"quando avremo ottanta anni, avremo probabilmente imparato tutto dalla vita .
Il problema sarà ricordarlo"

12 Aprile 2019. Transfert da Hoi An ad Hue’ (circa 120 km).


Stamattina ci si prepara all'ennesimo trasferimento, Hue’, a circa 120 km da quì, da Hoi An. Si parte dall'Hotel in minivan per poi prendere un bus, sleeping bus (praticamente sono quasi tutti così), per percorrere questa
distanza in circa 4 ore. Il costo per l'intero transfert è stato di 300.000 dong per entrambi, 12 euro. Puntuali si parte. Il tragitto è scorrevole e l'autista è “normale”. Solita sosta dopo circa due ore e poi via fino alla meta. Ore 12.00 Samo ad Hue’. [Huế è una città al centro del Vietnam che dal 1802 al 1945 fu sede della dinastia Nguyen e capitale nazionale. Una delle sue principali attrazioni è l’ampia cittadella del XIX secolo, circondata da un fossato e da
spesse mura di pietra. Al suo interno si trovano la Città imperiale, con palazzi e santuari, la Città Proibita Viola, antica residenza dell’imperatore, e una riproduzione del Teatro Reale. cit] Oltre alla cittadella una delle attrazioni del posto sono le tombe degli imperatori della dinastia Nguyen; veri e propri mausolei immersi in ettari di giardini molto curati. Ha circa 460.000 abitanti e quindi è una bella cittadina grandina ma vivibile. Già si respira aria di località tipicamente turistica, con tantissimi localini, caffetterie e gente che va e viene. È attraversata dal fiume Huong Giang ed è stato uno dei centri culturali, religiosi ed
intellettuali dell'intero Vietnam, sembrerebbe lo sia ancora. Il nostro hotel si chiama “Thai Binh 2” ed è in un'ottima posizione nel centro città. Con la modica cifra di 22 euro, per camera più colazione, alloggiamo in questa struttura molto carina ma soprattutto con uno staff efficiente e gentilissimo. Camera e bagno molto grandi e puliti; balcone e visuale sulla città ci rincuorano, meno male. Dopo aver depositato i bagagli andiamo a pranzo vicino all'hotel dove, in un localino piccolo a gestione familiare, che si chiama “Family House” consumiamo il nostro pranzo vietnamita: spring rools tipici del posto e un piatto di noodles ai gamberi, della casa.
Gironzoliamo e ci rendiamo conto che è una città molto carina e romantica ma soprattutto è il giusto connubio tra antico e moderno. Ci avviciniamo alle mura della cittadella, che visiteremo domani o dopodomani; un via vai di gente, foto di gruppo e tanti turisti occidentali. La sera arriva e, dopo una mega doccia, usciamo a cena. Ci inoltriamo in quello che è il cuore della movida Hueana: la Thi Sau Street. È una lunga via che di dirama in altre due, a Y, piena di locali, musica e divertimento, ricorda vagamente la Khao San Road di Bangkok ma in misura ed eccessi ridottissimi; anzi eccessi zero. Scegliamo un locale in cui sentiamo musica americana anni
60 ed in cui un uomo, in stile rockabilly , balla sulle note di essa. Il locale è veramente carino e ci piace. Ci facciamo tentare dal Burgher; si, oggi American style...in attesa di andare da Isa. Il “personaggio” che balla è il titolare del locale e mentre attira l'attenzione simpaticamente sui passanti, non manca di prestare un occhio di riguardo per gli astanti e lo staff efficiente e veloce di giovani ragazzi sorridenti al suo servizio. Insomma un bel volpino, giusto direi. Ci coinvolge nel ballare perché, appena saputo che siamo italiani, si è svenato. Coincidenza vuole che il suo nome si pronunci come quello di Gigi, pazzesco. Dopo tante risate, birra locale new entry “Hoda” e big burger buonissimo, rientriamo esausti in hotel; è mezzanotte ormai, ma quì i locali con discoteca all'aperto sono strapieni e festosi. La cosa più bella è che non ci sono neanche lontanamente situazioni imbarazzanti e di minchionaggine adolescenziale che si vivono da noi, tra acidi e alcol, forse gli incivili stanno dall'altra parte del mondo.

