"quando avremo ottanta anni, avremo probabilmente imparato tutto dalla vita .
Il problema sarà ricordarlo"
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8 Gennaio 2019. Da Kyaiktyo a Yangon

Siamo pronti per il nuovo trasferimento, da Kyaiktyo a Yangon.
Per i primi 8 Km dal resort alla stazione locale, ci accompagna sotto una pioggia battente un apecar taxi (8000 Kyiat, 5 euro circa).
Arrivati, cerchiamo la biglietteria e mentre ci icamminiamo incappiamo in questo tizio che ci comincia a descrivere i vari biglietti e tariffe con un inglese improponibile e, quando gli dici che non hai capito, non si sforza di cercare di pronunciare meglio ma ripete perennemente la stessa frase. La conclusione è che per farci capire dobbiamo scrivere. Si prevede una durata di viaggio di 5 ore circa e farlo su dei sedili in legno della classe “economica” detta Odinary Class è dura. Decidiamo che biglietto acquistare, prima classe (2400 Kiat a testa, 1,50 euro contro i 0,90 centesimi dell’Ordinary).
Sono le nove e mezzo del mattino, il treno parte alle 12:30. Dobbiamo aspettare, perciò curiosiamo nella “stazione”. Immaginate una “lolla” (loggiato), un televisore tutto sgangherato che trasmette una telenovela locale, una platea di una ventina di persone, più donne che uomini, con il naso all'insù, incantati. C’è il banchetto del “fast-food”, una tizia con due bacinella e quattro ciotole, rigorosamente di plastica, che con una leggiadria da meccanico, usando le mani, che prima hanno toccato i soldi poi i piedi e il cane, confeziona spuntini “prelibati”.  
A proposito, abbiamo capito dopo chi era il tizio dei biglietti, il CAPOSTAZIONE.
Ufficio Capostazione
Scendiamo una decina di gradini verso i binari, è meraviglioso, forse sconvolgente, non so.
In mezzo ai binari, cani (onnipresenti), bambini, qualcuno che mangia, insomma una babele.
Anche quì due bancarelle di “fast-food”, stessa tecnica di sopra, anzi, con una particolarità, i piatti in ceramica, lavati con due secchi di acqua piovana, una delle quali è un occasionale abbeveratoio del cane. Ma siamo in Myamar.
Non vorrei dilungarmi molto nel descrivere questa “stazione”, però un'altra descrizione è doveroso farla: i gabinetti. Una baracca con tre porte, con sopra scritto: ห้องน้ำ (??toilette??).
Robi essendo una “frequentatrice” di questi locali, va in bagno ogni 10 minuti 🤣😂🤣😂, non  poteva farsi mancare questo per poterlo aggiungere alla sua classifica personale. Mi racconta di un esperienza da infezione al solo respiro; due pietre scivolose che affiancano il buco della fossa settica ,‘su comuru’, per i sardi, con un emanazione di profumi nauseabondi (fragu de merda = odore di feci). Fu così che per quella mattina smise di andare in “toilette”.
Sono le 13:00, arriva il treno già con mezz'ora di ritardo, la nostra carrozza è l'ultima, qui la
prima classe è l'ultimo vagone. Non posso raccontarvi il confort di questo vagone, aria condizionata con ventilatori appesi al soffitto, i vetri ai finestrini non esistono, però ci sono le tendine in vellutino. Della pulizia non ne parliamo, sorvoliamo. Le poltrone sono ampie e lo spazio per i piedi è tantissimo. Ogni sempre arrivano “Hostess” e “Stewards” a proporre ogni sorta di alimento. Sono persone locali, che salgono in treno e probabilmente scendono alla stazione successiva, che vendono cibi o altro confezionato da loro. Ognuno a il suo modo; arrivano con la cantilena del prodotto che

hanno da vendere, tipo “cocco bello cocco fresco”, fanno retromarcia, perché il nostro è l'ultimo vagone, e spariscono. Il viaggio è lungo, il treno lentissimo, questo procedere a rilento ci fa vedere in maniera inequivocabile quanto ancora ci sia da fare per rendere questo paese fruibile da un turismo “normale”. Vediamo tratti di paesaggio meravigliosi alternati a discariche a cielo aperto. A tratti c’è più immondizia che al paesaggio, la plastica dilaga ovunque. Con Robi abbiamo discusso molto su questo aspetto, vedere esseri umani che hanno accettato di vivere in mezzo ai propri rifiuti senza preoccuparsene affatto è sconvolgente. Stagni, fiumi, laghetti, pieni di ogni tipo di rifiuto e questi che ci pescano, non riusciamo a capirlo. È un vero peccato, avrebbero una potenzialità turistica mostruosa ma producono e vivono nei rifiuti. Mi ricorda un isola della quale sono nativo e alle politiche industriali Sarde, ma questo è un altro argomento.
