"quando avremo ottanta anni, avremo probabilmente imparato tutto dalla vita .
Il problema sarà ricordarlo"

6/7 Febbraio 2019. da Chiang Rai a Nong Khiaw


Se finora è stata una passeggiata ora inizia l’avventura: il Loas.
Da Chiang Rai passando da Luang Namta per Nong Khiaw.
Due giorni massacranti che congiungiamo per praticità. Le visite ai luoghi di interesse si riducono a zero. Però per chi ha il piacere di viaggiare e sa vedere, coglie differenze di luoghi, costumi, fisiognomica, anche dal finestrino di un minivan.
Ma partiamo dall'inizio. Arriviamo alla Bus Terminal 1 di Chiang Rai, siamo ancora in Thailandia. Ad attenderci il “bus” che ci porterà a Chiang Kong, frontiera con il Laos. I bus partono ogni mezz'ora, prezzo della corsa 20 Bath (circa 50 centesimi di euro) per percorrere 61Km in 2 ore e mezzo. Allucinante, siamo solo all'inizio. Perché bus tra virgolette, perché definire bus il mezzo che abbiamo preso è offendere tutta la categoria dei bus. Tanto per cominciare l'autista decide, in tutta autonomia, che si viaggia con le porte aperte, ma non solo, pure i finestrini anteriori, lato autista e opposto, sono aperti. Un freddo che non vi dico. La mattina e la sera qui ci sono circa 12 gradi se non meno, immaginate alle 7 del mattino con i finestrini e porte aperti. Gli chiediamo di chiudere la
porta anteriore e lui ridacchiando lo fa, tanto tutto il resto è aperto. Pensate che faccia così perché non ha freddo?? che anche gli altri passeggeri , tutta gente del posto, non patiscano il freddo? no, non è così. La gente che sale e scende è coperta fino al collo e lo stesso autista ha giubbotto, cappello e mano in tasca quando non gli serve per inserire le marce, a proposito, la leva delle marce è tutto un programma; distante un metro dall'autista una leva lunga che sembra staccarsi da un momento all'altro. Comunque superata la gelata, vi assicuro che ci sembrava di stare dentro una cella frigo per due ore, arriviamo alla
stazione di frontiera. Da quì, una motocicletta cassonata ci aspetta per trasportarci alla border line attraversando il famoso ponte dell'amicizia “Fourth Thai-Lao Frienship Bridge” che scavalca il magnifico Mekong. Costo 20 Bht a testa e ce ne sono a rotazione. Arriviamo in frontiera. C'è già un po di fila ma sembrano veloci. Dobbiamo compilare 2 moduli, quindi chi dovesse essere lì, li prenda prima e poi, magari in fila, li compili. Uno è lungo e somiglia ad un conto corrente postale, l'altro è la richiesta di visto in diverse
parti. Arrivati al front office, troverete un paio di ufficiali che chiacchierano e prendono i due moduli, una foto tessera (qualunque dimensione va bene), passaporto e 35 dollari americani a testa. Sbirciando velocemente il passaporto, prendono i moduli compilati senza controllare niente e ti fanno passare affianco. Altro ufficio che timbra il passaporto e te lo restituisce...bohhh!. Comunque veloci per fortuna. Siamo dall'altra parte. Ciao bellissima Thailandia, di nuovo Kabpkun, grazie di tutto. Sono le 10.30 e siamo in Loas, esattamente a Vieng Mai. Cambia la lingua, la gente, il senso di marcia su strada e la moneta: Kip laotiano, 10.000 Kip=1 euro (cambio attuale), oi oi la testa. OK torniamo al viaggio; dalla frontiera ci
dobbiamo spostare verso Bokeo per l'omonima  stazione degli “autobus”. Iniziamo subito a scoprire come sono i laotiani: non si presentano proprio bene. Facciamo il biglietto che costa 50.000 Kip (circa 5 euro) per due. A parte il fatto che non sanno una, dico, una parola di inglese, molto peggio dei birmani, non riescono ad interpretare neppure i gesti più semplici, compreso il segno di ore nell'orologio. Ridono o ti mandano a quel paese. Non sono assolutamente accoglienti né sorridenti. Con il biglietto in mano, senza sapere esattamente da chi andare, chiediamo ad un autista se è lui che ci porterà a Bokeo, stazione bus. Lui guarda il biglietto se lo porta via e ci fa cenno di  salire sul furgoncino già strapieno di turisti. Moltissimi francesi o comunque parlanti francese e qualcuno parlante inglese. Caricati gli zaini e noi, si va. E dove ci