"quando avremo ottanta anni, avremo probabilmente imparato tutto dalla vita .
Il problema sarà ricordarlo"

6 Gennaio 2019. Da Hpa-an a Kyaiktiyo: The Golden Rock.



Stamattina sveglia alle 4.45 per ripartire?? No! Perché siamo vicino ad un tempio indù, qui c'è una gran presenza di induisti, che dalle 4.30 alle 6.00 e di pomeriggio la stesa cosa (ieri quando siamo arrivati era così) emettono dagli altoparlanti questo canto, questa lagna, questo lamento, questa preghiera (???), questo guaito di cane  che fa così: aiagnnnaagnnaaaalagnnnggaa; aiuagnagnagggnnnnaaa; gggejjjjjnnnaaagnaaaa;lailaretsgdhdh, con una melodia uguale ai lamenti del mal di pancia, avete presente?? Fisso, costante, ti penetra nel cervello che rimpiangi i cori sgangherati che spesso senti in chiesa. Vabbè pazienza, preghiamo. Colazione e via, si cerca la stazione dei bus per ripartire per altro lido: Kyaiktiyo. Tutti i bus sono al completo, chiediamo e giriamo per una mezz'oretta ma non ci arrendiamo. Il taxi ci chiede una cifra esorbitante, relativamente a quanto si spende con gli altri mezzi, ma lo teniamo in considerazione perché da qui vorremmo spostarci (sarebbero “solo” 35 euro per noi) . A me vengono un po’ i brividi al pensiero di tre ore, questo è il tempo di percorrenza previsto, con un nuovo autista sputacchione ma ci penseremo. Gigi ferma un bus chiede all'autista ma niente; un"altro ci propone di sederci al centro su piccoli sgabelli di plastica.
Quando i bus sono pieni chi vuole salire ha questa possibilità, sgabelli di plastica nel corridoio centrale, il prezzo non cambia e non importa se sei vecchio, incinta, donna anziana, chi ha il suo posto a sedere se lo tiene, la galanteria qui non esiste; diciamo che c'è “parità’????. Stiamo per accettare il posto in sgabello, anche se tre ore sono tante, quando la fortuna, che spesso ci aiuta, ci viene in soccorso: troviamo posto in un  bus che stava dietro al primo (gli ultimi due posti liberi… Che culo!) Si va, ore 8.15. Durante il tragitto in cui io avevo una donna che era peggio di un bambino a fianco perché si muoveva in continuazione, incrociava le gambe e mi poggiava il piede nella gamba, fortunatamente coperta dai miei pantaloni più lerci dei suoi piedi, si susseguono rispettivamente: 1^ fermata: donna con una ciotola argentea per raccolta donazioni, uguale al rito in chiesa durante l’offertorio. Va avanti e indietro e guarda tutti, della serie “ e inza’, poni su dinai’(=per favore qualcosa per i poveri); 2^fermata in mezzo al nulla: il militare per controllo passaporto. Le preghiere le vogliamo dimenticare? Neanche per sogno, dai monitors a circuito chiuso veniva trasmessa in continuazione la loro celebrazione religiosa con il “sacerdote” che guaiva i soliti: gnainannnaggggaga, allahhnanagnanan, gannarggagbnna…. per un'ora.
Dopo, meno male, hanno trasmesso una bella telenovela Birmana (fantastica). Sul bus ogni postazione é dotata di bottiglietta d'acqua e di bustina di plastica nera (la plastica dilaga ovunque)…. cosa vi viene in mente???? Esattamente, sputacchiera.
Arriviamo nei pressi di una stazione di rifornimento e ci scaricano. Si, l'assistente, lo Steward di bordo, ricordandosi esattamente dove dovevamo scendere, ci invita a farlo.