A Robi squilla un campanello interno: vuoi che non provi la “toilette” del vagone di prima classe? ma ce ne vogliamo privare? manco per sogno. Stiamo migliorando, qui puzza non ce n'è, il buco va direttamente su i binari, evacuazione diretta e il gioco è fatto. Continua a piovere, a tratti con più intensità in altri quasi nulla.
Dopo 5 ore, tra l'ammirazione dei paesaggi il disprezzo per la spazzatura un pisolino e due risate giungiamo finalmente a Yangon, capitale del Myanmar.
Purtroppo piove, ci dicono che sono gli strascichi del tifone che ha colpito il sud della Thailandia poco dopo la nostra partenza. Il nostro hotel dista dalla stazione circa 3Km, abbiamo necessità di un mezzo che ci porti lì. I tassisti sono tanti, tutti che si propongono, ci accordiamo con un ragazzo per una cifra di 3500 Kyat = 2 euro circa, ci trasporti con il suo taxi; il traffico è tanto, sono le 18, è l'ora di punta. Ho qualche rimorso per aver tirato il prezzo della corsa. Siamo arrivati, prendiamo i bagagli e passo 5000 Kyat al tassista; voi dirette: ti sei dissanguato; no, è solo il prezzo che mi aveva chiesto inizialmente prima di contrattare, mi sembrava giusto.
Fortunatamente questo hotel che ci è costato la bellezza di 22 euro a  notte (compresa colazione) non rispecchia quanto abbiamo visto finora né quanto spesso vediamo in Italia per cifre ben più alte: bellissimo, pulitissimo, confortevole e con il personale di una gentilezza e professionalità disarmanti. Vedi tu.

6 Gennaio 2019. Da Hpa-an a Kyaiktiyo: The Golden Rock.



Stamattina sveglia alle 4.45 per ripartire?? No! Perché siamo vicino ad un tempio indù, qui c'è una gran presenza di induisti, che dalle 4.30 alle 6.00 e di pomeriggio la stesa cosa (ieri quando siamo arrivati era così) emettono dagli altoparlanti questo canto, questa lagna, questo lamento, questa preghiera (???), questo guaito di cane  che fa così: aiagnnnaagnnaaaalagnnnggaa; aiuagnagnagggnnnnaaa; gggejjjjjnnnaaagnaaaa;lailaretsgdhdh, con una melodia uguale ai lamenti del mal di pancia, avete presente?? Fisso, costante, ti penetra nel cervello che rimpiangi i cori sgangherati che spesso senti in chiesa. Vabbè pazienza, preghiamo. Colazione e via, si cerca la stazione dei bus per ripartire per altro lido: Kyaiktiyo. Tutti i bus sono al completo, chiediamo e giriamo per una mezz'oretta ma non ci arrendiamo. Il taxi ci chiede una cifra esorbitante, relativamente a quanto si spende con gli altri mezzi, ma lo teniamo in considerazione perché da qui vorremmo spostarci (sarebbero “solo” 35 euro per noi) . A me vengono un po’ i brividi al pensiero di tre ore, questo è il tempo di percorrenza previsto, con un nuovo autista sputacchione ma ci penseremo. Gigi ferma un bus chiede all'autista ma niente; un"altro ci propone di sederci al centro su piccoli sgabelli di plastica.
Quando i bus sono pieni chi vuole salire ha questa possibilità, sgabelli di plastica nel corridoio centrale, il prezzo non cambia e non importa se sei vecchio, incinta, donna anziana, chi ha il suo posto a sedere se lo tiene, la galanteria qui non esiste; diciamo che c'è “parità’????. Stiamo per accettare il posto in sgabello, anche se tre ore sono tante, quando la fortuna, che spesso ci aiuta, ci viene in soccorso: troviamo posto in un  bus che stava dietro al primo (gli ultimi due posti liberi… Che culo!) Si va, ore 8.15. Durante il tragitto in cui io avevo una donna che era peggio di un bambino a fianco perché si muoveva in continuazione, incrociava le gambe e mi poggiava il piede nella gamba, fortunatamente coperta dai miei pantaloni più lerci dei suoi piedi, si susseguono rispettivamente: 1^ fermata: donna con una ciotola argentea per raccolta donazioni, uguale al rito in chiesa durante l’offertorio. Va avanti e indietro e guarda tutti, della serie “ e inza’, poni su dinai’(=per favore qualcosa per i poveri); 2^fermata in mezzo al nulla: il militare per controllo passaporto. Le preghiere le vogliamo dimenticare? Neanche per sogno, dai monitors a circuito chiuso veniva trasmessa in continuazione la loro celebrazione religiosa con il “sacerdote” che guaiva i soliti: gnainannnaggggaga, allahhnanagnanan, gannarggagbnna…. per un'ora.
