"quando avremo ottanta anni, avremo probabilmente imparato tutto dalla vita .
Il problema sarà ricordarlo"

16 febbraio 2019. Vang Vieng - Chiuso per ozio

Chiuso per riposo settimanale 🤣😂🤣😂🤣😂🤣🤣


Oggi abbiamo solo voglia di riposare. La vita da viaggiatori non è così riposante. Ogni tanto hai voglia di fare niente. Quindi trascorriamo il nostro tempo "cazzeggiando" tra le strade, senza
nessuna meta. Un caffè di qua e una birra di là e anche un tempio per caso, con monaci laboriosi che preparano mattonelle esagonali in cemento. Notiamo tutta la frenesia che contraddistingue il turista, preso dal dover fare tutto ciò che può, nel tempo sempre limitato, per quello che si vorrebbe fare. Sbragati in un salottino ci rivediamo le fotografie fatte finora, una cosa però siamo riusciti a realizzare; un piccolo video di immagini catturate nella nostra breve permanenza. Vang Vieng tra polvere, scooter, grotte e buoi.

Link in rosso sotto.

*** Una precisazione. Il video è scaricato su YouTube e alcune volte, oltre che cliccare sul Link, bisogna cliccare pure sul riquadro YouTube che appare, normalmente in basso. Buona visione.

