"quando avremo ottanta anni, avremo probabilmente imparato tutto dalla vita .
Il problema sarà ricordarlo"

19 Gennaio 2019. Mingun (Mandalay)

Mingun è la terza delle 4 ex capitali che si alternarono con Mandalay alla guida del paese. La visitiamo oggi e sarà l'ultima di sto giro. Non andremo ad Inwa, l'ultima, per diversi motivi.
Mingun si trova sulla sponda opposta del fiume Irrawaddy a circa 10 Km da Mandalay.
Per arrivarci si deve andare al molo e prendere l'unico battello giornaliero che c’è. Il battello parte alle 9.00 per rientrare alle 13.00 e stop, non c'è ne sono altri. Costo del viaggio a/r é di 5000 Kyat a testa e l'ingresso a Mingun altri 5000 Kyat a testa. Il molo si raggiunge percorrendo la 26^ strada fino al fiume, appunto. Arrivati alle 10.00 circa a Mingun, iniziamo la visita alle tre attrazioni principali, consigliate da tutti i viaggiatori: la Hsinbyume Paya (Mya Thein Tan Pagoda); Mingun Bell; Mingun Paya.
La prima, la più distante dal molo (e vi suggeriamo di andare a piedi nonostante il famoso Taxi Bue, folkloristico ma lentissimo), dista circa  settecento metri da esso. È una Pagoda totalmente bianca composta da cerchi concentrici e rappresenta e richiama una mitologica montagna buddista, il Monte Meru. Molto intrigante e scenografica per foto di rito ma niente di rilevante al suo interno. La seconda meta è la Mingun bell, una grossa campana di bronzo, dicono sia la più pesante del  mondo. Era anche la più grande fino allo spodestamento da parte di altre campane,
una cinese l'altra russa. Ultimo storico edificio è il Mingun Paya, Pagoda iniziata  nel 1790 per essere la più grande della Birmania ma  incompiuta per diversi motivi (vedasi Wikipedia). Due grandi terremoti poi, nella prima metà del XIX secolo, contribuirono al suo decadimento. Un ammasso di mattoncini spaccato dalle forze della natura. Tornando verso il molo per il rientro, possiamo finalmente godere dello spettacolo della quotidianità. Molti dei locali si riversano nel fiume per lavare i panni, che vengono rigorosamente stesi a terra e per la loro igiene personale,  rigorosamente vestiti con il Lungy, mai nudi; non mancano i bambini che pescano e giocano in acqua. Rientriamo. Mandalay pomeridiana ci accoglie. Traffico, altoparlanti, gente, energia. A domani per l'ultimo giorno qui.