porta questo imbecille? al molo!! da dove partono quasi tutti i turisti per percorrere il Mekong in direzioni diverse ma comunque verso sud, tagliando molte delle tappe che invece vorremmo fare noi. Scendono tutti e l'autista porta giù anche i nostri zaini, noi lo guardiamo e gli facciamo cenni MOOOLTO esaustivi sul fatto che ha sbagliato e che noi abbiamo detto Stazione BUS, allora lui, che ha capito esattamente di aver sbagliato, non scusandosi né rimediando in nessun modo, ci dice di dargli i biglietti, quelli che ci aveva preso lui per farci salire sul camioncino. Noi con abbastanza veemenza, direi incazzo, gli diciamo che li ha presi lui e li ha lui. Lui fa no con la testa e con le mani, entra incavolato nel camioncino e se ne va. Ci lascia lì come due scemi, incavolati come belve.
Vabbè non possiamo perderci d'animo non possiamo far niente, purtroppo. Risolviamo con un altro tuk tuk e qualche euro in più. Siamo a Bokeo, 12:30, si parte, prezzo del biglietto 60.000 Kip a testa (6 euro), per la cronaca, c’è un’altra corsa alle 9 del mattino, per noi impensabile da prendere . Stavolta chi ci trasporta è un minivan, anche questo pieno in ogni ordine di posto. Il minivan conterrà forse tredici posti, ma l'autista  riempie pure i due posti affianco a lui. Si riparte, i chilometri da percorrere sono circa 190, sembrano pochi, ma con le strade piene di fossi, alcuni tratti sterrati, altri con lavori in corso e ancora tornanti ripidissimi, dove il minivan arranca a venti all'ora, il risultato è una
media di percorrenza di 40 Km orari. Il viaggio diventa lunghissimo. Il minivan è scomodissimo, siamo strettissimi in sedili minuscoli e la testa che barcolla a destra e a
sinistra. Per fortuna c’è un paesaggio bellissimo, foresta da entrambi le parti della strada, straordinario. La stanchezza ci assale e la testa inizia a ciondolare, la schiena reclama e il di dietro pure. Alle quattro siamo a destinazione. Siamo stremati, attorno alla stazione dei bus, dove è tutto su sterrato, quattro case, quattro baracche, due distributori di benzina e due bancomat, di cui uno fuori servizio; benvenuti a Luang Namtha Bus Station. Ci guardiamo intorno sconfortati, il Laos non è sicuramente un paese che accoglie il turista a braccia aperte, almeno per ora. Proviamo a chiedere qualche informazione, le uniche cose che sanno dire in inglese sono i prezzi dei tuk tuk, per il resto zero assoluto. Addirittura un ragazzo, grandicello, e' scappato; saremo mica così brutti !? Dobbiamo trovare dove dormire, possibilmente vicino alla stazione dei bus, perché domani mattina vorremmo andare via da qui. Un cartello di fronte: “Guesthouse”. Entriamo e chiediamo ad una specie di orso con felpone e cappuccio il prezzo e visione della camera. Lui al primo “Hello” tira fuori un cartello con scritto in inglese: room 1 day Kip 70.000. Ok vediamola: è squallida, il bagno fa schifo ma il letto sembra decente, per una notte potrebbe andare (prezzo 70000 Kip = 7 euro circa). Depositiamo i bagagli e andiamo a cercare qualcosa da mangiare, abbiamo mangiato solamente una banana e qualche wafer in tutto il giorno, siamo affamati. Lo sconforto sale di più, ci sono tre baracche all'aperto con una temperatura che la sera necessita di piumino. Pensare di mangiare all'aperto ci angoscia ma guardiamo cosa
propongono i “menù”. Due con menù incomprensibili, nel terzo ci disgusta la visione della carne verdognola e lasciamo perdere. Risultato, compriamo, nella stessa guesthouse di alloggio, due barattoli di noodles, quelli che si vendono anche nei nostri supermercati, li riempiamo di acqua calda e li mangiamo in camera, ci sembrano la miglior cosa (comunque sono davvero mangiabili). Un'altra sorpresa l'abbiamo avuta quando ci siamo seduti sul letto per mangiare la “cena”; non c’è materasso! solo un tavolato con una coperta sopra e un lenzuolo, è durissimo, si sono fatte le sette di sera, la camera è freddissima e non esiste riscaldamento. Senza neanche il coraggio di lavarci, alle 20.00 siamo a letto vestiti, Roberta addirittura con il piumino.  Buonanotte, si fa per dire…..passerà.