https://youtu.be/BxAGJIzMse0

15 febbraio 2019. Vang Vieng - Caves


Oggi ci armiamo di scooter, costo 60.000 Kips (6 euro circa). Con questo contiamo di vedere uno degli altri aspetti che rendono famosa questa località e visto che dovremmo raggiungere distanze considerevoli, che probabilmente posso  essere raggiunte anche in mountain bike, ma non
conosciamo le pendenze del percorso, ci prendiamo il sicuro e optiamo per lo scooter. Gli obiettivi di oggi sono le grotte, inizieremo dalla più distante, circa 10 km dal paese, per poi visitarne il più possibile nella strada di rientro. Facciamo “benzina”, il pieno con circa 2 euro, 20.000 Kips. Si parte. Dobbiamo attraversare il fiume ed esiste solo una e unica possibilità per farlo: il ponticello sgangherato di legno a pedaggio, 10.000 Kips. Per un primo tratto la strada è asfaltata e anche in condizioni abbastanza accettabili. Arrivati al bivio con la grotta più famosa
e frequentata da tutti, la Blue Lagoon Cave, la strada diventa sterrata. Da qui inizia il “massaggio laotiano” alle mie braccia, alla nostra schiena, alle nostre ernie, che, o tornano al loro posto o escono dal nostro corpo. Avete presente usare il motopicco tutto il giorno? Ecco, così. Praticamente gli ammortizzatori sono inesistenti e la strada ha solo buche e buche contornato da sassi. Col senno di poi forse la mountain-bike sarebbe stata meglio, anche perché le strade sono in piano. Dopo circa
10 km tra sballottamento e polvere, siamo completamente ricoperti da capo a piedi, attraversiamo un villaggio che convive tra galline, mucche, coltivazioni di riso, e polvere. Subito dopo il nostro GPS ci indica la deviazione per l'obiettivo prefissato. Prendiamo un sentierino stretto stretto che si rivelerà tutto un programma perché attraversa dapprima  le risaie asciutte e secche, poi qualche ponticello fatto di bambù, una coltivazione di alberi di caucciù, un bananeto, per finire poi nello spiazzo sottostante la grotta. Gradoni, gradoni pseudonaturali da scalare per raggiungere l'ingresso. Non c'è un'anima in giro. Salendo sentiamo il rumore di foglie smosse e ci appare  una visione, a Robi i film horror (di cui è patita seguace) “The Cave, il nascondiglio del diavolo”, "The hole"  (tutti claustrofobici dice lei) tornano in mente. Un essere umano dai tratti asiatici, piccolino, con
una casacca e pantalone azzurro, cappellino a cono tipico, armato di scopa e roncola, sta ripulendo il sentiero. Ci vede, ci sorride e ci saluta ma non sa neanche mezza parola in inglese. Noi chiediamo delle Caves, lui continua a dire qualcosa. Poi dalla bisaccia estrae un taccuino con tanti bigliettini e ce ne mostra uno: TO THE CAVE PAY 10.000 Kips ovvero “si olisi intrai deppisi pagai” (=per accedere alle grotte devi sborsare 10.000 Kips a testa). Paghiamo, benvenuti nelle Flower Golden Cave, il piccolino ci accompagna sino ad un imbocco, che sarà stato grande un metro quadro, coperto con una griglia realizzata con ferro tondo da 12mm chiusa con due lucchetti, e un pezzo di lamiera (ondulina) sopra. Sposta armeggia e finalmente il pertugio è libero. Generosamente ci fornisce due torce e entriamo. A Robi cominciano a scorrergli per la testa  
tutti i film di horror visti; se questo ci chiude dentro? Se ci sequestra per un riscatto? Lontani dal mondo e da tutti, nessuno ci ha visti arrivare e nessuno sa che siamo qui dentro, e così via. Per fortuna questi sproloqui sono durati solo due minuti, e meno male! Ma, andiamo avanti, la grotta non è attrezzata in nessun modo, c’è un camminamento  arrangiato alla bell’e meglio, probabilmente frutto dell'omino di sopra, qualche canna di bambù che funge da corrimano, scalette realizzate con tavole rimediate e così via. L'ingresso è ampio, un pezzo di volta mancante rende il primo ambiente abbastanza luminoso, non c'è bisogno di luci. L'atmosfera è affascinante, tant'è che è riuscita a far tranquillizzare pure Robi. Proseguiamo, il buio prende il sopravvento, accendiamo le torce, e luce fu. Si aprono, uno dopo l'altro, vari scenari con formazioni di stallatiti, stallagmiti, colonne e formazioni calcaree di ogni forma. Noi non siamo speleologi e non possiamo dare il giusto valore a quello che vediamo, ma