18 Gennaio 2019. Sagaing (Mandalay)

Oggi si va a Sagaing, una delle città che furono capitali storiche della Birmania .
Come ho accennato ieri, insieme alle altre 4 si alternarono alla guida del Paese per ben quattro secoli fino alla dominazione inglese.
Vedendola dal fiume Irrawaddy, al nostro arrivo a Mandalay, eravamo rimasti sconvolti: un'immensa collina di Pagode dorate, Templi binchissimi e oro, dappertutto. Dista circa 20 Km a sud-ovest da Mandalay e quindi si va di scooter, qui non elettrico. La raggiungiamo abbastanza facilmente nonostante il traffico. Come sempre, si esce la mattina per rientrare esausti ma appagati la sera. Percorriamo vie interne. Passiamo in una strada lunghissima dedicata al marmo. Marmisti nei loro laboratori che creano opere bellissime, spesso religiose. Nonostante usino la smerigliatrice, la cosa assurda è che nessuno usa protezioni. Tutti senza occhiali, mascherina o guanti. Uno dei tanti era completamente bianco e la polvere continuava a coprirgli la faccia tanto che stava lavorando ad occhi quasi chiusi: avete presente la farina in faccia? così. Nessuna preoccupazione poi per i passanti: respiriamo marmo a pieni polmoni (c..!#**!!# u!!).
Arrivo a Sagaing. Qui è tutto improntato alla spiritualità, alla religione e “non è paese per turisti” (sempre i f.lli Coen a supporto) perché non c'è una e dico una parola in altra lingua all'infuori del Birmano, cioè con caratteri ghirigorati, tipo arabo. Niente inglese. Monaci dappertutto. Gli abitanti, immersi anch'essi in questo mondo, ti invitano ad entrare in ogni tempio, in ogni sito religioso che, vi assicuro, sono troppi anche per la nostra curiosità. Dapprima saliamo su su una strada in cemento che ci porta ad un Tempio panoramico chiamato စေတီတော်သို့မဟုတ်ဗိမာန, in cui c'è un Buddha in bronzo e oro, anche questo unico nel suo genere perché li abbiamo sempre visti bianchi, tranne quello di Mandalay. Panorama sulla città, una marea di Pagode. Da quì riprendiamo lo scooter e raggiungiamo una scalinata che ci porterà al Soon U Ponya Shin Pagoda (il nome l'abbiamo dedotto dal GPS, perché all'ingresso era scritto più o meno ာ်သို့မဟုတ်ဗိမာ): 940 metri di scalini per un dislivello di 120 metri. Durante la salita si incontrano altre due Pagode. La collina sulla quale è eretta la Pagoda si chiama Sagaing Hill.
Molto panoramica, moooolto in alto. Guardiamo intorno a 360º e ci viene il malessere per quanti Templi ci sono intorno a noi. Notiamo una cupola arrotondata e dorata, una mezza sfera enorme. Che facciamo ce ne priviamo???Giammai. Si tratta del Sitagu International Buddhist Myssionary Accademy, che fu creata per propagare lo studio delle sacre scritture, la pratica buddista e la realizzazione della dottrina per sé stessi e per il mondo. A noi ha colpito soprattutto il suo aspetto architettonico con una miriade di intarsi e decorazioni. Dopo altri due templi, la nausea. Basta, alle 16.00 circa, esausti e pieni di Pagode fino alle orecchie decidiamo di chiudere qui la visita a Sagaing. Direzione Amarapura, altra ex capitale birmana, che sta nella riva opposta. Attraversato il ponte Yadanabon Bridge, composto da tre arcate metalliche, ci incuriosisce l'attività portuale in questa sponda del fiume. Attività frenetica, scarico e
carico a spalla di sacchi pieni di materiale, pensiamo cemento, ma poteva anche essere qualcos'altro, forse riso. Accatastamento di lunghi tronchi di legno che formano delle grandi zattere, carico e scarico di sabbia con grandi cesti, portati a spalla o sulla testa, tutti lavori rigorosamente fatti con infradito e Lungy, il gonnellone che usa l’80% della popolazione, qualunque cosa faccia.Lavori di muratura, agricoltura, in moto, in bici, sempre con la gonna lunga, uomini e donne. Molte le donne lavoratrici,
stessi carichi, stesso trattamento. Continuiamo verso Amarapura.Percorriamo le viuzze interne di collegamento tra le due città e incappiamo  nell'altra grande ricchezza di Mandalay e dintorni: la produzione tessile. Percorriamo una lunghissima stradina sterrata con tanto di laboratori tessili e di tintura. Appese ad asciugare al vento, su fili, tantissime  matasse di seta, senza rocca, ordinatamente distinte per colore. Uno spettacolo di colori brillanti: il rosa, il fuxia, l’azzurro, il turchese, il verde
smeraldo e il verde bottiglia, l'arancione, il giallo, il nero, insomma un mega arcobaleno in terra. Le persone ci sorridono e ci consentono di fotografare. Entriamo in uno dei laboratorio per vedere all'opera la tessitura fatta, in questo caso, da una giovane ragazza. Appagati dallo spettacolo, proseguiamo verso l'altra storica ex capitale: Amarapura. Qui ad Amapura, spesso, si viene a godere del tramonto. Da padrone la fa il ponte in legno di teak più vecchio e più lungo del mondo l’ U-Bein Bridge, 1200 metri di lunghezza sul lago Taungthaman, che collega la città ai villaggi di periferia. Una miriade di gente che va e viene su questo ponte di cui molti piloni e travi sono gli originali (del 1849!!). Travi distanti tra loro, nessuna protezione laterale, aiuto.
Non sembra vi siano ricorrenti opere di manutenzione ma sicuramente ci sono, forse (???). Aspettiamo il tramonto in questo posto suggestivo non tanto per il bel ponte quanto per la vita intorno ad esso: barche di pescatori, campi di girasoli, donne che coltivano appezzamenti di terra, bancarelle e ristorantini/baracca dove anche noi, nell'attesa del tramonto, consapevoli di tutti i rischi, ci facciamo convincere a bere una buona birra (l'ottima Myanmar beer) accompagnata da? patatine? noccioline? stuzzichini? No! pescetti fritti, pesci di questo lago!!! e tempura di verdure, che Dio o Buddha c'è la mandino buona.Dopo la meraviglia quotidiana ma mai banale del tramonto, si rientra, sono le 18.00 quando riprendiamo il sentiero di casa. In hotel dopo circa 50 minuti tra smog e traffico. Domani andremo in battello a Mingun, terza ex capitale storica. Seguiteci