11 aprile 2019. Hoi An ultimo giorno


Come spesso succede nei nostri trasferimenti, ci riserviamo una giornata per varie ed eventuali. Constatato che non ci sono né varie e neppure eventuali, prendiamo le bici e ci dirigiamo verso il mare. Nei giorni scorsi,
andando al mare, abbiamo notato parecchie cose che vorremo vedere meglio; parlo soprattutto della vita rurale, quella che si sviluppa tra risaie, fiume e stagno. È sempre sorprendente vedere come l'essere umano fa fronte alle necessità quotidiane, con ingegno e intelligenza, sopperendo ad esse senza le attrezzature sofisticate alle quali noi siamo abituati. Con questi propositi iniziamo a prendere sentierini e stradine che passano tra risaie verdisime, piccole abitazioni di campagna, case galleggianti, barche, ecc. Ritagliamo, con la macchina fotografica,
attimi di attività quotidiana. La contadina che cura il suo orticello come fosse un gioiello; l'acqua dal rubinetto probabilmente non arriva, ma è abbilissima a innaffiare con due maxi innafiatoi tenuti con un’ asse sulla spalla. Ancora tra le risaie ci sorprende la “siesta” del bracciante in groppa al suo  bue; e di questi ne vogliamo parlare? i buoi hanno preso lo stagno per la loro “spa”; si crogiolano in acqua appena possono, beati, al fresco. Poi c'è tutta l'attività dei pescatori; a proposito, non avrei mai immaginato una attività di allevamento
ittico così fiorente, questi vietnamiti ne sanno una più del diavolo. É curioso vedere le loro imbarcazioni tipiche, veri e proprio gusci di noce che solcano il mare, addirittura ne usano una completamente tonda, tipo mezzo guscio di noce di cocco, costruita con un intreccio di foglie, fermate e isolate con della resina. Vedere e scoprire queste cose non ha prezzo. Finalmente giungiamo al mare. Ci impossessiamo di ombrellone e sdraio, a gratis, basta consumare qualsiasi cosa e sono tuoi tutto il giorno. Alcuni gestori, invece, fanno pagare la cifra astronomica di 50.000 Dong ( 2 Euro😜 ).
Temperatura calda, ma una brezzolina che arriva dal mare la stempera, risultato, si sta da Dio. Trascorriamo quì il resto della mattina e anche il pomeriggio, pranzo compreso. Ormai la “signora degli sdrai” ci ha preso in simpatia e ci offre, dopo pranzo, piattoni di frutta, una bontà. Già, ma poi ci ricordiamo che questa non è proprio una vacanza, ma un viaggio e vi assicuro che la differenza è sostanziale. Dobbiamo preparare bagagli, organizzare per la trasferta di domani, ritirare biglietti, ecc. Perciò dopo il riposino pomeridiano, al sole come una lucertola, riprendiamo la via di “casa”. Si fa sera inoltrata, e, udite udite, decidiamo di andare a mangiare una pizza. Abbiamo assaggiato una pizza in tutte le nazioni visitate, il Vietnam ci mancava. Allora, pasta lievitata bene, aspetto ottimo, sapore quasi. Purtroppo per loro, non hanno capperi e nemmeno le acciughe, o meglio, le acciughe pare costino una cifra spropositata, nonostante loro le peschino, booo! valli a capire. Così concludiamo la giornata, domani si riparte, buonanotte.


10 aprile 2019. Da Hoi Han in visita a Danang

Lasciamo la bicicletta per oggi e noleggiamo uno scooter (costo 140.000 dong= euro 5,40) per andare a vedere la città di Danang che dista circa 20 Km da qui. A dire il vero Danang era il compromesso ad Hoi Han per un eventuale alloggio di qualche giorno. Nella nostra pianificazione domestica avevamo il dubbio su quale scegliere tra le due. La scelta poi è stata dettata da diversi fattori nonché la possibilità, comunque, di poter vedere anche Danang. Questa mega città è famosa soprattutto per una attrazione archittettonica moderna che si chiama Cau Vang ovvero Golden Bridge, il ponte sorretto da due grandi mani. Sembra molto bello dalle fotografie sul web. Sta nelle colline di Ba Na a circa 40 minuti di auto da Danang. È lungo 150 metri e sta a 1400 metri di altitudine. Il Golden Bridge si raggiunge grazie ad una funivia lunga 577 metri. Il costo non è modico, con tour organizzato, circa 40 euro a testa ma alla fine comprende tutto il tragitto dal tuo hotel, andata e ritorno, con pranzo incluso. Originariamente volevamo vederlo; per due giorni abbiamo discusso se andare o no ma dopo aver letto tanto abbiamo optato per il no. Si tratta di un parco turistico a tema dove all'interno è, chiaramente, tutto artificiale, una specie di Disneyland sui generis. Spesso c'è molta nebbia, cosa che ne impedisce una buona visuale ed è un tour che ti porta via un'intera giornata. Questo ci avrebbe comportato non vedere altro di Danang e, credeteci, sarebbe stato un errore madornale. Danang è bellissima. Incredibile veramente incredibile quanto sia bella e servita da ogni cosa questa meravigliosa metropoli. Ha diversi luoghi di attrazione molto interessanti e, nonostante palazzi e qualche grattacielo, le ampie strade la rendono vivibile e aperta, non soffocante. Poi c'è lui, il gran signore da noi adorato dopo il sole: il mare. Ma andiamo con ordine.