inoltrarsi per cunicoli bui per qualche centinaio di metri ci rende adrenalinici e ci piace tantissimo tutto ciò che riusciamo a vedere. Ma anche la temerarietà ha un limite, decidiamo di tornare indietro ripercorrendo a ritroso il percorso. Il vecchietto non ci ha chiusi dentro, ci accoglie con un sorriso vedendo i nostri volti soddisfatti, meritava assolutamente la piccola somma pagata. Riprendiamo il nostro mezzo potente, si torna indietro. Nuovo punto GPS nuova grotta. Lasciamo la strada principale per un sentierino sulla sinistra, lì, un cartello che indica Pha Hon Cliff Cave. Arriviamo a una sorta di sbarra fatiscente, biglietto, 100.000 Kips, due torce altri 100.000, possiamo entrare. Le grotte sono su due livelli, la prima a 100 m., la seconda a 300 m.
Cominciamo dalla bassa, vai di gradini e salita, salita, salita. Abbastanza provati, anche per il caldo torrido, arriviamo e già immaginiamo cosa ci aspetta dopo per arrivare alla seconda, a 300 m di salita. Stessa conformazione della grotta precedente, stesse meraviglie. Si inoltra  per qualche centinaio di metri tra meandri facilmente percorribili con una buona torcia e buone scarpe, perché si scivola facilmente. Anche questa è una grotta “viva”, in continua evoluzione, dove lo stillicidio continua. Usciamo da lì e ci facciamo coraggio. Il caldo e l'umido sono davvero pesanti ma lo scenario è magnifico. Su, andiamo, 300 metri di salita su gradoni alti, incessante, senza tregua. Vi assicuro che toglie fiato e forze. Bellissima apertura, grande, siamo molto in altro, il panorama è limitato dalla parete della montagna di fronte a noi, ma possiamo vedere la vallata molto in basso; ok entriamo. Iniziamo ad esplorarla, è infinita; si infila nelle viscere
della montagna e va avanti e noi con essa. Perdiamo la luce dell'ingresso che ci faceva da riferimento e continuiamo per un bel pezzo con le torce ma sinceramente crediamo non sia il caso di continuare perché non sappiamo dove e quando finisce. Purtroppo non ci sono informazioni all'esterno e se chiedi alla gente del posto ti fanno tante storie sul fatto che le grotte sono difficili da percorrere ed è facile perdersi per poi proporsi come guide a pagamento. Il fai da te qui non è facilmente possibile a meno che non si venga attrezzati di tutto punto per le attività specifiche. Qui i nostri amici speleologi impazzirebbero. Si esce, scendiamo ripromettendoci di non vederne
altre perché quest'ultima ci ha dissanguato. Preso lo scooter, si rientra, direzione “casa”. Ma vediamo il cartello con l'indicazione Blue Lagoon Cave, quella più famosa e turistica, quella che non volevamo proprio visitare per questo motivo ma… la curiosità ci assale. Ce ne possiamo privare? Ma assolutamente mai. Si devia e si va. Cominciamo a vedere molti mezzi parcheggiati e a sentire il
vociare di tante persone. Ingresso 10.000 Kips a testa. Vabbè, si vive una volta sola. Parcheggiato il motorino, ci dirigiamo verso l'ingresso della grotta ma prima dobbiamo passare per un ponticello che attraversa la famosa Blue Lagoon ovvero una piscina naturale di acqua dolce in cui una marea di scalmanati di ogni età fanno le gare per tuffarsi da rami, alberi e piattaforme improvvisate. Insomma una babele in acqua, comunque molto divertente da vedere. Andiamo avanti, ce li siamo cercati: gradini, gradoni di roccia, ancora. Non possiamo non salire. Su, sempre più su fino alla cavità
d'ingresso. Siamo stremati. Ci rifocilliamo all'ingresso dove sentiamo l'aria fresca che arriva dalla grotta. Entriamo e iniziamo un primo pezzo molto accessibile a tutti, con ampie apertura e un tempietto con un Buddha reclinato poggiato su una grande piattaforma naturale di calcare. Non paghi di ciò, vedendo delle frecce indicative, proseguiamo. A differenza delle altre qui non c'è stillicidio ma le cavità sono ampie e le formazioni calcaree sono di grandi dimensioni ed è chiaramente visibile il greto del fiume che scorre al suo interno, ora, fortunatamente, asciutto. Ma la cosa più sconvolgente sono centinaia di impronte di mani lasciate dai molti imbecille che vengono fino a qui per lasciare la loro firma, imbrattando e danneggiando un patrimonio naturale. La mamma degli idioti è sempre incinta! Finito, arrivati fino alla fine, torniamo indietro verso l'uscita e poi allo scooter. Ora siamo davvero cotti e soddisfatti. È quasi sera, sono circa le 17.00. Arrivati a Vang Vieng andiamo verso il fiume intorno al quale sono allestiti dei palchetti di legno su cui ci si può rilassare. Noi approfittiamo subito di uno di questi e con birra ghiacciata e patatine ci godiamo il tramonto accompagnato da alcune mongolfiere colorate che volano in cielo. Ci aspetta la doccia e finalmente via la polvere.