La mattina alle 6.30 siamo già svegli e dolenti, usciamo quasi subito per fare i biglietti per l'altro transfert che ci aspetta, quello per Nong Khiaw, dove ci si può probabilmente rilassare un pochino tra affluenti del Mekong, grotte e foresta.
C'è tanta nebbia e la temperatura è davvero bassa. FRIUSUUU. Qui c'è una notevole escursione termica tra giorno e notte.
Ovviamente la nostra colazione sarà un caffè americano, grazie alle scorte di bustine di nescafe’ che abbiamo sempre con noi e all'acqua calda del bollitore della guesthouse. Fatti i biglietti, siamo i primi. Costo 100.000 kip a testa (tot. 20 euro). Partiamo alle 9.00, unica
partenza giornaliera. Anche qui un minivan, più confortevole del precedente ma pur sempre piccolino e le ore di viaggio dovrebbero essere sei. Puntuale ma sovraccarico di turisti, parte alle 9.00. Il viaggio comprende diverse soste: dopo due ore per toilette; dopo altre due per mezz'ora di pranzo e poi diverse fermate che fa l’autista per sue esigenze o semplicemente per dare passaggi ad alcuni suoi conterranei tra i villaggi. Quando ci fermiamo per il pranzo, idem come ieri, due baracche polverose in cui c'era solo roba incomprensibile, già cotta oppure sulla brace. Noi, affamati come siamo,
non disdegnano del pollo alla brace e del fegato su spiedini, non sappiamo di che animale, né vogliamo saperlo. Era buono. Con le mani sporche, toccando soldi e qualunque altra cosa (qui non ci sono i lavandini con bagno e sapone, al massimo un bagno turco e stop) mangiamo e facciamo finta che quella carne non sia quella verde che vediamo sempre nei mercati; chissà l'aviaria o altro se sono in agguato. Un po’ di carta igienica per pulirsi, spesso si usa così, già visto da altre parti, e si mangia. Pazienza, ormai è fatta. Comunque, tornando al trasferimento, alla fine, dopo circa sette ore, arriviamo
a destinazione. Il nostro alloggio è molto carino, sta sul fiume Nam Ou, un affluente del Mekong. La visuale panoramica dal balcone è meravigliosa e ci appaga di tutto il disagio del viaggio. Ma indovinate cosa facciamo subito??? una mega doccia interminabile. Stanchi ma ristorati, andiamo a mangiare qui vicino. Non c'è praticamente niente. Poche case due localini/baracca. Oggi mangiamo dove si dice che si mangi molto bene: Mama Laos. Ci accoglie una ragazzina che si spaventa quando chiediamo il menù e scappa dicendo “no english”. Intravediamo all'interno della casa/cucina una signora anziana (forse la cuoca), sdraiata su un materasso, avvolta da coperte, che guarda la tv; ci fa cenno di
sederci fuori e aspettare. Ok, aspettiamo. Dei francesi molto carini ci dicono che questo è l'andazzo normale ma che vale la pena aspettare perché la cucina è buonissima. I tavoli sono rigorosamente di plastica, con tovaglia di plastica insudiciata, le posate dentro un contenitore alla mercé di ogni cosa, salse e salsine aperte e salviette di carta per pulirsi, come in ogni baracca che si rispetti, sempre così anche in Myanmar e nelle baracche su strada in Thailandia . Arriva una ragazza molto carina che parla un pochino di inglese e riusciamo a farci portare tre pietanze: una tipica del Laos, una con germogli di bambù carne e verdure e l'altra solo di verdure cotte che qui come in Birmania definiscono “fried”, fritte, ma sono spadellate. Il piatto laotiano era una zuppa di noodles laotiani, praticamente spaghettini di riso, verdure e carne, un brodo buonissimo così come tutto il resto e siccome la temperatura è scesa, ci sta proprio bene. Spesa “cena” 50.000 Kip (5 euro) compresa birra “Laosbeer”, buona, buona, buona. Ok stop, rientriamo in alloggio, nella camera confortevole e pronta ad accoglierci per la nanna.