17 Gennaio 2019. Mandalay, city tour.

Mandalay ai ai
Ci svegliamo tra preghiere e imbonitori che dai loro altoparlanti svegliano la città. Dalla finestra il caos di scooter e auto. Un via vai di gente e traffico. Ok decidiamo di tastare il terreno. iniziamo a seguire l'itinerario da noi programmato per visitarla.
A piedi percorriamo strade e stradine per vedere di cosa si tratta e ci dirigiamo ai siti in programma. E’ una grande città, la seconda dopo Yangon. Molto meno sporca ma altrettanto caotica. Molti meno gli sputatori seriali. La sua bellezza però sta nel fatto che ha molti punti panoramici e distanti dal centro più caotico. Dovete sapere che originariamente fu capitale del Myanmar per 24 anni (1861-1885) e ha intorno 4 città storiche che furono alternativamente capitali anch’esse per qualche secolo.
Ognuna di esse ha delle caratteristiche e in ognuna c’è qualcosa di speciale. Esse sono Amapurna, Inwa, Sagaing e Mingun. Non sto a dire altro perché oggi ci soffermeremo a Mandalay appunto. Prima tappa, Palazzo reale, costo del biglietto cumulativo, che ti consente di visitare le maggiori attrazioni della città, è di 10.000 Kyat.  Racchiuso all'interno di una piazza immensa è protetto da una cinta muraria lunga chilometri; mi raccomando, l'accesso è unico ed è solo sul versante est, sulla 66^ street!. Non è particolarmente affascinante ma merita per la grandiosità dell'opera stessa tutta in legno di teak con minuziosi intarsi a decoro.
Fu fatto costruire dal re Mindor nel 1861 e distrutto durante l’ultima guerra mondiale. Non rimase nulla, tranne le fondamenta e la cinta muraria.Il Palazzo reale che oggi si visita è stato ricostruito dalla Giunta militare. Venne ricostruito dai prigionieri ai lavori forzati ed è , quindi, il simbolo delle umiliazioni subite piuttosto che degli sfarzi che voleva rappresentare.
Quanto è brutta la guerra! All'interno ci sono piccoli e grandi edifici spogli, un museo molto interessante e piccolino e la tomba del re Mindor. Dopo circa un'ora abbondante di visita, proseguiamo a piedi in direzione Shwenan Daw Kyaung un un antico monastero costruito in legno di teak completamente intarsiati, bellissimo davvero. All'interno infatti c'è una scuola di sculture e intarsio sul legno, progetto universitario. Usciti da
qui continuiamo con le tappe più importanti, tra Pagode e Templi, alcuni più sfarzosi e interessanti di altri. Uno in particolare ci ha colpiti per una miriade di piccole pagodine bianche che racchiudono, una in ognuna, lastre di marmo sulle quali sono incise pagine delle sacre scritture buddiste (un'enciclopedia in pietra). Sono tantissime. Di qui altre due pagode nei paraggi e poi intraprendiamo la salita a gradini che conducono al famoso Mandalay Hill. Si tratta di una collina di 240 metri di altezza, al centro di Mandalay, sulla quale insistono svariate Pagode che incontreremo nella nostra ascesa. In una di esse una stranezza ci colpisce: un Buddha nero e oro, unico. Arrivati, sfiniti al top ci godiamo il panorama a 360º. Per chi non volesse scalarla a piedi, sappiate che si può raggiungere direttamente in auto.
L'ascesa a piedi dura circa un'ora, i gradini sono tantissimi. Per scendere percorriamo una scalinata parallela caratterizzata da Pagode in cui il Buddha è sempre in piedi (???). Rientriamo la sera stanchissimi e, come sempre, soddisfatti. Dopo una mega doccia troviamo un locale cinese specializzato in BBQ: pancia mia fatti capanna! ci sfondiamo di carne e verdure arrosto, un po di cibo nostrano ci voleva.Oggi ci sei piaciuta un pochino di più Mandaly.