Niente paura perché c'è già un mezzo locale  che ci accompagnerà dove vogliamo. Il costo di tutto questo è stato di 10.000 Kyat per due (6 euro) il bus e 6000 Kyat l'ape taxi (euro 3.50).
Scarichiamo i bagagli nell'alloggio, bungalow meravigliosi ai piedi della Golden Rock, con uno staff di una gentilezza disarmante. Ci organizziamo e andiamo a visitare questo sacro tempio. Percorriamo a piedi circa cinquecento metri, fino alla stazione dei mezzi che portano sulla Golden Rock.
Sono dei camion cassonati dotati di sedili che riempono a “cravirura”(=tanto tanto) e cinture di sicurezza, abbiamo capito dopo il  perché (costo 2000 Kyat a testa). Percorrono a velocità improponibile, come matti, questa strada tutta curve in salita, verso la vetta (1.100 metri) in cui si trova la Pagoda. Se non pensi a quanto possa essere pericoloso diventa davvero divertente, sembra di stare sulle montagne russe, matti da legare questi autisti. Arrivati al capolinea, dopo circa 40 minuti, continuiamo a piedi in salita per altri 10 minuti.
Arriviamo a una prima postazione di controllo e ci fanno scalzare, non sono permesse neanche le calze. Gigi ha i bermuda e viene caldamente invitato (obbligato) a coprire le gambe fino alla caviglia. Non avendo di che coprirsi, gli porgono un Lungy e lo invitano a coprirsi; anzi lo vestono proprio. Il militare, una donna molto gentile, gli fa infilare questo cilindro di stoffa che si lega alla vita in un modo molto particolare. È bellissimo mio marito !! Percorriamo il primo tratto e veniamo fermati ad una seconda postazione di controllo ingresso per turisti, in cui, oltre che farti registrare, scrivendo nome e stato di provenienza, ti chiedono la tassa d'ingresso (10.000 Kyat a testa). Ok, ci siamo, continuiamo la camminata scalzi. Non sono luoghi puliti, non credo ne abbiano la giusta consapevolezza. Mentre ci avviciniamo alla Roccia siamo attornaiti da ogni genere di umanità. Turisti, devoti, monaci e monache provenienti da altri luoghi, portantini di lettiga per le persone in difficoltà motoria o per qualche “pigro”giapponese, portatori di qualunque cosa compreso bagagli per gli ospiti degli hotel circostanti. Ci lascia un po sbigottiti la devozione di quanti bivacchino (famiglie intere) intorno a questo tempio. Persone che dormono in terra e bambini meravigliosi che giocano tra loro. Suggestivo spaccato di umanità.
Arriviamo in cima, il panorama è davvero molto bello siamo sulla sommità del monte Kyaiktiyo; verde dappertutto. Poi la roccia d'oro.
È un masso ricoperto di foglie d'oro che vengono attaccate ad esso dai pellegrini che vi arrivano. Per i buddisti è uno dei tre luoghi sacri da visitare nella vita, un po’ come la mecca per i musulmani. Secondo la leggenda questa roccia si trova in un precario equilibrio su una ciocca di capelli di Buddha. Le donne non possono avvicinarsi ad esso, è vietato per noi salire alla sommità dove si trova la roccia che praticamente è a 10 metri dalla passerella per accedervi.
Foto di rito, gente, gente, gente, soprattutto asiatici. A Ggi si slega il Lungy e nel tentativo di legarlo fa ridere alcuni locali. Meglio un nodo normale. Si rientra. Ultima corsa ore 18.00. Il mezzo, che ora è in discesa, va più cauto. Bellissima giornata.

