ci ricordiamo che questa non è proprio una vacanza, ma un viaggio e vi assicuro che la differenza è sostanziale. Dobbiamo preparare bagagli, organizzare per la trasferta di domani, ritirare biglietti, ecc. Perciò dopo il riposino pomeridiano, al sole come una lucertola, riprendiamo la via di “casa”. Si fa sera inoltrata, e, udite udite, decidiamo di andare a mangiare una pizza. Abbiamo assaggiato una pizza in tutte le nazioni visitate, il Vietnam ci mancava. Allora, pasta lievitata bene, aspetto ottimo, sapore quasi. Purtroppo per loro, non hanno capperi e nemmeno le acciughe, o meglio, le acciughe pare costino una cifra spropositata, nonostante loro le peschino, booo! valli a capire. Così concludiamo la giornata, domani si riparte, buonanotte.


10 aprile 2019. Da Hoi Han in visita a Danang

Lasciamo la bicicletta per oggi e noleggiamo uno scooter (costo 140.000 dong= euro 5,40) per andare a vedere la città di Danang che dista circa 20 Km da qui. A dire il vero Danang era il compromesso ad Hoi Han per un eventuale alloggio di qualche giorno. Nella nostra pianificazione domestica avevamo il dubbio su quale scegliere tra le due. La scelta poi è stata dettata da diversi fattori nonché la possibilità, comunque, di poter vedere anche Danang. Questa mega città è famosa soprattutto per una attrazione archittettonica moderna che si chiama Cau Vang ovvero Golden Bridge, il ponte sorretto da due grandi mani. Sembra molto bello dalle fotografie sul web. Sta nelle colline di Ba Na a circa 40 minuti di auto da Danang. È lungo 150 metri e sta a 1400 metri di altitudine. Il Golden Bridge si raggiunge grazie ad una funivia lunga 577 metri. Il costo non è modico, con tour organizzato, circa 40 euro a testa ma alla fine comprende tutto il tragitto dal tuo hotel, andata e ritorno, con pranzo incluso. Originariamente volevamo vederlo; per due giorni abbiamo discusso se andare o no ma dopo aver letto tanto abbiamo optato per il no. Si tratta di un parco turistico a tema dove all'interno è, chiaramente, tutto artificiale, una specie di Disneyland sui generis. Spesso c'è molta nebbia, cosa che ne impedisce una buona visuale ed è un tour che ti porta via un'intera giornata. Questo ci avrebbe comportato non vedere altro di Danang e, credeteci, sarebbe stato un errore madornale. Danang è bellissima. Incredibile veramente incredibile quanto sia bella e servita da ogni cosa questa meravigliosa metropoli. Ha diversi luoghi di attrazione molto interessanti e, nonostante palazzi e qualche grattacielo, le ampie strade la rendono vivibile e aperta, non soffocante. Poi c'è lui, il gran signore da noi adorato dopo il sole: il mare. Ma andiamo con ordine.
Nel tragitto tra le due città, Hoi An e Danang appunto, c'è la famosa “Marble Mountain” (montagna di marmo) conosciuta anche come Water Mountain. Ai suoi piedi artisti del marmo, sculture meravigliose e negozi di vendita di esse. Il marmo usato non è quello della montagna sovrastante (che é un misto di marmo e vegetazione rigogliosissima) ma proviene dalla vicina Cina, per preservare quello del sito ovviamente. Parcheggiare non è facile perché moltissime donne del posto vi diranno che dovete pagare e non potete parcheggiare se non dove vi dicono loro: è una bufala! Lasciatele perdere e parcheggiate dove volete, stando attenti ai parcheggi riservati a bus e taxi. Una volta trovato sistemazione per lo scooter, andiamo a fare i biglietti; ci sono due modi per salire i primi 40 metri di dislivello: gradini o ascensore. Noi optiamo per il secondo che é anche panoramico.
Vi suggeriamo di fare così perché comunque gradini e gradoni ne farete tanti dopo. Costo: biglietto per ingresso al sito, 40.000 dong a testa; ascensore 15.000 a testa per la sola salita; tot. 55. 000 a testa (2 euro). Arrivati su, la prima cosa che salta all'occhio è il panorama: di fronte a noi due montagne, di cui una a forma conica, una specie di panettone, che sovrastano il paesino del marmo. Alle nostre spalle si erge un tempio, una pagoda a torre, a più piani, ottagonale, tipica delle religioni tao/buddiste. Andiamo a vederla e sinceramente non è un granché, tanto che pensiamo ad una bella fregatura. Camminiamo oltre e capiamo che c'è dell'altro dalla marea di turisti che vanno e vengono e, soprattutto, dalle indicazioni sui supporti di legno. Meglio ancora, vediamo un cartellone con la mappa dell'intera area: è molto vasta, piena di punti d'interesse. Iniziamo ad esplorare i vari punti. Per arrivare ad ognuno di essi, gradoni di marmo, grotte passanti, anfratti e grotticine che portano a bellissime pagode colorate, templi con Budda o altre divinità taoiste e punti panoramici mozzafiato sulla città di Danang e la sua interminabile spiaggia. L'intera montagna è di marmo coperto da
una lussureggiante vegetazione che, nonostante ci dia sollievo con passaggi all'ombra, fa sentire la sua umidità. Siamo fradici, c'è molto caldo ma soprattutto umido. Le meraviglie intorno sono tante; uno degli ultimi templi che vediamo è praticamente incastonato in un'ampia grotta, con accesso in una sorta di portone ad arco, in muratura. Dopo due ore passate ad ammirare queste bellezze scendiamo. Il tempo passa, il caldo aumenta e Da Nang con il suo mare ci aspettano a qualche km da qui. Tornati giù, inforchiamo il motorino con sella infuocata e fuggiamo verso la spiaggia. Durante il percorso per arrivare ad essa, entriamo in città: alberghi, case e casone, strade larghissime e pulite e spazi verdi. È una città moderna ma ha il fascino delle città asiatiche dove, nonostante la marea di gente, si respira tranquillità, no stress.