14 febbraio 2019. da Luang Prabang a Vang Vieng


Notte tranquilla per il cagone, ore 8.30 si parte per Vang Vieng, altra località più a sud, 180 km da fare in minivan. Sappiate che dalla stazione dei bus ( per Vang Vieng, zona sud) partono solo minivan o bus che costano almeno 20.000 Kips in più rispetto a quello che ti viene a prendere dove alloggi. Il costo è di 100.000 Kips cadauno (10 euro) direttamente dall’alloggio. Ovviamente è uguale a tutti gli altri, sgangherato, pieno a cuccuru (=molto, molto, molto) e con autista tutto da provare. Quindi, che siate ricchi o meno, che siate turisti fai da te o più “delicati”, questo offre il Laos, democrazia, tutti uguali. Non ci sono altri mezzi, se non le macchine private con autista (che sarà sempre una sorpresa), che però percorreranno la stessa unica strada distrutta e impiegherannno le stesse interminabili 5 ore di percorrenza.
Nessuna scelta quindi, obbligatoriamente come sardine, si parte. Sicuramente si è più sicuri di sopravvivere volando con un aereo senza un'ala che nei mezzi condotti da questi “autisti”. Come dice Battisti “..e guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere, se poi è così difficile morireee”, qui potrebbe essere anche “di giorno a fari accesiiii in minivannn”. Allora, immaginate un minivan pieno di turisti, tutti di nazionalità diverse, sbigottiti ma zitti, insomma abbastanza cretini tutti, compresi noi, perché?  La strada, solo di curve, molto sconnessa con buche e fossi, lavori in corso in continuazione (insomma una città italiana😜) e sto deficiente di autista con due telefonini, uno per mano, sempre e dico sempre al telefono. Parla, chiacchera, ride e prima con un telefonino e poi con l'altro e, soprattutto, supera sempre in curva. Ci siamo fatti sotto tutti per tante di quelle volte
che facevamo concorrenza ai bagni pubblici. Cinque ore, cinque ore così con una pausa di mezz'ora per “sosta tecnica bagno, pranzo” che se avessimo avuto un'altra scelta l'avremmo sepolto vivo o infilato dentro il gabinetto, con i telefonini senza scheda. È stato davvero un incubo. Forse siamo arrivati a destinazione, finalmente. Il bastardone, sempre col telefonino in mano a chiacchierare, si ferma in una strada  con qualche attività commerciale intorno, apre le
portiere, non dicendoci né dove siamo, né che siamo arrivati, né che l'incubo è finito, perché è troppo impegnato al cellulare 😠. Ci lascia così, a scaricare da noi stessi i bagagli. I nostri compagni di viaggio, nonostante lo sbigottimento, non dicono una parola, noi, sardi dentro, che comunque siamo colpevoli di essere stati complici silenti in tutto il viaggio, gli gridiamo di darci i bagagli. Gigi gli urla che ha bisogno del bagaglio e gli fa cenno di smettere di telefonare. Lui lo guarda con noncuranza, continua a chiacchierare al telefonino e con l'altra mano libera dall'altro (telefonino), che aveva appena infilato in tasca, ci sfila i bagagli da sotto i sedili posteriori continuando a fare i cavoli suoi. Peccato, peccato che non possa più incontrarlo, sto pezz’e…m.. ente🙊 . Siamo a Vieng Viang: POLVERE! questo posto è terra che impregna l’aria, POLVERE. È una cittadina di terra e
Laos
 polvere. Poche strade asfaltate ma dissestate, molte sterrate su cui viaggiano, avanti e indietro, mezzi a motore, qualche mucca ogni tanto, e intorno a cui hanno costruito guesthouses, hotels più o meno di lusso, ristoranti, negozietti, bancarelle, c’è di tutto ma soprattutto terra che vola. Mi ha ricordato l'Africa, che abbiamo avuto il privilegio di visitare tante volte e dove, se viaggi in fuoristrada su quelle “strade” sei un tutt'uno con la polvere. Dio, scacciando Adamo dal giardino dell'Eden gli disse “Con il sudore della fronte mangerai il pane (e qui l'abbiamo ritrovato, brutto segno 🤔) ; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!" eeeeeee ma da mo che l’abbiamo scontato il peccato originale, e daiii su, un po di misericordia, azz; vabbè, ci adegueremo. Comunque, qui già vediamo tanti turisti, di tutte le età e nazionalità (italiani zero, che bello) . È una meta molto apprezzata per chi vuole conoscere il Laos
naturalistico.