Nel tragitto tra le due città, Hoi An e Danang appunto, c'è la famosa “Marble Mountain” (montagna di marmo) conosciuta anche come Water Mountain. Ai suoi piedi artisti del marmo, sculture meravigliose e negozi di vendita di esse. Il marmo usato non è quello della montagna sovrastante (che é un misto di marmo e vegetazione rigogliosissima) ma proviene dalla vicina Cina, per preservare quello del sito ovviamente. Parcheggiare non è facile perché moltissime donne del posto vi diranno che dovete pagare e non potete parcheggiare se non dove vi dicono loro: è una bufala! Lasciatele perdere e parcheggiate dove volete, stando attenti ai parcheggi riservati a bus e taxi. Una volta trovato sistemazione per lo scooter, andiamo a fare i biglietti; ci sono due modi per salire i primi 40 metri di dislivello: gradini o ascensore. Noi optiamo per il secondo che é anche panoramico.
Vi suggeriamo di fare così perché comunque gradini e gradoni ne farete tanti dopo. Costo: biglietto per ingresso al sito, 40.000 dong a testa; ascensore 15.000 a testa per la sola salita; tot. 55. 000 a testa (2 euro). Arrivati su, la prima cosa che salta all'occhio è il panorama: di fronte a noi due montagne, di cui una a forma conica, una specie di panettone, che sovrastano il paesino del marmo. Alle nostre spalle si erge un tempio, una pagoda a torre, a più piani, ottagonale, tipica delle religioni tao/buddiste. Andiamo a vederla e sinceramente non è un granché, tanto che pensiamo ad una bella fregatura. Camminiamo oltre e capiamo che c'è dell'altro dalla marea di turisti che vanno e vengono e, soprattutto, dalle indicazioni sui supporti di legno. Meglio ancora, vediamo un cartellone con la mappa dell'intera area: è molto vasta, piena di punti d'interesse. Iniziamo ad esplorare i vari punti. Per arrivare ad ognuno di essi, gradoni di marmo, grotte passanti, anfratti e grotticine che portano a bellissime pagode colorate, templi con Budda o altre divinità taoiste e punti panoramici mozzafiato sulla città di Danang e la sua interminabile spiaggia. L'intera montagna è di marmo coperto da
una lussureggiante vegetazione che, nonostante ci dia sollievo con passaggi all'ombra, fa sentire la sua umidità. Siamo fradici, c'è molto caldo ma soprattutto umido. Le meraviglie intorno sono tante; uno degli ultimi templi che vediamo è praticamente incastonato in un'ampia grotta, con accesso in una sorta di portone ad arco, in muratura. Dopo due ore passate ad ammirare queste bellezze scendiamo. Il tempo passa, il caldo aumenta e Da Nang con il suo mare ci aspettano a qualche km da qui. Tornati giù, inforchiamo il motorino con sella infuocata e fuggiamo verso la spiaggia. Durante il percorso per arrivare ad essa, entriamo in città: alberghi, case e casone, strade larghissime e pulite e spazi verdi. È una città moderna ma ha il fascino delle città asiatiche dove, nonostante la marea di gente, si respira tranquillità, no stress.
Da Nang (o Danang) è anche la città dai ponti strani che attraversiamo: uno per tutti è a forma di drago; un altro è a strallo con cavi colorati arancioni e così via. Raggiungiamo la costa: Maremma maiala, è bellissima! È la “My Khe Beach”, una delle spiagge più belle al mondo (riconoscimento datole dalla rivista Forbes) che appartiene alla costa di Danang che è lunga 35 km, rendendo questa la città costiera più bella del Vietnam. Tutto il lungo mare è servito da caffetterie, ristorantini e soprattutto la spiaggia; una meravigliosa spiaggia lunghissima e abbastanza larga da non far trovare gli astanti gli uni sugli altri. Sinceramente abbiamo visto tante spiagge cittadine famose, compreso quelle blasonate messicane e americane, ma questa è davvero la migliore.