16 Gennaio 2019. In Battello da Bagan a Mandalay

Gli zaini pronti dal giorno prima.
Sono le 4:15 la sveglia fa il suo dovere. Vestizione, zaino in spalla e giù, in strada c’è il taxi che ci aspetta.
È ancora notte, abbiamo un imbarco alle 5:00, dobbiamo risalire il fiume Irrawaddy fino a Mandalay. Viaggiamo con la MGRG Express, compagnia di trasporto fluviale. Il biglietto ci è costato 32$ a testa (circa 28 euro). Ore di navigazione 12 circa; compreso nel biglietto: colazione, pranzo e snack pomeridiano.
Il taxi arriva alle 4:30, puntualissimo per il check-in; costo del taxi 5000 Kyat (circa 3 euro).
Alle cinque, puntualissimi, si parte. La temperatura è fresca e per una buona oretta stiamo nelle poltrone, peraltro comodissime, sotto coperta.
Man mano che scorre la prima ora il cielo comincia a schiarisi, è il crepuscolo mattutino.
Il cielo si colora di magia, il nostro lento procedere ci fa assaporare un’ atmosfera surreale. Piccole imbarcazioni di pescatori locali si configurano nella penombra, poi i controluce diventano sempre più netti e fa capolino il sole. Di lì a poco diventa una palla di fuoco, un’ alba indimenticabile. La maggior parte dei passeggeri ora è sul ponte a contemplare questo miracolo.
La natura, per chi la sa osservare, offre spettacoli incomparabili.
Ora lo scenario è più chiaro, siamo in mezzo ad un grosso fiume. Incrociamo varie imbarcazioni: chiatte stracariche trainante da rimorchiatore, piccoli mercantili carichi di tronchi di legno, altri con carichi idecifrabili, insomma il fiume è vivo.
Il sole comincia a scaldare e prendiamo posto nelle

poltroncine  in bambù poste sul ponte, è una goduria. Siamo investiti da una leggera brezza che mitiga il calore del sole, la giornata è bellissima. Il nostro battello scivola lentamente contro corrente e le sponde del fiume si animano di persone che adoperano le sue acque per la loro sopravvivenza. C’è la donna che fa il bucato che poi stende, quanto lavato, nelle sponde del fiume. Una cosa non riusciamo a capire: perché stendere il bucato per terra anziché su una fune? misteri della fede. Qua e là grosse motopompe sono in funzione, convogliano l’acqua per irrigare i campi.

A tratti la nostra marcia viene rallentata e osserviamo che un membro dell'equipaggio, a prua, con una lunga pertica tasta il fondo per vedere la profondità ed evitare che il battello si areni. Il panorama spesso viene arricchito da Templi, Stupa o Pagode costruite in riva al fiume, alcune sono veramente belle.

Si è fatto mezzogiorno e viene servito il pranzo.
Già 7 ore di viaggio sono volate, ci restano ancora 5 ore di navigazione.
Il sole riscalda più intensamente, rivolgiamo le poltroncine a suo favore e ci ricarichiamo di “Energia Druci” (Energia Dolce), Pinucciu Su Maccu “di Assemini” docet.
Scorci di vita quotidiana si evidenziano nel corso del nostro viaggio. I contadini che lavorano il campo, carichi di imbarcazioni che vengono scaricate in carri trainati da buoi, piccole imbarcazioni di pescatori che salpano le reti. Giunti nei pressi della città di Nganzun, cominciamo a vedere imbarcazioni che fanno un tipo di lavoro che non si capisce. Praticamente hanno un’idrovora che pesca acqua e la scarica a bordo, poi ci spiegano. Sono cercatori d'oro. Con l'idrovora aspirano i sedimenti dal fondo e li settacciano a bordo con una sorta di vaglio, in questa zona sono veramente tanti.