Nam Song
È attraversata dal fiume Nam Song e intorno ad esso ruotano mille attività. Kayak, rafting, river tubing, cioè stai seduto su grandi salvagente (rende meglio camera d'aria di camion) e galleggi facendoti trasportare dalla corrente. Sul fiume poi vanno e vengono  barche motorizzate per la gioia di tanti, soprattutto coreani e giapponesi. Il tutto è incorniciato da montagne che sembrano guglie, ricoperte da una vegetazione rigogliosissima. Si possono fare trekking, arrampicate su parete e visitare grotte, le caves come si chiamano in inglese, che qui sono dappertutto. Noi infatti, domani, attrezzati di scooter, andremo a cercarne e visitarne qualcuna che dista circa 10 km dal centro. Vediamo un po’. Per ora è tutto, è sera, ci aspetta cenetta sulla riva del fiume e nanna.

13 febbraio 2018 Luang Prabang- Pak Ou Cave - Battello

Questa mattina abbiamo organizzato un’ uscita in battello che ci porterà alle Pak Ou Caves (grotte). Quindi dovremo navigare, risalendo il Mekong, fino a queste grotte santuario, che distano circa 25 kilometri da Luang Prabang. Molte agenzie offrono un pacchetto che ha solamente, come
Boat Luang Prabang
differenza, il prezzo. Il battello salpa dal molo della “Ferry Tourism Services - Pak Ou Cave” nella Souvanhnakhamphong Road. Costo, nella biglietteria, 65.000 Kips, mentre nelle agenzie è di 100.000 Kips. Si salpa alle 8:30, le barche partono una dietro l'altra caricando 6/8 persone per imbarcazione, quindi non preoccupatevi di arrivare molto in anticipo, più persone ci sono più barche partono. Il viaggio è tranquillo, il fiume è largo ma spesso ci sono delle rocce affioranti o, considerando le manovre dei barcaiolo, qualche secca, comunque nulla di preoccupante.
Whisky village
Prima tappa al villaggio del whisky (Ban Xsang Hai), una trappola per turisti, bancarelle di tessuti, un paio di produttori/venditori di whisky con serpenti o animali al macero dentro la bottiglia e altri souvenirs. Sosta di 20 minuti, più che sufficiente.
Arriviamo alle grotte dopo un’ora e mezzo, sosta prevista 40 minuti. Due grotte, a due quote diverse, iniziamo con quella più alta; vai di gradini, giusto per non farceli mancare, a proposito quelli che chiamiamo gradini
Tham theung
sono gradoni, sono alti!!. Il dislivello è tanto, 300 metri circa. Sarà perché ne abbiamo visto tante, ma a noi non ha fatto una grande impressione; è la più grande delle due, buia e abbastanza insignificante. Magari avrà un'importanza religiosa, non lo sappiamo, ma a colpo d'occhio niente di che. Scendiamo per raggiungere la più bassa, quella visibile dal fiume, circa 60 metri d'altezza, carina; al suo interno sono custoditi, a quanto letto, circa 4000 Budda, noi qualche
Travelgiro
dubbio su questa fonte l'abbiamo. Fotografie di rito e possiamo tornare alla barca. Durante la nostra salita e discesa di gradini abbiamo visto all'opera alcuni ragazzi che dipingevano gusci di lumaca, molto belli, forse la cosa migliore; no, scherzo, però molto particolari. Si riparte, a favore di corrente, in un'ora siamo nuovamente al molo. Dovendo tirare le somme di questa esperienza, direi che la parte più piacevole è stata la navigazione sul Mekong. Una volta a terra cerchiamo subito da mangiare. Troviamo un ristorantino sulla riva del fiume, non lontano dal molo e lì consumiamo il nostro meritato pranzetto. Si sono fatte le tre, torniamo nella nostra guesthouse non lontana. Doccia, resoconto della giornata, un po di blog e la giornata si conclude in bagno, già, la maledizione di Montezuma (cagarella) ha colpito e io ne sto facendo le spese. Cose che capitano. Buonanotte (speriamo).