La sua bellezza non è solo l'ampia e lunga spiaggia pulitissima e piena di palme che fanno da ombrelloni naturali ma l'acqua, pulita e della giusta temperatura, né calda né fredda. Insomma, se dovessimo tornare in questa costa, questo sarebbe uno dei luoghi di residenza. Stiamo un'oretta, tra tuffi e spiaggia, ad ammirare tutto questo. Sull'altro lato incombono hotel prestigiosi, palazzi e, in lontananza, i grattacieli ma l'ampia strada che separa questi edifici dal lungomare non fa sentire la loro presenza. A malincuore ci spostiamo, ma sono tante ancora le cose da vedere. Dapprima ci fermiamo in uno dei tantissimi caffè/bar/ristoranti per mangiare il panino tipico vietnamita, il Banh Mi (che vuol dire panino), farcito di carne o formaggio (tipo sottiletta), qualche volta anche pesce, verdure e salsine. Accompagnamo il tutto con la birra vietnamita “Larue”, che con la “Saigon” sono le birre locali che per ora conosciamo. È ora di dirigerci verso la “Son Tra Mountain” conosciuta anche come Monkey Mountain, parco nazionale a circa 690 metri sul
livello del mare, nella penisola omonima di Son Tra, appunto, a 9 km dalla spiaggia di My Khe e a 14 dal centro di Danang. Una bellissima statua, la più alta del Vietnam, sovrasta la collina, é la Lady Buddha di Danang. Questa statua si trova all'interno della pagoda di Linh Ung ed è alta 67 metri con un diametro di 35 m. Si appoggia sulla montagna di fronte al mare e guarda con occhi gentili verso il basso; in una mano tiene una bottiglia di acqua (santa) che sembra voler spargere, quale benedizione, sui pescatori sottostanti. La pagoda di Linh Ung, invece, è la pagoda più grande della città sia in dimensioni, circa 20 ettari, che di architettura. È di recente costruzione (inaugurata nel 2010) ed è un simbolo di sviluppo del buddismo vietnamita. Lo stile contemporaneo si combina con la tradizione delle pagode vietnamite; ha un tetto curvo a forma di drago e pilastri anch'essi circondati da draghi. Non continuo a descrivere perché non sono in grado ma è un'area quasi interminabile tra bellissime pagode e giardini curatissimi pieni di orchidee e, soprattutto, bonsai centenari, uno spettacolo. Il panorama è a 360°su tutta la città e il mare; i templi sono pazzeschi. Non sono sfarzosi e colorati come quelli tailandesi ma
hanno una sobria eleganza che li rende ancora più affascinanti. La loro forma è a torre con piani ottagonali, come sopra indicato per quelli della Marble Mountain, e sono molto alti e imponenti. L'architettura è palesemente nord asiatica, Cina soprattutto. I colori predominanti sono il grigio chiaro ed il bianco con qualche tocco di giallo. Sono taoisti, misto buddisti con qualche influenza induista. Troverete Buddha cinese (quello panciuto per intenderci), con i suoi discepoli; troverete dei e guerrieri pronti alla difesa delle divinità con le loro armature e le facce incazzate. Troverete la dea Kali dalle tante braccia, insomma un minestrone di credo religiosi influenzatisi vicendevolmente. Ma della bellezza degli interni, ne vogliamo parlare? Meglio qualche immagine.Tutte le sculture in legno, divinamente (è proprio il caso di dirlo) scolpite. Nonostante la
marea di gente e il pomeriggio che avanza, non vorremmo andare via; troppe cose da guardare intorno a noi, gli occhi non ci bastano. Scendiamo di nuovo giù verso la grande Danang e da qui riprendiamo la via di “casa”. Poco dopo essere scesi, però, vediamo un altro Tempio tipico Chinese. Entriamo? Non entriamo? Basta con i templi? No; entriamo. Fortunatamente è piccolo😂. Qualche foto, perché merita anch'esso, e si rientra fiancheggiando la costa. Sono le 17.00 circa e il cielo si annuvola; sembra pronto a bagnarci, invece riusciamo ad arrivare in albergo tanto asciutti quanto stanchi. Doccia rifocillante, caffè e poi “aperibirra” e patatine, comprate in un negozietto vicino all'hotel dove ho pure ritrovato il sapone Camay che non vedevo da quando ero bambina. Sistematina, lavaggio costume e altro, scarica foto su Hard disk e si esce per cena, ore 20.30. Torniamo al ristorantino del primo giorno e il titolare e le cameriere ci riconoscono e ci salutano dicendo che sono felici di rivederci…. Aaa questi vietnamiti, sono unici.