Scopriremo dopo che a Mandalay ci sono parecchi laboratori che lavorano oro.
Attraversiamo  la città di Sagaing, centro religioso e monastico molto importante a sud ovest di Mndalay, che ci scorre ai lati con tutto il suo splendore. Siamo meravigliati, anzi stupefatti, per il numero di Stupa, Pagode e non so che altro, che si ergono in tutto il territorio, facendo bella mostra e impreziosendo questa bella città.
Oltrepassiamo i due ponti che uniscono le due sponde del fiume collegando Sagaing con Inwa, altra città importante storicamente parlando e proseguimo.
Ancora un’ ora e attracchiamo al molo di Mandalay. La riva è affollatissima; ci sono imbarcazioni di ogni tipo e misura, siamo ormeggiati in quarta fila, per arrivare a terra attaversiamo tre battelli e una passerella; siamo a terra.
Un’ orda di tassisti ci assale, ci accordiamo con uno col quale abbiamo tirato il prezzo sino a sfinirlo e per 3000 Kyat ci porta in hotel.
Rimpiangiamo Bagan, chiasso, traffico, casino in ogni direzione, é scioccante.
Prima sera a Mandalay, ci rimane un po’ di amaro in bocca.

15 Gennaio 2019. Bagan, immersione nella old city.

Bagan si distingue in tre aree; New Bagan, Nyaung U e Old Bagan. La prima è la più moderna con moltissimi alberghi, ristoranti, alcuni negozi e tutti i servizi comprese le scuole. La seconda in tono minore somiglia alla prima ma è soprattutto un insieme di attività ricettive. Old Bagan, la città antica, è un immenso sito archeologico racchiuso da una cinta di mura fortificate di cui una andata persa a causa del l'erosione dovuta al passare del tempo, alle condizioni climatiche nonché a eventi naturali.
Che dire
Probabilmente chi ha romanzato in modo poetico il Myanmar è stato qua. Questo è il cuore del Myanmar e ne ha rubato un pezzetto anche a noi. In circa 20 kmq di stradine di campagna, alberi e arbusti di ogni genere, spuntano, in ogni dove, migliaia di Templi, Pagode e Stupa risalente ai secoli XI e XII A. D. Durante il nostro medioevo tra feudalesimo, stregoneria e “santa”inquisizione, qui si cercava di rendere omaggio a Buddha in tutti i modi possibili. Si ergono e fanno capolino con il loro luccicante color oro. Alcune maestose, con intonaci ancora intatti, altre scoprono le loro nudità di mattoncini di terracotta laddove l'intonaco non c'è più. Ma in ognuna trovi le varie rappresentazioni del Buddha nei suoi tanti modi di essere:seduto, sdraiato, in piedi, con tutto ciò che queste rappresentano per i credenti. Svettano alte, con le cupolette spesso lunghe e dorate circondate di campanelline,  ex voto dei fedeli oppure leggermente stondate e “grezze”che le rendono simili a grosse campane, frutto dell'architettura originaria indiana (vedasi Stupa Wikipedia). Nei primi due giorni in giro con lo scooter elettrico, grande amico silenzioso, ci siamo goduti quelli più importanti ma ogni volta che giravamo lo sguardo ne spuntavano sempre di diversi. Il terzo e, ainoi, ultimo giorno abbiamo voluto inoltrarci liberamente tra queste meraviglie, fermandoci dove ci portava il cuore.
Per descrivere meglio il contesto, le strade principali asfaltate e grandi sono poco trafficate. Ci sono mezzi a motore ma si predilige il silenzio di bici e mezzi elettrici. I turisti sarebbero tanti se non fosse che non te ne accorgi perché si dislocato ovunque e non trovi mai orde di gente. Dalle arterie principali si diramano, come affluenti di un grande fiume, le strade di campagna. Strade sterrate e sabbiose che si insinuano tra vegetazione, villaggi e Pagode. Qui è veramente tutto più ordinato e pulito rispetto alla parte meridionale del paese. Ci sono zone con rifiuti accantonati ma è palese la politica di incentivazione alla tutela di un patrimonio così importante. Le case/capanna sono bellissime costruzioni di bambù sapientemente intrecciato