5 Gennaio 2019. Sukhothai - Hpa An

Oggi lasciamo la Tthailandia per entrare in Myanmar. Purtroppo i collegamenti tra Sukhothai e la nostra destinazione di frontiera, Mae Sot, non sono tanti e oggi solo con minivan che per la mattina prevede due corse una alle 9.15 e l'altra dopo un'ora. Sveglia presto, ore 6.30 per prendere un “Sorgn taa ou” il “taxi” ovvero il furgone cassonato che fa servizio locale, dove lo vedi, lo richiami e si ferma,. Raggiungiamo la stazione dei bus che ha i collegamenti tra le varie rotte. Il minivan delle 9.15 ha solo tre posti ancora liberi. In fila solo noi e una coppia di turisti olandesi: ce la dobbiamo giocare a testa o croce (stoccarasa) nel vero senso della parola. Scegliamo testa e THE WINNER IS? Noiii.
Anche oggi abbiamo avuta la nostra botta di culo, gli olandesi della disputa precedente ci informano che la corsa delle 10.15 è stata soppressa (guasto al mezzo) , per cui devono fare il viaggio facendo un pezzo con un taxi quindi in minivan, un po più di disagio però partono pure loro, ne siamo felici.


OK, si parte, il minivan è pieno in ogni ordine di posto eccetto due posti spaiati uno per Robi e uno per me. Sale per prima Robi, si dirige vero l'ultimo posto ma viene "stoppata" dal braccio di una ragazza che le indica di sedersi nell'altro posto libero. In “piccionaia” vado io, al mio fianco a me un monaco buddista, probabilmente il motivo per il quale Robi è stata fermata dall'azzardarsi a stare vicino al monaco. Robi ringrazia la ragazza che le fa un sorriso d'intesa Devo direi che il mio posto non è molto comodo, alla mia destra ho un ragazzo che occupa un po’ anche del mio posto e io che mi ritrovo a fare il viaggio con un quarto di culo fuori dal sedile. Non è finita, al volante ci ritroviamo “Hamiton”, che percorre come un dannato la strada evidentemente nuova, che con salite e tornanti si arrampica sino al valico. Mi sento sballotare a destra e a manca non so più in che posizione mettermi. Finalmente, dopo tre ore e 170 km
arriviamo a Mae Sot. Cerchiamo un mezzo locale che ci porti in frontiera, per trovarlo dobbiamo spostarci di qualche centinaio di metri, eccolo! Altro furgone cassonato strapieno di gente e merci, riusciamo in qualche modo a metter su gli zaini, i passeggeri si stringono e riescono a far sedere Robi e io? Resto appeso fuori nella parte posteriore mantenendomi a una sorta di portapacchi e alla scaletta per accedervi. I passeggeri sono tutto un programma. Sette km (50 Bath a testa) e siamo al confine. Ci aspettano le pratiche di frontiera; prima quelle di uscita dalla Thailandia, sportello 7. Attraversiamo il ponte che collega i due stati e siamo in Myanmar. Procedure di ingresso in Myanmar, sportello 4. Gli ufficiali di frontiera si rendono subito accoglienti e professionali ci fanno compilare il solito modulino; presentiamo il nostro passaporto per il timbro d'ingresso, controllano il visto ci fanno una foto con una piccola telecamera e il gioco è fatto, siamo in Myanmar. Per la cronaca, per chi come noi possiede già il visto, in frontiera non ha bisogno d'altro e non deve sborsare nemmeno un centesimo (attenzione a farlo attraverso il sito governativo ufficiale perché il costo viene quasi triplicato qualora lo facciate con agenzie che troverete in rete, che sono molto ingannevoli perché sfruttano il logo del governo; il visto costa 50 euro non una lira in più e ve lo inviano quasi subito via web). Questa pagina diventerà lunga ma le cose da raccontare sono tante. Il primo impatto con il nuovo stato non è positivo; i locali non sembrano molto interessati al turista, l'ambiente circostante è assai sporco, diciamo che trabocca sporcizia, immondezza tra i piedi. Notiamo poi che tutti sputano per terra; ci ricordiamo della vecchia cara India, dovremmo riabituarci a questa loro abitudine, del resto da noi i calciatori lo fanno ovunque durante la partita, come dovessero irrigare il terreno di gioco. Preleviamo moneta locale dai bancomat fortunatamente sempre presenti, 200.000 kyat (1€ = 1760 kiat) per capirci meglio 1000 kyat equivalgono a 0.60 euro circa, ad oggi. Ora possiamo cercare un mezzo che ci porti giù, siamo a circa 700 metri di quota. Diciamo che è