5 febbraio 2019 . Chiang Rai, White Temple

Ultimo giorno in Thailandia.
Siamo sempre a Chiang Rai e domani lasceremo questo bellissimo paese. Oggi si va di scooter. Noleggiamo un 125 cc abbastanza nuovo, per il solito prezzo di 250 Bhat (euro 7.50)per 24 ore che, nel nostro caso,dovendo partire domani mattina prestissimo, saranno molto ridotte;
dobbiamo riportarlo entro le 19.00, ora di chiusura del negozio di noleggio. Ok, alle 10.00 partiamo in direzione White Temple, il Tempio Bianco, che dista dal centro circa 15Km. E’ una delle due attrazioni fuori porta, l'altra è la Black House, La Casa Nera, creazione molto particolare dell'eccentrico artista Thawan Dunchanee che ha creato questi ambienti, studio, casa e museo, tutti neri, con commistione tra arte moderna, stili diversi tra thai e surrealismo. Purtroppo, per motivi logistici, non potremmo visitarlo; è troppo distante da Chiang Rai e dopo il Tempio bianco non ci rimarrebbe il tempo per farlo. Ci dedichiamo solo al primo. Arriviamo e siamo allibiti dalla mole di gente che c’è. Troppa. Però non ci facciamo
intimorire anche perché la bellezza di quest'opera è strabiliante. A dire il vero si chiama Wat Rong Khun ed è un Tempio buddista, con influenze induiste, di recente costruzione. Venne iniziato nel 1997 e, come la Sagrada Familia, la sua continua espansione lo porterà ad una conclusione nel prossimo futuro, previsione del termine 2070, ma non è detto. È un imponente gioco di linee sinuose, guglie, ghirigori, tutto bianchissimo, ricoperto di gesso e specchietti che riflettono la luce del sole creano uno spettacolo di luccichii, tutto voluto dal suo creatore l'artista, architetto, genio, Chalermchai Kositpipat. Questo genio, molto aperto a tutte le culture, molto religioso ma altrettanto tollerante, ha voluto creare questa meraviglia tutta bianca, il colore della purezza per i buddisti, quindi Buddha nella Pagoda centrale, il cuore centrale, ma anche Ganesha, all’esterno, un Dio Indù importantissimo che rappresenta l'equilibrio tra energia maschile e femminile, tra forza e dolcezza, tra potenza e bellezza, con la capacità di distinguere la verità dall'illusione; guarda caso è anche Dio delle
arti e della cultura. Dentro la Pgoda, dove c’è il Buddha, la semplicità degli arredi è totalmente spiazzante rispetto alla magnificenza esterna però alle pareti ci sono diversi dipinti, murales  del tutto “profani” e attuali che rappresentano scene apocalittiche. C'è un teschio con le orbite di fuoco e poi la caduta delle torri gemelle, con immagini di supereroi, a noi noti, che probabilmente sono la visione di realtà e fantasia nella nostra società. Insomma, non si può non andare a visitarlo. All'esterno, oltre la bellezza pazzesca del Tempio, ci sono moltissime allusioni alla vita, al potere, alla bramosia costante dell'essere umano, che vuole sempre di più. Tutto molto significativo, molte le metafore architettoniche e tante le cose che ti fanno stare ore ad ammirare ogni dettaglio. Costo d'ingresso, solo 50 Bhat (euro 1.50), dico solo perché è davvero un gioiello di arte, conoscenza, pensiero e dedizione. Quest'uomo, che dorme pochissimo e poi medita ogni mattina per più di un'ora, prima di dedicarsi agli allievi della sua scuola, non ha voluto nessun contributo da enti pubblici né religiosi per non essere