12 febbraio 2019 Luang Prabang-cascate Kuang Si Large

Luang Prabang, la cittadina laotiana fuori dal contesto. Sembra di essere stati catapultati in un'altra dimensione, affascinante per certi versi deludente per altri. Sicuramente non può essere considerata l'anima del Laos, questo è chiaramente un mio parere, tutto è accentrato attorno al business. Penso che sia questa la strada che sta percorrendo questo paese, violentato dai profitti e sradicato dalla sua identità.
Parecchie volte, con Robi, ci chiediamo se queste invasioni turistiche siano un bene oppure no per questa gente. Ci sarebbero da scrivere intere pagine di riflessioni sulle contraddizioni, opportunità e
quant'altro un viaggiatore può vedere e toccare con mano. Anche questo è viaggiare. Ma torniamo a noi, oggi il nostro taccuino di viaggio prevede scooter e visita alle cascate di Kuang Si Large a 30 km di distanza.  I mezzi a noleggio sono 3: mountain bike, city bike  o motorbike ovvero scooter. differenze di prezzo enormi se si pensa che per una bici il prezzo è di 15000 Kip ( 1,5 euro) mentre per il motorizzato si va sui 100.000( 10 euro per 24 ore). Per noi la scelta è obbligata, noleggiamo il due ruote motorizzato, dobbiamo percorrere 30 Km circa per raggiungere il nostro obbiettivo. Sono circa le 9:30 e il sole non lo vediamo, non si capisce se è per la nebbia o perché è nuvoloso o entrambe le cose. In scooter la temperatura è abbastanza fresca ma a noi non ci ferma nessuno😜. La strada segue, all'incirca, il corso del Mekong, si presenta non in ottime condizioni con buche  un po ovunque asfalto rattoppato,
per cui bisogna fare molta attenzione. Ogni tanto qualche buca mi sfugge e rischio di perdere Roberta. Arriviamo incolumi, i primi 30 kilometri sono fatti. Ingresso alle cascate, biglietto 20.000 Kips. Siamo all'interno di un bellissimo parco, iniziamo a percorrere il sentiero che ci porterà a vedere la prima cascata e, aimè, troviamo una nota stonata. In un recinto grandissimo dimorano 6 forse 7, non so, orsi tibetani. Staranno pure lavorando per la conservazione della specie qui nel parco ma a noi gli animali in gabbia non piacciono
mai. Sembrano tristi e sconsolati e con la mole che hanno dubito che stiano davvero bene in un ambiente così ristretto. Proseguiamo, sentiamo lo scroscio dell'acqua sempre più forte e finalmente vediamo le prime cascate, queste formano delle vasche che formano altre cascate, sono veramente uniche. Evidentemente l'acqua è ricchissima di calcare e crea queste formazioni a vasca fantastiche; proseguiamo, ci sono due sentieri che portano sino alla sorgente, uno è sulla destra orografica del fiume Kuang Si e l'altro alla sinistra. Noi iniziamo da sinistra. Fatto qualche centinaio di metri appare la cascata in tutto il suo splendore, è spettacolare. Dall'alto partono questa serie di cascate, non sono tanto alte, ma creano altre cascate e così via, formando un complesso di cascate che potrebbe distinguersi tra mille per la sua unicità, bellissima. C'è abbastanza gente, le vasche create dall'acqua sono invitanti e non
pochi decidono di fare il bagno, anche perché il sole è venuto fuori e fa sentire la sua presenza. Staremo molto più tempo ad ammirare questo spettacolo, ma dobbiamo arrivare alla sorgente. Si riparte, la vegetazione è rigogliosissima, alberi, edere, liane, felci, c'è davvero di tutto. il sentiero comincia a inerpicarsi diventando più ripido e impegnativo, ogni qual volta sentiamo il volume dell'acqua aumentare ci avviciniamo al fiume e sistematicamente c'è una nuova cascata. La gente è svanita, sono quasi tutti giù e la si fermano. Ma qui, lo spettacolo non lo da solo l'acqua. Arriviamo alla sorgente, anche qui quelle formazioni calcaree che creano laghetti bonsai, una meraviglia. È ora di intraprendere la discesa, con passo deciso ma che ci permetta ancora di osservare ciò che ci circonda. Siamo nuovamente alla cascata più imponente, la gente è tantissima, moltissimi in acqua. Guarda caso un
ristorantino, vabbè, ci fermiamo a mangiare un boccone con un belvedere di cascata. Pomeriggio, siamo fuori dal parco, scooter e si torna indietro. I kilometri diventano 35 perché decidiamo di andare a visitare Xianglek, un villaggio oltre Luang Prabang. È un villaggio di artigiani molto operosi, tessitrici, intagliatori, manufatture di carta decorata realizzate dalla fibra del bamboo, insomma, per tutti i gusti. Abbastanza stanchi torniamo nella nostra guesthouse, oggi abbiamo percorso più di 70 kilometri in scooter, basta così. Meritata doccia e cenetta nel caos dei fast-food della Sisavangvong Road. A domani. Buonanotte.