completamente diverso l'approccio dei birmani con i turisti: non Ii vedono proprio. Poco gliene frega se devi spostarti o hai bisogno di aiuto. A primo impatto qui sono poco socievoli e poco propensi all'apertura. Cerchiamo qualche mezzo che ci porti a Hpa an, dove ci fermeremo per una notte, come punto di sosta per la nostra prossima tappa quella di domani verso la Golden Rock di Kyaiktiyo. Tutti poco disposti tranne uno, quello che AIMÈ sarà il nostro autista. La maggior parte degli uomini indossano la gonna lunga si chiama Longy. Anche la maggior parte di donne indossano il Longy ma lo legano in modo diverso; inoltre tantissimi usano spalmare sul viso una pasta bianca ottenuta dalla corteccia di alcuni alberi per proteggerlo, profumarlo e rinfrescarlo, il cosiddetto Tanaka. Per quanto riguarda la comunicazione, l'inglese per loro è quasi un tabù e inoltre sono veramente incomprensibili. Nel frattempo io (Robi) cerco un bagno. Chiedo della toilette (la chiamano tutti così, quindi dimenticate restroom o bathroom) e con gesti tipo “a casinu” mi indicano un ingresso. Dove? Lì lì, sempre con la mano di vai o nenna (questo è per i casteddai). Entro in questo tugurio e percorro un corridoio dove trovo rispettivamente: una sarta, un materasso sfatto, un cane, una vecchia megera dalla faccia antipaticissima e severa che trita qualcosa e al mio “Hello" con sorriso, risponde allungando la mano lercia e mi dice: " ten bath" (10 Bht) quindi non in moneta locale ma tailandese, bho. Mi indica una porta e mi viene improvvisamente in mente il film horror “Non aprite quella porta”. Con nonchalance affronto il pericolo. Un bagno alla turca, abbastanza decente, ormai i miei i parametri sono sballati avendo visto i bagni pubblici di mezzo mondo e, vi assicuro, non per una deviazione mentale ma per un semplice bisogno fisiologico, quindi, direi che è andata bene. Uscita da lì, la babbiona che, finito il trito, stava mangiando, non mi degna neanche di uno sguardo. Le ho dedicato i miei pensieri migliori. Ma arriviamo a lui il nostro mitico autista. Gentile, zozzo come un ratto ma vestito di tutto punto con il suo bel gonnellone, ci fa sedere in un minivan in cui c'eravamo solo noi due; tutto il resto era un carico di sacchi di rafia bianchi, del cui contenuto non vogliamo saperne, con un prorompente odore di naftalina che siamo convinti che nessun insetto strisciante o volante si avvicinerà più a noi per almeno 10 anni. Partiamo, sono le 13.15 (a proposito qui abbiamo mezz'ora in meno rispetto alla Thailandial) Il viaggio dura circa quattro ore. È una sorta di incubo, siamo passati dal droghino tailandese allo sputtacchione birmano. Voi non potete neppure lontanamente immaginare cosa significhi sentire sputare dal finestrino ogni sempre, compreso risucchio nasale, scatarramento, dita nel naso con smocciamento nella mano, il cui contenuto veniva buttato fuori dal finestrino con una scrollata. Ogni tanto, dopo lo scaccolamento con mocio in mano, prendeva un asciugamanino riposto ordinatamente sul cruscotto col quale si puliva naso, viso, mani, testa e lo stesso cruscotto rimettendolo poi in ordine al suo posto. Oltre a ciò si faceva una manciata di cavoli suoi: fermata per snack, fermata per prendere qualcosa da Tzio e dopo qualche km darla a Caio, piasciatina vicino alla macchina accosciato come le femminucce, bhe ha la gonna e, per finire, il lavaggio auto con nostra cordiale attesa di 20 minuti. Questa è una pratica comune perché proprio nell'autolavaggio ritroviamo con piacere i nostri amici olandesi costretti alla stessa sorte. Praticamente questi zozzoni, caddozzoni (non quelli dei nostri panini) tengono alla pulizia dell'auto, deve essere pulita e lucida, ma si può? Comunque io e Gigi forti di stomaco che ormai però si era chiuso, arriviamo incolumi, siano alla fine. Stavamo aspettando che aprisse il portellone per prendere i bagagli, al gesto di portarli giù lui abbiamo gridato DON'T TOUCH… PLPLEASE!!! La fortuna vuole che non si usi porgere la mano per salutare né dare pacche sulla spalla perche sicuramente ‘sarebbero stati colpi”. Arrivati ad Hpa an prendiamo possesso della camera. Albergo carino e staff gentilissimo. Alla prossima, ciao