costretto a piegarsi al volere di questi, bello eh?. Annesso al Tempio c'è il museo dedicato all'artista, con le sue tele più famose e i lavori di scultura, miniature o grandi opere (tutto compreso nel prezzo d’ingresso). Dopo aver visitato tutto il Tempio e prima del museo, ci fermiamo per il pranzo. Intorno ci sono tantissimi punti di ristoro, alcuni molto carini e pulitissimi, dove puoi trovare qualsiasi cosa da mangiare. Prima però, passando davanti ad una vetrina di massaggi Thai, decidiamo di fare un ultimo massaggio e un ultimo tentativo di prova di questo antico e sicuramente importante tipo di massaggio. Stanza profumatissima, due postazioni e due signore serissime con tanto di segretaria. Musica di sottofondo e si inizia. Per me è il primo a tutto il corpo, per Gigi il secondo. Stessa pratica, ci danno una camiciola e un pantalone da indossare e ci stendiamo. Nonostante abbia cercato di rilassarmi, vi assicuro che è impossibile. La tecnica di digitopressione che utilizzano e il carico su articolazioni e parti sensibili lo rendono più terapeutico che rilassante, ma forse è proprio la sua finalità. Gigi dice che è stato molto simile al primo che ha fatto qualche giorno fa ma la pressione esercitata da queste signore era un po’ inferiore a quella delle altre del centro a Chiang Mai. Una cosa è certa, lo rifaremo sicuramente, quando torneremo in Thailandia (perché TORNEREMO!) e ci documenteremo meglio su cosa sia e quali benefici apporti. Finito il massaggio, che comunque ci fa stare meglio, andiamo a mangiare qualcosa. Scegliamo una locanda e ci facciamo portare un piatto tipico: Fried Noodels whit pork soup: una zuppa di noodles e maiale. Peccato che la zuppa fosse buonissima ma il maiale forse era fuggito prima perché al
suo posto c'erano pezzetti di carne secca, molto buona, ma poi quadratini di qualcosa di scuro, sembrava polmone. Stessa consistenza. Io, non mangiando interiora di maiale, solo di maiale sia chiaro, lo dico per i nostri gioiellieri della carne (Franco e Signora) che ci dovranno preparare una bella cordula o treccia al nostro rientro, ho mangiato tutto tranne quello; Gigi tutto tutto, da brivido. Dopo il pranzo e dopo il museo si sono fatte le 16.30; prendiamo la via di rientro. Visto che abbiamo lo scooter, andiamo a vedere la zona alta di Chiang Rai, dove ci sono i diversamente benestanti,  quelli che vivono nelle casette molto spartane, tipo capanna. Non sembrano in situazioni drammatiche anzi, moto semplici e dignitosi. Panorama sulla cittadina e un Tempio, il Wat Phra That Chom Thong, composto da una Pagoda dorata e un Chedi. All'esterno tanti pilastini posti in cerchio  a livelli diversi che attorniato quello che è il Pilastro centrale detto City Navel, niente di rilevante, ricorda vagamente una mini Stonehenge, molto brutta. OK si rientra davvero. Consegna scooter, cena in una baracca con cibo da strada, oggi pollo fritto e riso, gelato in una gelateria artigianale molto ma molto carina e nanna. Domani si va via.