8 Aprile 2019. Hoi An, mare e dintorni.


Stamattina ci svegliamo un pochino storditi, è presto, sono le 7.00. Si fa colazione nel giardino dell'albergo. Il clima è estivo ma non opprimente. Oggi non vorremmo fare un granché e quindi, inforcate le biciclette, andiamo nel centro storico: sono solo le 8.00 ed è già pieno di
gente. Le strade sono un pullulare di turisti col naso all'insù per vedere la bellezza delle lanterna di seta appese dappertutto. Hoi An ha una produzione tessile molto importante, soprattutto seta. Moltissimi vengono qui a farsi confezionare abiti su misura da sarti esperti e rinomati. Oltre alla seta, un altro loro orgoglio è la ceramica nonché la lavorazione delle pelli, di tutto un po’. Le influenze cinesi e giapponesi sono ben permeate in ogni cosa. Intorno alle 10.00 ci dirigiamo verso il mare. Pedaliamo tra la gente e i motori che non danno mai precedenza, usciamo dal centro e prendiamo la pista ciclabile.
Questa è un viavai di bici e scooter; fiancheggia, da un lato, una delle strade di collegamento tra le province vicine e, dall'altro, tante coltivazioni lussureggianti. Lo spettacolo offerto non è poco: risaie verdissime e buoi massicci cavalcati dagli allevatori con tanto di cappello a cono. Questi 5 km che separano la città dalla spiaggia offrono punti di osservazione notevoli. Non paghi di ciò, non andiamo dritti verso la spiaggia ma prendiamo una strada perpendicolare, una via traversa. Dapprima incontriamo un tempio, non citato nei blog, che secondo noi merita di essere visitato. È il To Dinh Van Duc.
Monaci dalla testa rasata si alternano ai “laici” devoti, anche questi con tanto di tonaca grigio topo. Il giardino del tempio è un'alternanza di statue e fiori; l'interno uno scintillio di colori accesi, il rosso predomina. Usciti da qui continuiamo a scoprire questa parte di Hoi An; praticamente si tratta di una zona limitrofa, una delle tante aree di periferia dove insistono le coltivazioni e gli allevamenti, compreso quello delle anatre. Gli occhi non bastano. Vediamo e passiamo tra laghetti con pescatori a caccia di prede, risaie verdissime, garzette (uccelli), buoi e allevatori, con tanto di persone che salutano con cordiale accoglienza. La passeggiata in bicicletta è stata proficua. Riprendiamo la strada principale e arriviamo al mare. Stesso iter di ieri ma oggi, con i costumi addosso, possiamo permetterci di prendere subito possesso dei lettini e ombrellone e farci un tuffo rinfrescante.
La spiaggia, così come il mare, è pulita ed è un piacere starci. Pranziamo nel baretto  in cui abbiamo pranzato ieri, gestito da una famiglia composta da figlio, sveglio e parlante inglese e genitori anziani. Si ordina ciò che si vuole dal menù che ti fanno avere e, una volta pronto, te lo servono in spiaggia, nel tavolino sotto il tuo ombrellone. Siccome si ricordano di noi, di ieri insomma, con i piatti da noi ordinati ci portano un piatto di frutta in omaggio, solo qui succedono queste cose. Stiamo al mare fino alle 16.00 poi torniamo in città; sempre più gente. Parcheggiato le bici vicino ad un tempio, chiuso, facciamo un pochino di ispezione per capire cosa visitare nei prossimi giorni. Comincia ad imbrunire e si accendono le lanterne, ore 17.30. Bello, bellissimo, affascinante. Ok, andiamo a farci la meritata doccia. In albergo sistemiamo alcune cose, tra cui programmi futuri e poi andiamo a cena nel secondo ristorante suggerito da Hanh, il Nahan's kitchen a cento metri da noi. Anche questo è rinomato e recensito benissimo. Io prendo un pesce in umido su foglia di banano, una prelibatezza, Gi una specie di caponata di melanzane, buonissima. Sono le 21.30 e siamo esausti, si rientra. Blog, prenotazioni varie, decisioni da prendere per le tappe future e buonanotte al secchio🤣. Domani prevediamo una levataccia per vedere la città senza il.caos dei turisti in giro. Notteee