4 Gennaio 2018. Sukhothai

È una giornata speciale, non solo perché siamo in viaggio, non solo perché ci accingiamo a visitare il mitico parco storico di Sukhothai (Patrimonio dell'Umanità UNESCO 1991), ma soprattutto perché è il nostro anniversario di matrimonio; sono 22 e lo festeggiamo in maniera insolita: tour del sito archeologico in bicicletta.
Questa meraviglia a cielo aperto è stata la capitale del regno omonimo tra il XIII e il XIV  secolo A.D.e fiori' fino alle conquiste e devastazioni birmane. La città il cui nome significa "l'alba della felicità" si sviluppò attorno al tempio chiamato WAT MAHATHAT (meraviglioso) circondandosi di mura e canali difensivi di cui rimangono ben visibili i resti. Qualora possiate venire a visitarla, vi suggeriamo di noleggiare una bici (circa 30 BTH) e vederla fino al tramonto che ne dà il giusto risalto scenografico, una meraviglia per gli occhi. Il biglietto per l'ingresso al parco storico è di 100 Bth più 10 Bth per la bici. Oltre questo esistono altri siti minori il cui ingresso ha gli stessi costi. Tra questi abbiamo avuto occasione di vedere il WAT SI CHUM, tempio aperto in cui un bellissimo Buddha,  incastonato tra le sue mura, domina tutto con un'altezza di circa 12 metri per 10 di base.
Rientrando in albergo ci facciamo impressionare dal tramonto che tinge di rosso il cielo; senza parole.




3 gennaio 2019. Ayutthaya - Sukhothai

La dura vita del viaggiatore.
Oggi nuovo trasferimento, da Ayutthaya a Sukhothai.
Siamo partiti alle 09:00, un tuc tuc ci ha portato dall'hotel alla stazione dei bus.
Arrivato il bus, puntuale come sempre, caricato gli zaini e partenza.
Il biglietto che abbiamo comprato comprendeva colazione pranzo e acqua durante il tragitto.
Il viaggio è stato confortevole nonostante la durata, sette ore, la sosta per il pranzo di mezz'ora compresa.
La compagnia con la quale abbiamo prenotato è raggiungibile su questo link: http://home.transport.co.th/index.php/th/history-english.html    (consigliato). 
Il costo del bus è stato di 500 Bth a testa, tuc tuc compreso.
Arrivati a Sukhothai New City (bus station) abbiamo raggiunto la Old City con un "bus" locale, 30Bth, furgoncino cassonato con panche in legno.
Sfurgonati alla Old City, ore 17, abbiamo preso possesso della camera, lasciato i bagagli, preso le bici, ad uso gratuito e iniziato a girare.
Non aggiungo altro, vi lascio solo alcune immagini.
 Buonanotte.







2 Gennaio 2019. Phuket - Ayutthaya

Passato il primo giorno dell'anno a riprenderci dai bagordi del 31 notte, tra caffè americano e passeggiata decongestionante con tanto di scambio d'auguri tra passanti, turisti e non, rimaniamo di stucco nel constatare il riordino e la pulizia delle strade e della spiaggia nelle quali la notte prima c'era di tutto. La sera prepariamo i bagagli per la nuova trasferta di oggi. Ci aspetta un volo Phuket-Bangkok alle 6.40. L'aeroporto dista circa 45 km e quindi ci mettiamo alla ricerca di un mezzo che ci possa portare lì. Chiediamo a più agenzie e, nel momento in cui sentono l'orario di partenza del volo, escludono i minivan, che iniziano il loro servizio alle 6.00 del mattino (costo minivan 200 Bath a testa, quindi molto economico=6 euro a testa) per noi fuori tempo massimo visto le pratiche aeroportuali da espletare. Ci indirizzano tutti al taxi e ci suggeriscono tutti lo stesso orario di partenza dall'albergo ovvero le 4.00. Così facciamo.
Sveglia stamattina alle 3.30 per essere pronti a partire col taxi alle 4.00 appunto.
Perfetto, puntuali come un orologio svizzero dopo 45 minuti siamo in fila per il check-in (giusto per riferimento il costo del sevizio taxi 700 Bth).