11 febbraio 2019 Luang Prabang , the city.



Oggi perlustreremo a piedi la cittadina. Passeggiamo lungo la riva del fiume e riniziamo a vedere molti turisti, l’80% francesi, pochissimi italiani, direi mosche bianche e bakeries, per quei pochi che non lo sapessero, sono attività commerciali di produzione e vendita di prodotti da forno come il pane, le torte, le focacce e la pasticceria varia. Insomma abbiamo ritrovato un po di Europa. Il pane e’ dappertutto, baguettes e altro, veramente buono. Torte deliziose, al cioccolato, alla nutella, con noci, mandorle, cannella ecc. Riappare anche la frutta frullata o preparata nelle vaschette da asporto. Non manca la pizza, dall'apparenza sembra anche decente, praticamente pizza napoletana, leggermente alta ma di bell'aspetto. Ci sono poi le solite
Travelgiro
pietanze sia tailandesi che cinesi, con grande spazio alla laotiana. Di quest’ultima ancora non abbiamo capito cosa la differenzi dalle altre perché, oltre al riso glutinoso non è così diversa. La gente non è il massimo della simpatia. Non sorridono spesso e non ti considerano se non per motivi economici. Il costo vita è bassissimo, spesso si mangia con 2 euro. Per quanto riguarda la cittadina è  un insieme di templi, mercati e  zone più isolate, verso la periferia e le montagne, dove si possono fare tante attività come il rafting, trekking, mountainbiking e kyaking o semplicemente farsi portare a vedere elefanti, orsi tibetani in gabbia, grotte e chi più ne ha più ne metta. Per quanto ci riguarda oggi si va di relax tra le vie del centro, detto “città vecchia”(Old city) e
qualche tempio di passaggio. Tra questi una nota di riguardo merita il Wat Xieng Thong, ingresso 20.000 Kips. Si tratta di uno dei Templi più antichi (1559 A.D.), qui venivano incoronati i re ed è considerato come la rappresentanza dell'arte e dell'artigianato tipico del Laos; infatti, mantiene la sua struttura originaria, tutta di legno e tutta intarsiati e decorata in modo particolare. Davvero bello. Per quanta riguarda gli altri, si visita quello che ci ispira di più, in modalità random. Di pomeriggio andiamo  a vedere il tramonto nella parte alta che si chiama “Phou Si Mountain” ed è al centro della zona storica, su cui esiste una Pagoda detta That Chomsi. Ingresso 20.000 Kips. Gradini, gradini, gradini...uffaaa. Arrivati su, Santa Greca di Decimomannu più Sant’Efisio (per i sardi sagre con troppppa gente), più l’Auchan prima di Natale. Vi diciamo però che è stata una rassegna di cose e persone strane, comportamenti e atteggiamenti a tratti stravaganti e talvolta comici, tutto come un film. Il tramonto poi, però, ha deluso tutti. Tanto tempo li’ ad spettare per vedere un sole che veniva inghiottito dalla nebbia. Scendiamo e ci tuffiamo nella strada che diventa pedonale, la Sisavangvon Road, perche inizia il mercato notturno, tra bancarelle di artigianato locale, filati di cotone, bigiotteria, colori e prezzi per tutte le tasche. Immancabili le bancarelle di dolci, torte, nonché piatti composti e fast food. Ci sono molti localini e ristoranti molto
carini sia di aspetto che economicamente parlando (per gli standard del posto ovviamente) e belle caffetterie. A proposito di ciò, abbiamo avuto il piacere di trovare un ristorante sardo, gestito da un giovane ragazzo sardo, Simone Scalas, che per di più è nostro compaesano e che da cinque anni vive e lavora qui. Il ristorante si chiama “l'isola dei Nuraghi” si trova sulla riva del Nam Khan nella via Kingkitsarath, ed è un bellissimo locale sul fiume, una location romantica e di classe dove si mangiano buonissimi piatti della cucina italiane, nonché sardi, compresa la pizza. Bravo Simone. Finiamo la serata tra le bancarelle, domani ci aspetta il “fuori porta”.