9 Aprile 2019, Hoi An, tour storico.

Stamattina sveglia presto per poter visitare i siti storici della città antica. Vorremmo approfittare della scarsa presenza di turisti mattinieri. Le attrazioni turistiche sono 22 ma si possono visitare
soltanto con un biglietto cumulativo che vale 5 ticket; ogni volta che visiterete una delle attrazioni, tra le 22 elencate, vi verrà trattenuto un ticket. Ci sono pochi posti dove fare il biglietto cumulativo, che costa 120.000 dong a persona (euro 4.60) e aprono i battenti alle 9.00, quindi, qualora voleste visitare i siti nella prima mattina, vi suggeriamo di comprarli la sera prima, non hanno un tempo di scadenza. Con i biglietti vi si consegnerà una mappa dei siti. Noi ci
siamo fatti dare dei suggerimenti su quali visitare, dall'addetto al rilascio ticket.  Sono le 8.00 ma, nonostante non sia caotico come la sera, c'è gia tanto movimento. I siti scelti sono: Quam Am Pagoda, Quang Cong Temple(che praticamente sono adiacenti, vale un ingresso), Phuc Kien Assembly Hall, Old House of Tan Ky, Tran Family's Chapel e la Hoi An Traditional Art Performance House. Non abbiamo fatto il Ponte giapponese perché già visto la mattina del nostro arrivo. I primi 4
siti citati sopra sono degli edifici molto antichi con grande importanza storica e religiosa ma nella nostra ignoranza sono soprattutto delle belle e sfarzose forme di devozione agli dei, con influenze cinesi e giapponesi e un'architettura loro tipica. Da fuori, a dire il vero, sono anche bruttini ma gli interni ripagano da questo primo impatto. Sono quasi tutti edifici con commistione dei  tre stili: vietnamita, cinese, giapponese; predominante quello cinese. Alcuni di essi, come ad esempio il primo che ho indicato, sono pagode buddiste in stile cinese in cui si venerano gli dei o le dee se non della misericordia, del mare oppure la regina del cielo e chi più ne ha più ne metta. L'influenza forte del Taoismo si fa vedere. Altri siti, quelli chiamati Assembly Hall,  come da significato, sono ex templi adibiti a grandi sale conviviali, sia per motivi semplicemente relazionali ma anche professionali. La Tran Family's Chapel è, invece, la costruzione di stili diversi di una cappella di famiglia commissionata da Tran Tu che ascese al rango
di mandarino e divenne ambasciatore della Cina. Una ragazza vi spiegherà tutto gratuitamente, in lingua inglese. Molto significativa dal punto di vista architettonico per la convivenza dei diversi stili con le loro particolarità. Per concludere abbiamo visitato la Traditional Art Performance House, dove non solo ci sono degli artigiani che creano e decorano maschere di carta pesta, ma, tre volte al giorno (10.15-15.15-16.15), si può assistere ad uno spettacolo, della durata di mezz'ora, di danze e musica vietnamita, è tutto compreso nel ticket d'ingresso (sempre della serie dei cinque). La cosa è molto carina ma
in alcuni casi divertente, soprattutto quando due ballerini danzano sulle note del Danubio Blu; Carla Fracci, se fosse morta (siamo sicuri che non lo sia già?) si rivolterebbe nel sarcofago, la Abbagnato morirebbe con il cigno e la più poverina Celentano, ad Amici......oi oi😂😂😂.  Vabbè, ci hanno consolato i bravi musicisti con strumenti stranissimi e tre bellissime danzatrici, anche se mi è venuto un malore a sentire l'inno nazionale francese; anche qui la Francia ha avuto grande importanza dando un'impronta elegante e chic in tutto il paese; diamo a Cesare quel che è di Cesare...ma a me i francesi stanno indigesti. La mattinata è volata così. Non abbiamo voglia di fare i 5 km che ci separano dalla spiaggia e quindi andiamo a mangiare vicino al nostro hotel e poi a farci un tuffo in piscina. Il pomeriggio, invece,  lo trascorriamo a decidere e cercare le mete verso le quali volare una volta andati via dal Vietnam. La prima intenzione, originariamente, era quella di tornare a casa per qualche settimana prima di volare, finalmente, da Isa, negli Stati Uniti. Ora però, per tantissimi motivi, le cose cambieranno...seguiteci😉

07 Aprile 2019, Hoi An la città delle lanterne.


Ore 6.00. Storditi e fusi ,appena scesi dal bus, veniamo circondati dai
taxi. Molti dei nostri compagni di viaggio prendono un altro bus che li porterà al centro perché da qui è abbastanza distante. Per noi è diverso perché abbiamo prenotato un alberghetto a due km dal centro città e dista "solo" 4 km da questa fermata del bus. Prendiamo un taxi, ufficiale con tassametro. Costo del breve tragitto 52.000 dong, 2 euro. Siamo nell' albergo ma non c'è nessuno. Chiamiamo e appare una Signora molto gentile che però parla solo vietnamita. Contatta qualcuno per telefono e ce lo passa. Una voce femminile ci dice che la camera non è pronta, ma questo lo sapevamo, e che il check-in è alle 14.00, sapevamo anche questo. Noi vogliamo soltanto lasciare i bagagli per poterci svegliare meglio da qualche parte, magari con un litro di caffè. Ok, ovviamente si può fare. Siccome
questo albergo è dotato di bici gratuite, inforchiamo due bici e pedaliamo verso il centro, la città antica.  Dopo pochi minuti  siamo immersi in un'atmosfera surreale. Nonostante siano le 7.00 del mattino, ci sono tanti turisti in giro, compresi asiatici, tra cui una coppia di sposini con tanto di bellissimi abiti, fotografo, parenti e amici. I negozi sono ancora chiusi e le caffetteria stanno aprendo i battenti. Ci sono lanterne appese in ogni dove e le stradine ne sono piene. Andiamo verso il fiume Thu Bon, attraversiamo il ponte e poi ci fermiamo per un caffè.  Non ci sentiamo stanchi stranamente. Rifocillati da caffè e dolce, che avevamo fortunatamente comprato ieri prima di partire, ci tuffiamo tra i meandri del paese. Strade, stradine, verde, fiori, orchidee e lanterne, molto romantico, fiabesco e pittoresco.