Arrivati a Bangkok aeroporto di Don Mueang ( il secondo aeroporto di Bangkok) prendiamo il treno.

A chi potesse interessare, dirigeretevi all’uscita 6, scale adiacenti l'uscita, si sale al secondo piano dove inizia un cavalcavia che porta sino alla stazione ferroviaria, appunto, di Don Mueang. 
Da quì si può partire in direzione Bangkok centro o parte opposta, verso Chiang Mai. Treno puntuale, confortevole, ventilazione a ventilatore, che potete accendere o spegnere a vostro piacimento. Passa pure una addetto al vettovagliamento a proporvi qualche snack o da bere, portandoli dentro un secchio di plastica, esattamente come le hostess e gli steward 😜, molto caratteristico.
Comunque, il nostro obbiettivo è raggiungere Ayutthaya, biglietto 20 Bth a testa (60 centesimi a testa). Dopo 40 minuti, infatti, siamo a destinazione. Ci sentiamo di dare un suggerimento a chi volesse fare lo stesso percorso: fatelo via terra evitando il volo aereo perché è sicuramente molto più economico e meno stressante (drop-off, check-in, ore prima in aeroporto ecc). L'aeroporto è molto ben organizzato, efficienti e veloci gli operatori, ottimi servizi all'interno ma sappiate che i bus lo sono altrettanto è solo più lungo il viaggio. Siamo alla stazione di Ayutthaya.

Il nostro alloggio dista circa 1km che facciamo a piedi e con barca per attraversare il fiume (5 Bth=15 centesimi). Poggiamo I bagagli, noleggiamo una bicicletta (mezzo più idoneo qui, costo 50 Bth= euro 1.50, decenti city bikes provviste di cestino portatutto) e si va alla scoperta di questa antica città.
Traffico intenso ma scorrevole, strade larghe e in buono stato, negozietti e mercati a cielo aperto, diversi punti di ristoro e un grande supermercato dove trovare tutto, oltre alle solite onnipresenti catene alimentari aperte h 24. Ma non è questa la sua parte attrattiva. Ayutthaya infatti e' un  museo a cielo aperto. Era la capitale del regno del Siam finché fu rasa al suolo dai Birmania nel 1767. C’è un innumerevole presenza di templi buddhisti molto antichi detti “Stupa”, che significa letteralmente “fondamento dell'offerta” e che hanno la funzione primaria di conservare le reliquie. Hanno una forma particolare “a campana” e a livello simbolico rappresentano il corpo di Buddah. Questi di Ayutthaya con l'invasione e distruzione birmana hanno avuto un destino crudele di cui rimangono le tracce.
Sono stati rasi al suolo e in parte distrutti, lasciando fare il resto alle intemperie. Difatti non si tratta di templi intatti ma di rovine con ancora presenti alcune delle sue imponenti vestigia. L'ingresso per ognuno è di 50 Bth ma facendo un biglietto cumulativo di 220 Bth puoi accedere a quasi tutti. I più visitati sono 6 e tutto l'agglomerato di essi e tutta la sua parte antica costituisce il cosiddetto "Parco storico" riconosciuto Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO nel 1991. Noi oggi abbiamo visitato i 6 più importanti. Abbiamo impiegato circa 6 ore sotto una bella calura estiva.
La nostra serata ci vede stanchi e soddisfatti. Dopo una meravigliosa doccia, cerchiamo qualcosa da mangiare. Siamo voluti capitare nel mercato con baracche. I piatti thailandesi che abbiamo scelto erano ottimi ma non possiamo descrivere altro. Non potreste davvero immaginare dove e come abbiamo mangiato, è molto meglio che non vi diciamo nulla. Di sicuro tra i nostri amici (conoscendoli) crediamo non ci sia quasi nessuno che lo avrebbe mai fatto neanche a pagamento, credeteci. Non vorremmo farvi fare brutti sogni. Buonanotte a voi. Domani altro transfert, destinazione Sukhothai.