10 febbraio 2019 da Nuang Khiow a Luang Prabang

Stamattina nuovo trasferimento verso sud a Luang Prabang, una bella cittadina dalle mille risorse. Il
tragitto si può fare solo e soltanto in minivan o taxi privato, 145 kilometri. Non c'è più la possibilità di raggiungerlo in battello. Il costo del viaggio in minivan è di 40.000 kip(4 euro) mentre con taxi si arriva a circa 100.000kip. Le partenze giornaliere sono divise in tre fasce d'orario: 9.00; 11.00; 12.30. La durata è di 3 ore circa. È necessario arrivare molto prima per fare i biglietti e accaparrarsi un posto a sedere. I minivan vengono riempiti a cuccuru si dice da noi in Sardegna ovvero fino al colmo. Anche il nostro è così. Partiamo alle 11.00 ma aimè, alle 11.05, proprio a un centinaio di metri dalla “stazione bus” (=uno spiazzo sterrato e polveroso con un box per i biglietti) una frana importante è crollata poco prima e ha ostruito tutta la carreggiata con un ammasso di detriti e terra. È stato necessario l’intervento di 3 ruspe ed il lavoro incessante di un'ora abbondante per liberare la strada.  Partiamo alle 12.00 dopo un'ora sotto il sole e tra la polvere, così come altre auto e altri mezzi incolonnati anch'essi. Il viaggio è stato pesante,
soprattutto per le condizioni della strada e la poca potenza sviluppata dal minivan che non arrivava a 50 km neanche in discesa. Caldo e finestrini aperti con tanto di polvere che entrava da tutte le parti e noi inscatolati con tutti gli altri, come sardine. Più di tre ore così, interminabili. Finalmente si arriva. La cittadina è molto carina e accogliente, così come il nostro alberghetto. Prendiamo possesso della camera e dopo una doccia infinita, usciamo per le vie di Luang Prabang. Tanti ristorantini, molto carini, bancarelle, piccoli hotel, guesthouse, tour operators, insomma sembra ci sia davvero tutto, compreso tanti cinesi (proprietari di diverse attività),tanti templi e tanti turisti. È attraversata dal fiume Mekong che le da un aspetto romantico e rilassante. La sera gironzoliamo tra i fast food e le bancarelle a cercare qualcosa da metter sotto i denti. Tanta gente, bella atmosfera.