Giriamo un po e ci ritroviamo proprio sul "Ponte giapponese" il piccolo ponte coperto,  simbolo della città. Il nome originale è Lai Vien Kieu,  e al suo interno c'è un piccolo tempietto. Sovrasta il fiume Thu Bon attraverso cui la città si sviluppava con il commercio fluviale. Questo ponte collegava la parte riservata ai commercianti giapponesi da quella riservata ai cinesi. Questi ultimi però, pian piano, spodestarono i primi nel commercio con le aree limitrofe mantenendo, comunque, rapporti di civile convivenza con essi. La fortuna vuole che a quest'ora il passaggio e il piccolo tempietto siano aperti e gratuiti; di solito per entrare al tempietto si deve avere un biglietto. Sono le 10.00 ci viene l'ispirazione: andiamo al mare. Si,
Hoi An è sul mare della Cina ed è una località rinomata anche per la sua bella spiaggia, la spiaggia di Cua Dai. Pedaliamo per circa 10 minuti, la spiaggia dista 5 km. Arrivati, c'è un ingresso principale in cui si paga per il posteggio bici ed in cui vanno quasi tutti i turisti. Noi prendiamo la via traversa; a poche centinaia di metri, sulla parte sinistra dell'ingresso di cui prima, c'è un ingresso libero con tanto di baretti che, oltre a fare ristorazione e bar, offrono, compreso nella consumazione, lettini e ombrellone; qualora tu volessi solo questi ultimi, pagheresti 60.000 dong (2 euro e 30 centesimi) -  due lettini e ombrellone, grande grande, tutto il giorno. Non avevamo previsto di andare al mare e quindi non abbiamo né teli né costumi da bagno. Intorno ci sono poche persone, qualche turista sotto l'ombrellone.
Cosa facciamo, ce ne proviamo di un bagno dopo una notte insonne e senza una rinfrescata? Tolti pantaloni e maglietta, in mutande, nel mio caso anche reggiseno, ci tuffiamo in acqua. Che bella sorpresa; oltre alla pulizia e alla bellezza della spiaggia (ci ha ricordato il nostro poetto di Cagliari quando è perfetto), ci accoglie la limpidezza e la freschezza dell'acqua, magnifico. Stiamo un pochino così, in mutande, tra spiaggia e mare. Nel frattempo arrivano i turisti, non orde di turisti ma poche e giuste persone in total relax. Mezzogiorno, è ora di mangiare qualcosa. Ci arraffiamo i lettini con ombrellone, ordiniamo due bei piatti di Noodles al pomodoro e frutti di mare, innaffiamo il tutto con due birre grandi ghiacciate e chi sta meglio di noi? Costo di tutto ciò? 180.000 dong, 7 euro. Non manca la pennichella pomeridiana poi, alle 14.30 circa, togliamo gli ormeggi. Dritti dritti alla doccia dell'hotel. Doccia, caffè, lavaggio roba e pianificazione tappe ulteriori. Si fanno le 18.30, basta, usciamo. Sistemiamo la prenotazione in sospeso di questo hotel, perché fin'ora non avevamo visto nessuno se non la signora di cui sopra. Finalmente conosciamo la proprietaria o meglio la ragazza che gestisce tutto, che è anche l'unica a saper parlare inglese. Si chiama Hanh è gentilissima e ci da tante informazioni utili. Questo albergo si chiama Hanh Nhung Villa ed è a conduzione familiare; ci sono circa dieci stanze, una piscina pulitissima e un bel giardino, con tanto di orchidee, nel quale si fa la colazione (compresa nel prezzo di 15 euro a notte per la camera matrimoniale). La camera è enorme, il bagno pure; è tutto pulito. Davvero un ambiente confortevole. Fatto e detto tutto ad Hanh, si va a cena in un ristorante da lei suggeritoci: Tuan café and Restaurant, ottimo. Ambiente spartano, pochi turisti occidentali, simpatiche le due cameriere, gentilezza e cortesia. Io prendo un piatto tipico di Hoi An, il Cao lao, una specie di zuppa "asciutta" di noodles, carne, germogli di soia ed erbe aromatiche tra cui la menta selvatica e Gigi, non mi ricordo il nome del piatto di riso con tante cose buone dentro. Finito di cenare andiamo a prendere le bici in hotel e raggiungiamo il centro: una favola.