Dopo, meno male, hanno trasmesso una bella telenovela Birmana (fantastica). Sul bus ogni postazione é dotata di bottiglietta d'acqua e di bustina di plastica nera (la plastica dilaga ovunque)…. cosa vi viene in mente???? Esattamente, sputacchiera.
Arriviamo nei pressi di una stazione di rifornimento e ci scaricano. Si, l'assistente, lo Steward di bordo, ricordandosi esattamente dove dovevamo scendere, ci invita a farlo.
Niente paura perché c'è già un mezzo locale  che ci accompagnerà dove vogliamo. Il costo di tutto questo è stato di 10.000 Kyat per due (6 euro) il bus e 6000 Kyat l'ape taxi (euro 3.50).
Scarichiamo i bagagli nell'alloggio, bungalow meravigliosi ai piedi della Golden Rock, con uno staff di una gentilezza disarmante. Ci organizziamo e andiamo a visitare questo sacro tempio. Percorriamo a piedi circa cinquecento metri, fino alla stazione dei mezzi che portano sulla Golden Rock.
Sono dei camion cassonati dotati di sedili che riempono a “cravirura”(=tanto tanto) e cinture di sicurezza, abbiamo capito dopo il  perché (costo 2000 Kyat a testa). Percorrono a velocità improponibile, come matti, questa strada tutta curve in salita, verso la vetta (1.100 metri) in cui si trova la Pagoda. Se non pensi a quanto possa essere pericoloso diventa davvero divertente, sembra di stare sulle montagne russe, matti da legare questi autisti. Arrivati al capolinea, dopo circa 40 minuti, continuiamo a piedi in salita per altri 10 minuti.
Arriviamo a una prima postazione di controllo e ci fanno scalzare, non sono permesse neanche le calze. Gigi ha i bermuda e viene caldamente invitato (obbligato) a coprire le gambe fino alla caviglia. Non avendo di che coprirsi, gli porgono un Lungy e lo invitano a coprirsi; anzi lo vestono proprio. Il militare, una donna molto gentile, gli fa infilare questo cilindro di stoffa che si lega alla vita in un modo molto particolare. È bellissimo mio marito !! Percorriamo il primo tratto e veniamo fermati ad una seconda postazione di controllo ingresso per turisti, in cui, oltre che farti registrare, scrivendo nome e stato di provenienza, ti chiedono la tassa d'ingresso (10.000 Kyat a testa). Ok, ci siamo, continuiamo la camminata scalzi. Non sono luoghi puliti, non credo ne abbiano la giusta consapevolezza. Mentre ci avviciniamo alla Roccia siamo attornaiti da ogni genere di umanità. Turisti, devoti, monaci e monache provenienti da altri luoghi, portantini di lettiga per le persone in difficoltà motoria o per qualche “pigro”giapponese, portatori di qualunque cosa compreso bagagli per gli ospiti degli hotel circostanti. Ci lascia un po sbigottiti la devozione di quanti bivacchino (famiglie intere) intorno a questo tempio. Persone che dormono in terra e bambini meravigliosi che giocano tra loro. Suggestivo spaccato di umanità.
Arriviamo in cima, il panorama è davvero molto bello siamo sulla sommità del monte Kyaiktiyo; verde dappertutto. Poi la roccia d'oro.
È un masso ricoperto di foglie d'oro che vengono attaccate ad esso dai pellegrini che vi arrivano. Per i buddisti è uno dei tre luoghi sacri da visitare nella vita, un po’ come la mecca per i musulmani. Secondo la leggenda questa roccia si trova in un precario equilibrio su una ciocca di capelli di Buddha. Le donne non possono avvicinarsi ad esso, è vietato per noi salire alla sommità dove si trova la roccia che praticamente è a 10 metri dalla passerella per accedervi.
Foto di rito, gente, gente, gente, soprattutto asiatici. A Ggi si slega il Lungy e nel tentativo di legarlo fa ridere alcuni locali. Meglio un nodo normale. Si rientra. Ultima corsa ore 18.00. Il mezzo, che ora è in discesa, va più cauto. Bellissima giornata.