A chi ci chiederà se ci è piaciuta la Thailandia risponderemo SIIII; a chi ci chiederà cosa ci è piaciuto di più o cosa c'è rimasto impresso risponderemo così. Innanzitutto è stato bellissimo poter far cadere mille pregiudizi che avevamo, almeno io (Rob) su questa terra. Ogni volta che ne sentivo parlare e vedevo qualche reportage, era tutto incentrato sulla prostituzione e la pedofilia. È vero che qui la prostituzione, come vi abbiamo già raccontato, è molto presente, soprattutto in tutta l'area del sud. È vero che molte donne, non orgogliose né probabilmente così dignitose e semplici da accontentarsi, come le birmane, si vendono; vendono la loro dignità a esseri derelitti, spesso risultato di vite dissolute o di caratteri impossibili, vecchi babbioni viscidi, che così si fanno la badante. Probabilmente esiste quella tragedia della pedofilia che, fortunatamente, non abbiamo avuto sentore di cogliere. Ci sono mille contraddizioni, come spesso in questi paesi ma dobbiamo chinare il capo dinnanzi a tale capacità di accoglienza. Potresti essere catapultato completamente nudo in qualunque posto della Thailandia che nel giro di pochi secondi avresti lì vicino una bancarella con abbigliamento intimo e altri capi a due lire; una bancarella di cibo di qualunque genere; un mezzo per spostarti, tuk tuk bici o motorino; un distributore di benzina; uno di acqua potabile; un piccolo market provvisto anche di cibo e roba da bere calda o fredda; un bancomat e, soprattutto tanta collaborazione a risolverti i problemi. Ecco, la Thailandia non ti lascia mai solo, ti senti e sei sicuro di potertelo cavare sempre. Cosa invece spesso ci ha lasciti perplessi è questo fanatismo religioso incomprensibile. Donazioni di denaro e di cibo ad una statua, la devozione estrema. La totale indifferenza e la grande tolleranza per tutti ma, di contro, l'imposizione, anche sonora, del buddismo. E noi che, vivendo fronte chiesa, ci lamentiamo per le campane, altro che campane! Dagli altoparlanti dei Templi, se non sui bus, tutti a pregare per ore. Ma se questo è il risultato dobbiamo ammettere che si può accettare. Lasciamo una bellissima terra ricca di ambienti e luoghi completamente diversi tra loro e sempre meravigliosi. Ci lascerà tantissimi ricordi ma soprattutto la certezza di volerci tornare una, due, mille volte senza mai stufarci. Kabpkun Thai, grazie Thailandia, ci sei tanto piaciuta.

4 Febbraio 2019. Chiang Rai, the city.

Secondo giorno a Chiang Rai.
Oggi lo dedichiamo alla città. Questa non offre molto, come prima impressione non ci sembra una città ad alta vocazione turistica. Dalle nostre ricerche in internet, la città, oltre i Templi, non ha tanto da offrire e pur proponendo dei trekking, questi vengono indirizzati verso Chiang Mai. Per cui iniziamo con il primo Tempio, quello che ieri abbiamo deciso di non vedere si tratta del Wat Klang Wieng. Questo al suo interno, custodisce una coppia del Buddha di giada conservato a Bangkok. Potrei continuare a citare tutti i Templi e Pagode visitate; quasi tutte quelle che appaiono normalmente nelle mappe, ma romperei solo le balle con un lungo elenco. Ormai abbiamo una lunga esperienza sui Templi, anzi, diciamo che un tantino ci hanno stufato. Però qualcuno che si distingue tra gli altri c’è sempre. Oltretutto la città è abbastanza deserta, probabilmente perché è la vigilia del capodanno cinese, non vi sembrerà vero, molte attività cinesi sono chiuse. Nonostante tutto, comunque, un altro Tempio merita considerazione il Wat Ming Muang, fatto erigere dalla Regina Usapayako nel 1267 è uno dei Templi  più antichi. Dicono che rappresenti lo spirito della città. È un mix di stili dell'epoca e le docorazioni, sia interne che esterne, sono incredibilmente minuziose e belle. Finito con i Templi, nonostante la fastivita’imminente, siamo riusciti a cenare in una sorta di ristorante cinese, solo cibo cinese, tutto Dim Sum, per i pochi che non sapessero sono gli gnocchi cinesi, quelli che possono essere rotondi o a forma di mezzaluna, bolliti, a vapore, saltati in padella, con ripieno di ogni cosa, dal salato al dolce, carne o verdura, buoni per essere buoni. Scorpacciata. Però ora per non dilungarmi di più e concludere questa giornata, direi che la cosa migliore è una serie di immagini.