Ci accoglie un'atmosfera fiabesca; luci dappertutto. Le lanterne sono accese in ogni dove, compreso le acque del lago, dove barchette romantiche ti portano a fare un giro di 20 minuti. Tantissima gente in giro. Parcheggiamo le bici e proseguiamo a piedi tra folla e luci. Il mercato notturno dei souvenir è pieno di gente. Musica, sorrisi e felicità, ecco cosa si respira. Alle 22.00, improvvisamente, si spengono le luci, ecco qua; puntuali, dalle 22.00 inizia lo spegnimento e la chiusura dei negozi e tutto si trasforma.
È notte. Il silenzio comincia a prendere il sopravvento. Rimane il vociare dei turisti e il rumore delle serrande che si abbassano.
Atmosfera surreale. Rimane accesa qualche lucina sul fiume e la gente comincia a sgomberare le vie del centro. Anche il clima è meraviglioso, si sta benissimo. Riprendiamo le bici per rientrare  in albergo. Percorriamo i 2 km che ci separano dalla metà, tra le luci dei lampioni che ci fanno strada, qualche scooter e bici ad incrociarci, mentre il silenzio della città, poco prima caotica, fa presagire un meritato riposo di una notte d'estate. Giornata memorabile.

06 Aprile 2019, Da Lat tra piazza e fiori; trasferimento per Hoi An, sleepping bus


Questa giornata la dedichiamo alla città vista di giorno. Ripercorriamo le strade viste la sera prima e ancora una volta ci diciamo che questa è la più bella cittadina che abbiamo visto finora.
Oltre lo stile coloniale che la contraddistingue, la sua bella gente fa la differenza. Il lago è magnifico, i fiori sono dappertutto. Fotografare è un dovere. Noi, nel frattempo, ci prepariamo per  una trasferta un pochino particolare: viaggeremo di notte in bus. La distanza da percorrere per raggiungere la nostra prossima meta, HOI AN, la città delle lanterne e degli innamorati, è più di 600 km e la stima delle ore di percorrenza è di circa 14. Unica opzione è quella di viaggiare di
notte. Prenotato il bus dall'hotel, visto che i prezzi erano praticamente uguali nelle due uniche agenzie che abbiamo trovato, prevediamo di partire alle 17.00; costo totale per due, 700.000 dong, 26 euro. Salutata la bella Da Lat, alle 17.00 puntualmente si parte. Si fa un breve tragitto in minivan, ci fanno scendere dopo qualche km. Dopo circa mezz'ora, intorno alle 18.00 ci "imbarchiamo" sullo sleepping bus: una ciofega. A differenza della compagnia Futa e della compagnia  Thanh Buoi, che erano ottime, questa fa schifo. I sedili letto sono invecchiati  e malandati. Le copertine neanche cambiate,
praticamente sono scesi i nostri predecessori e saliti noi senza riordinare e pulire. Non ti offrono l' acqua, come le altre compagnie già citate e gli autisti sono caciaroni che si fermano ogni tot per caricare o scaricare scatoloni stipati nel porta bagagli. Insomma pessima compagnia e pessimo viaggio. Pausa per cena in un ristorantino (dove fortunatamente fanno anche panini) e poi stop alle pause fino alle 6.00, tranne per gli autisti e le loro esigenze. Io mi sono ritrovata, all'una di notte, ad approfittare di una loro pausa sigaretta, per fare pipì in uno spiazzo tra camion 😤 ma già gli scoppia la vescica prima o poi🤣🤣. La strada poi, inizialmente
abbastanza tortuosa, ti sbatteva a destra e a manca e per noi due, che abbiamo dormito al piano di sopra (sono come letti a castello), si
sentiva tutta. Per aggiungere la ciliegina sulla torta, l'aria condizionata non funzionava bene o meglio non si poteva né regolare né chiudere, insomma un supplizio. Storditi dal sonno ci siamo assopiti ma è stata dura. Finalmente alle 6.00 puntuali come un orologio svizzero, arriviamo a destinazione, siamo salvi.