dai locali. Non ci sono condizioni di drammatica miseria. Ci sono sorrisi, dolcezza nei volti e leggerezza nel cogliere ciò che la vita ti dà. Tra queste stradine silenziose puoi incontrare le mandrie di buoi al pascolo, condotte da coppie (uomini e donne) con i loro tipici cappellini di bambù intrecciato a forma di cono e la bisaccia sospesa su tronchi portati a spalla. Ci sorridono e ci permettono di fotografarli. Tra i villaggi, dove tutti ti salutano, incappi sempre in un Tempio o uno Stupa dove c'è sempre il/i bazar di souvenir bellissimi, che ci abbiamo lasciato il cuore a non poterne portar via per tanti motivi legati al tipo di viaggio che stiamo facendo. Appena ti vedono parcheggiare ti chiedono da dove vieni con un inglese molto comprensibile. Ti invitano a vedere le loro mercanzie: oggetti di bambù, che sfruttano in tutta la sua duttilità, ricoprendoli di lacca e rendendoli ancora più preziosi (questo è uno dei luoghi di maggior produzione di oggettistica di lacca); dipinti su tela ritraenti immagini simboliche o paesaggi fatti con cura e maestria da loro stessi e  oggetti impensabili in legno di sandalo, profumatissimo, insomma da perdersi. Quando ti scusi, perché non acquisti niente, ti fanno un bel sorriso e ti salutano ricordandoti di togliere le scarpe, se hai intenzione di entrare al Tempio. Alcuni di loro spesso parlano un pochino di italiano con una pronuncia impeccabile; praticamente siamo un morbo che si espande😂. Molti Templi o Pagode, che dir si voglia, sono circondate da mura che ne delimitano l"area. Ti ritrovi spesso in giardini, a volte incolti oppure curati, con tanto di passerella per accedere all’interno. Se non c’è nessuno in giro puoi assaporare le sensazioni di un luogo senza tempo. Senti il sole scaldarti la pelle e in lontananza il vociare degli abitanti dei villaggi vicini interrotto dal canto del gallo; senti il profumo della natura e il fruscio delle foglie sui rami accarezzate dal vento accompagnato dal tintinnio delle campanelline poste agli apici del Tempio. È davvero difficile spiegare.
Girovagando incontri altri turisti altrettanto silenziosi con le loro facce attonite davanti a questo splendore.
Poco prima di inoltrarci a vedere il tramonto in uno dei punti panoramici, visitiamo un ultimo tempio nella New Bagan. Abbiamo riso tanto perché tra i turisti ci sono sempre dei monaci provenienti da altre aree. Qui due di questi si facevano i selfies e non solo. Ci hanno chiesto di fare una foto con loro. Prima Gigi poi io e poi tutti insieme grazie ad un giapponese gentilissimo che ci ha immortalati tutti e quattro. Simpatici davvero. Dopo averci salutato si sono fumati una bella sigaretta, non c'è più religione( e per fortuna!). Continuando il nostro cammino andiamo a vedere la lavorazione della lacca e la
produzione dell'oggettistica fatta di bambù e ricoperta e rifinita con essa. In uno dei tanti laboratori di artigianato ci spiegano tutte le fasi di lavorazione, dalla raccolta della lacca (prodotta da alberi) alla lavorazione del bambù reso in foglie sottilissime che sapientemente modellano per poi ricoprirlo di lacca. Il processo di lavorazione dura in tutto sei mesi, si sei mesi. Gli oggetti devono attendere un'asciugatura di un mese in sotterranei umidi per poi essere ripresi, levigati, ritrattati, rimessi ad asciugare e poi intarsiati dalle mani preziose delle “cesellatrici” che incidono la lacca nera creando disegni meravigliosi. Insomma un lunghissimo processo che vale i costi poco economici delle opere realizzate.
Ora chiudiamo il bellissimo capitolo sulla Piana di Bagan inoltrandoci nel punto panoramico, per vedere il tramonto sulla valle, questa magnifica vallata, tempestata di gemme preziose.
Domani ci aspetta la nuova meta. Navigheremo in battello sul fiume Irrawaddy verso Mandalay.