31 Dicembre 2018 - È Notte

"Filosofando" con Robi sul senso della vita e le implicazioni che ha con il consumismo al quale siamo legati mani e piedi, 😱 (certe volte mi sorprendo di me stesso 😂😂😂) si è fatta sera.
Decidiamo dove fare il nostro "cenone"; attraversiamo la strada e siamo arrivati.
Il menù prevede: boooo!. Abbiamo scelto un sacco di piatti dai nomi improponibili, aiutandoci con le fotografie. Ci è andata bene, tutti buonissimi, alcuni molto speziati, altri piccanti e accompagnati dall'immancabile riso.
Si sono fatte le 22:30, dobbiamo raggiungere la spiaggia, sarà la nostra "location" per  per l'attesa del nuovo anno. Ci accorgiamo di qualcosa di strano nel cielo, è pieno di stelle, si muovono, noooooo, sono lanterne. 
Ancora duecento metri e siamo in spiaggia; le lanterne partono proprio da qui, sono centinaia e centinaia. Restiamo basiti, la gente è tantissima, una calca di tali dimensioni in una spiaggia che si estende per chilometri non l'avevamo mai vista.
Molti indossano cerchietti luminosi e tutta la spiaggia assomiglia a un gigantesco albero di Natale vivente. Il volo di lanterne si sussegue da ogni dove, lo scenario è surreale. Non sappiamo più cosa e dove guardare, i Watt sono tanti, la musica è coinvolgente, spettacolo puro.
Iniziano i fuochi d'artificio, qui sono liberi, nessuna autorizzazione preventiva, perciò partono da tutte le direzioni e in tutte le direzioni. La gente balla, beve, beve, beve, però, ognuno rispettoso dello spazio vitale altrui. I bambini sono ben stretti ai loro genitori. C'è chi fa il bagno e in questa atmosfera, che ci lascia inebetiti, giunge il "contdown" degli ultimi 10 secondi del 2018 (per noi anno fantastico):
3, 2, 1, zero, siamo nel 2019. Auguri Mondo. Auguri Amici. Auguri a Tutti.