Da Nang (o Danang) è anche la città dai ponti strani che attraversiamo: uno per tutti è a forma di drago; un altro è a strallo con cavi colorati arancioni e così via. Raggiungiamo la costa: Maremma maiala, è bellissima! È la “My Khe Beach”, una delle spiagge più belle al mondo (riconoscimento datole dalla rivista Forbes) che appartiene alla costa di Danang che è lunga 35 km, rendendo questa la città costiera più bella del Vietnam. Tutto il lungo mare è servito da caffetterie, ristorantini e soprattutto la spiaggia; una meravigliosa spiaggia lunghissima e abbastanza larga da non far trovare gli astanti gli uni sugli altri. Sinceramente abbiamo visto tante spiagge cittadine famose, compreso quelle blasonate messicane e americane, ma questa è davvero la migliore.
La sua bellezza non è solo l'ampia e lunga spiaggia pulitissima e piena di palme che fanno da ombrelloni naturali ma l'acqua, pulita e della giusta temperatura, né calda né fredda. Insomma, se dovessimo tornare in questa costa, questo sarebbe uno dei luoghi di residenza. Stiamo un'oretta, tra tuffi e spiaggia, ad ammirare tutto questo. Sull'altro lato incombono hotel prestigiosi, palazzi e, in lontananza, i grattacieli ma l'ampia strada che separa questi edifici dal lungomare non fa sentire la loro presenza. A malincuore ci spostiamo, ma sono tante ancora le cose da vedere. Dapprima ci fermiamo in uno dei tantissimi caffè/bar/ristoranti per mangiare il panino tipico vietnamita, il Banh Mi (che vuol dire panino), farcito di carne o formaggio (tipo sottiletta), qualche volta anche pesce, verdure e salsine. Accompagnamo il tutto con la birra vietnamita “Larue”, che con la “Saigon” sono le birre locali che per ora conosciamo. È ora di dirigerci verso la “Son Tra Mountain” conosciuta anche come Monkey Mountain, parco nazionale a circa 690 metri sul
livello del mare, nella penisola omonima di Son Tra, appunto, a 9 km dalla spiaggia di My Khe e a 14 dal centro di Danang. Una bellissima statua, la più alta del Vietnam, sovrasta la collina, é la Lady Buddha di Danang. Questa statua si trova all'interno della pagoda di Linh Ung ed è alta 67 metri con un diametro di 35 m. Si appoggia sulla montagna di fronte al mare e guarda con occhi gentili verso il basso; in una mano tiene una bottiglia di acqua (santa) che sembra voler spargere, quale benedizione, sui pescatori sottostanti. La pagoda di Linh Ung, invece, è la pagoda più grande della città sia in dimensioni, circa 20 ettari, che di architettura. È di recente costruzione (inaugurata nel 2010) ed è un simbolo di sviluppo del buddismo vietnamita. Lo stile contemporaneo si combina con la tradizione delle pagode vietnamite; ha un tetto curvo a forma di drago e pilastri anch'essi circondati da draghi. Non continuo a descrivere perché non sono in grado ma è un'area quasi interminabile tra bellissime pagode e giardini curatissimi pieni di orchidee e, soprattutto, bonsai centenari, uno spettacolo. Il panorama è a 360°su tutta la città e il mare; i templi sono pazzeschi. Non sono sfarzosi e colorati come quelli tailandesi ma
hanno una sobria eleganza che li rende ancora più affascinanti. La loro forma è a torre con piani ottagonali, come sopra indicato per quelli della Marble Mountain, e sono molto alti e imponenti. L'architettura è palesemente nord asiatica, Cina soprattutto. I colori predominanti sono il grigio chiaro ed il bianco con qualche tocco di giallo. Sono taoisti, misto buddisti con qualche influenza induista. Troverete Buddha cinese (quello panciuto per intenderci), con i suoi discepoli; troverete dei e guerrieri pronti alla difesa delle divinità con le loro armature e le facce incazzate. Troverete la dea Kali dalle tante braccia, insomma un minestrone di credo religiosi influenzatisi vicendevolmente. Ma della bellezza degli interni, ne vogliamo parlare? Meglio qualche immagine.Tutte le sculture in legno, divinamente (è proprio il caso di dirlo) scolpite. Nonostante la
marea di gente e il pomeriggio che avanza, non vorremmo andare via; troppe cose da guardare intorno a noi, gli occhi non ci bastano. Scendiamo di nuovo giù verso la grande Danang e da qui riprendiamo la via di “casa”. Poco dopo essere scesi, però, vediamo un altro Tempio tipico Chinese. Entriamo? Non entriamo? Basta con i templi? No; entriamo. Fortunatamente è piccolo😂. Qualche foto, perché merita anch'esso, e si rientra fiancheggiando la costa. Sono le 17.00 circa e il cielo si annuvola; sembra pronto a bagnarci, invece riusciamo ad arrivare in albergo tanto asciutti quanto stanchi. Doccia rifocillante, caffè e poi “aperibirra” e patatine, comprate in un negozietto vicino all'hotel dove ho pure ritrovato il sapone Camay che non vedevo da quando ero bambina. Sistematina, lavaggio costume e altro, scarica foto su Hard disk e si esce per cena, ore 20.30. Torniamo al ristorantino del primo giorno e il titolare e le cameriere ci riconoscono e ci salutano dicendo che sono felici di rivederci…. Aaa questi vietnamiti, sono unici.