13/14 Gennaio 2019. Bagan

“Ci sono viste al mondo dinanzi alle quali uno si sente fiero di appartenere alla razza umana. Bagan all’alba è una di queste. Nell’immensa pianura, segnata soltanto dal baluginare argenteo del grande fiume Irrawadi, le sagome chiare di centinaia di pagode affiorano lentamente dal buio e dalla nebbia: eleganti, leggere; ognuna come un delicato inno a Buddha. Dall’alto del tempio di Ananda si sentono i galli cantare, i cavalli scalpicciare sulle strade ancora sterrate. È come se una qualche magia avesse fermato questa valle nell’attimo passato della sua grandezza.”

Tiziano Terzani, In Asia



Cliccate sul Link sotto, Bagan non ha bisogno di molte parole, è difficile descrivere una sensazione che ti lascia sbigottito. Buona Visione.



12 Gennaio 2019. Da Yangon a Bagan

Trasferimento.
Ciao Yangon ex capitale del Myanmar, città dalle mille sfaccettature, andiamo verso nord: Bagan, la valle museo a cielo aperto.
Unica possibilità per raggiungere Bagan in giornata, poiché dista circa 620 km da Yangon, è il bus. Alla stazione treni ci dicono che l'unico treno parte   solo una volta al giorno e impiega 12 ore. Optiamo per il bus. Sono rimasti pochi posti e solo nei bus detti Normal. Ci sono bus VIP e il Normal. Vi assicuriamo che è comodissimo. partenza prevista ore 8.00 del mattino. Ore 6.00 partenza dall'hotel con il taxi. Dobbiamo raggiungere  la stazione dei bus (dista circa 45 minuti da Yangon ed è quella vicino all'aeroporto, si chiama Moe Pi ma nelle carte GPS non troverete mai questo nome); il taxi ha un costo standard di 10000 Kyiat (6 euro). I bus hanno costi diversi: i VIP vanno da 32.000 in su; il normal 20000 a testa (euro 11.80) con una previsione di viaggio di circa 8 ore. Bus pulito, spazioso, sedili confortevolei e reclinabili bottiglia d'acqua in dotazione ad ogni postazione. Cappelliere chiuse come in aereo. Spazio tra i sedili ampio. Dopo tre ore di tragitto, fermata per pranzo di mezz'ora in una grande stazione di servizio dove ci sono posti di ristoro tipo fast food/ristorante, bancarelle di frutta e verdura, mini market e bagni puliti. Si riparte. Viaggio veramente lungo, dall'alba al tramonto, fortuna che non siamo in treno, saremo morti. Rispettosi dei limiti di velocità si prosegue pian pianino. Intorno il paesaggio  è molto diverso da quelli visti finora. Molto verde, piante di banano, moltissime palme, girasoli e alberi a noi sconosciuti e, soprattutto, non vediamo immondezza da nessuna parte. Le capanne abitate non sono sgangherata e fatiscenti come al sud. Sembra tutto molto più curato e in ordine. Passiamo per una cittadina chiamata Kyaukpadaung e con gran sorpresa oltre a diverse case negozi in muratura e molte officine meccaniche c'è la “Myanmar Montessori School” finalmente un bellissimo segnale, una scuola e soprattutto averla intitolata qui, dall'altra parte del mondo in un paesino del Myanmar al ricordo di un eccellenza italiana, un nostro gioiello regalato al mondo.
Arrivati a Bagan ore 18.00. Prima di lasciarci la hostess del bus, carinissima, ci ringrazia di aver scelto la loro compagnia, ci augura un buon soggiorno e ci invita a viaggiare nuovamente con loro, il tutto in un inglese abbastanza distorto, insomma le frasi di rito che però fanno piacere. La cosa che ci ha fatto sorridere però è stata che continuava a dire "I love you" (vi/ti amo), e noi non sapevamo come spiegarle che forse non doveva dire proprio così se intendeva, come pensiamo, "vi ringrazio". La lasciamo al suo grande amore per noi e scendiamo dal bus. I tassisti ci assalgono come zanzare; ci sparano prezzi assurdi per fare i tre Km che distano dal capolinea del bus al nostro albergo e quando cerchiamo di contrattare rimangono fermi nelle loro posizioni e ci mollano. Noi Sardi, testardi come muli, facciamo altrettanto. Siamo stanchi ma non scemi. Facciamo un centinaio di metri e ci spostiamo sulla strada principale. Qui fermiamo diversi tuk tuk e altri taxi ma spesso danno le stesse risposte insidacabili. Un ape car taxi ci chiede la metà di tutti gli altri. Ovviamente “l'accendiamo” un po di pazienza non guasta mai. Poco prima di arrivare all'hotel c'è il pedaggio da pagare per l'ingresso alla città di Bagan: ogni turista ha l'obbligo di pagare, entrando, 25000 Kyat ovvero circa 15 euro per avere libero accesso nell'area cosiddetta archeologica, come infatti è ritenuta Bagan. Questo ticket ti vale per 5 giorni di stazionamento nei quali puoi visitare tutti i templi, tutte le zone di questo grande “museo”. Arrivati in hotel decidiamo di noleggiare per i prossimi giorni lo scooter elettrico 10000 kyat al giorno , l'alternativa è la bici ma Bagan è molto grande con zone lontane tra loro ed è più facile farlo motorizzati.
A domani.