31 Dicembre 2018. Phuket

Buongiorno ultimo giorno del 2018. Oggi, consegnato lo scooter, diamo una seconda possibilità alla spiaggia di Patong, la schifezza del primo giorno. Sorpresa sorpresa: il mare dà il mare prende; si è ripreso tutto. L'acqua è molto più pulita, assolutamente un'altra cosa. Decidiamo quindi di guardare questo mega schermo che ci si presenta davanti. Sbragati in spiaggia osserviamo da troddioni (=critici di custume e società = gente che non si fa i cavoli propri) lo spaccato di umanità che ci offre questo posto. Tantissima gente, giovani, meno giovani, famiglie, bambini, c’è di tutto. C'è una notevole presenza di russi. Questi li riconosci da lontano: alti, grandi e grossi e un po’ cotti dal sole affiancati spesso da bellissime donne, curatissime, mai manchino le ciglia finte, le unghie finte e spesso le tette finte. I giapponesi poi, il top. Loro sanno essere sempre elaganti, con i loro costumi e vestiti griffati, sempre in tiro e sempre in impeccabile ordine, quasi maniacale. Non osiamo immaginare cosa  potrebbero pensare di noi che siamo partiti con tre magliette due calzoni e ciabattine e che dobbiamo condividere il pareo per sdraiarci in spiaggai. Poi ci sono gli arabi, uomini in costume da bagno accompagnati da donne tutte vestite da capo a piedi che, mentre aspettano che il compagno faccia il bagnetto, si truccano, si sistemano le ciglia (finte, va troppo di moda, più che da noi), le sopracciglia tatuate, si guardano e si riguardano allo specchio, sempre in borsa, ahh vanità. Ci sono le strafighe, che si fanno selfie in tutte le posizioni che Chiara Ferragni in confronto è una pivellina. Bei culi e anche no. A proposito, vi prego, datemi (a me Roby perché a Gigi può fregar de meno) una spiegazione al perché alcune donne usano costumi ascellari, interi, che sembrano dei sottomuta, lasciando il culo completamente fuori, un filino di costume infilato dentro, perché, perché. Cosa ci devono fare con quel culo abbronzato quando il resto del corpo è a striscioni bianchi alternati a zone rosso scottatura? Non è per l'abbronzatura evidentemente, l'avrei capito e condiviso. Sarà perché il nero snellisce?? ma non hanno brutti culi...mmmma’, rimarrà sempre un arcano mistero per me. Ma attenzione attenzione, arrivano loro, quelli che “Quant'è bella giovinezza che si fugge tuttavia..”. Persone “attempate”, retaggi di un tempo che fu, che continuano a sentirsi sempre verdi quando l'involucro è scaduto. Pieni di tatuaggi perché sappiate che qui, in qualunque luogo siamo stati, dietro ogni angolo c'è un tatuatore, nel suo bel negozio/laboratorio, come da noi i bar e le pizzerie. La cosa più bella è l’ incessante e ineluttabile trasformazione di questi meravigliosi disegni sui corpi cadenti, su questa pelle di daino, ahimè destino di tutti. Si trasformano per l'incessante incalzare del tempo diventato quadri surreali, tipo “La persistenza della memoria” di Salvatore Dali’. I tribali diventano colate di tinta nera nei muri; la lucertola diventa una specie di serpente stirato con le zampe; il serpente diventa un flauto con la lingua; le facce tatuate, i volti, diventano "L'urlo di Munch"; i draghi poi, tutti stanchi. Credo nn abbiano mai pensato al dopo, al " post atomico". Fatti loro. La libertà è un diritto inalienabile. Continuando con la spiaggia, quello che salta subito all'occhio, anzi orecchio è che nessuno urla, men che meno le mamme ai figli. Nessun “Lukas Diablo Leon, vieni a mamma che l'acqua molta te ne prende”(= tesoro per favore non andare dove non tocchi, potrebbe essere pericoloso, soprattutto perché non sai nuotare!); “Deborahhh Samanthahhh Asia Lucia, vienitttenee qui a mamma” (=Deborahhh, tesoro, perché non vieni qui così parliamo un po). Insomma uno spaccato fantastico di umanità. La cosa più bella è che qui le persone si sentono in vacanza, felici, spensierate e tranquille, rispettose della diversità, capaci di relazionarsi in modo educato con gli altri. Trovi sempre qualche inarrendevole ambientalista che continua imperterrito a recuperare spazzatura dall'acqua, a raccogliere la plastica dalla spiaggia (chissà se questo è il luogo giusto per le loro vacanze). Bella, diversa, pazzesca umanità.
La spiaggia riserva tanti confort. Trovi efficienti servizi come chioschi che fanno il servizio “a domicilio” nel senso che passano con un menù di bevande, frutta e tanto altro, tu scegli e nel giro di qualche minuto riappaiono con quanto hai ordinato. Trovi anche affitto sdraio ombrellone per una cifra irrisoria (circa 100 BTH= circa 3 euro per giorno).
Ombrelloneee? Sapete che non serve solo per il sole, vero? Ne abbiamo avuto un’ esperienza diretta. Sono circa le 16:00, si oscura la vallata e giù il diluvio universale. La sensazione è strana, c’è caldo, ma l'acqua bagna. L'ombrellone, sempre lui, che torna utilissimo soprattutto per la pioggia. C'è il fuggi fuggi generale, ogni minimo riparo viene occupato, ci diverte la fantasia umana nel cercare di utilizzare qualsiasi cosa possa riparare dalla pioggia. Passa mezz'ora e tutto torna come prima.
Decidiamo di tornare in albergo passeggiando, conveniamo che il mondo, nelle sue contraddizioni, è sconvolgentemente bello.