Cliccate sul link in rosso.

https://youtu.be/_EU0Rm5ppeI

3 febbraio 2019. Da Chiang Mai a Chiang Rai

Buongiorno,
oggi giornata di trasferimento, come nostro solito gli zaini sono già pronti e con un taxi ci trasferiamo alla stazione dei bus. Destinazione Chiang Rai. Il bus è quello delle 9:15, partenza dal "Terminal 3". La compagnia dei bus, ancora una volta, è l'affidabile GreenBus, prezzo del biglietto, acquistato online, 230 Bath a testa. Puntuali come un orologio svizzero alle 9:15 si parte. Il panorama  è il solito ormai, una cosa che ci manca sono le risaie verdi, non perché non c'è ne siano, sono tantissime, ma il "problema" è il periodo. Già; siamo capitati nel periodo di raccolta e i campi sono tutti asciutti e con il riso gia mietuto. Si comincia a vedere la preparazione del terreno per la nuova semina ma il verde delle risaie ci manca. All'una e mezzo circa arriviamo a Chiang Rai, Bus Station "Terminal 1" . Il nostro alloggio dista 2Km dalla stazione dei bus, quindi tuc tuc e nel giro di qualche minuto siamo a destinazione. Il tempo di sbrigare le solite formalità di registrazione, posare i bagagli e siamo già fuori. Il sole si fa sentire e non poco. Un
occhiata al GPS e vediamo che a duecento metri di distanza c'è un punto di interesse. Si tratta di un monumento al re Mengrai (o Mangrai, a seconda della fonte che si legge) che fondò Chiang Rai nel 1262, 32 anni prima di Chiang Mai. I locali lo venerano come fosse un dio, portandogli offerte e fiori, come si fa nei templi. Alle spalle del complesso c'è un ufficio di informazioni turistiche che può tornare sempre utile. La città è un po sorniona e ci stupisce il silenzio, ci incamminiamo verso la riva del fiume Kok che attraversa la città. Il tenore e la qualità di vita sembrano un tantino più alti rispetto al resto del paese. Nel nostro tragitto notiamo delle bellissime case, macchine di "lusso", insomma, una città un tantino fuori dal contesto Tailandia. Arriviamo in riva al fiume, c'è una bellissima area attrezzata con campi da tennis, basket, attrezzi pubblici per fare ginnastica e un circuito per la corsa. Insomma un bel centro sportivo polifunzionale.
Ci potevamo far mancare un tempio? Assolutamente no. Nella strada di rientro ci capita questo monastero e non perdiamo l'occasione per entrare. Siamo nel Wat Sri Bun Rueang. Sono circa le 17:30 e una campana comincia a suonare con piccoli rintocchi: è l'annuncio della "funzione" Buddhista. Chiaramente assistiamo, relegati in un angolino, in religioso silenzio, per non disturbare. Qui c'è molta spiritualità, ma vi posso assicurare che non è sempre così.
Il momento è stato catartico, intenso; ci è piaciuto molto, questa filastrocca, quasi una nenia, ci ha, in un certo senso "alleggerito". In punta di piedi, scalzi, usciamo e riprendiamo il nostro camminare. To! manco a farlo apposta, un tempio. Ormai è notte; anche se a colpo d'occhio, forse effetto dell'illuminazione, sembra bellissimo, decidiamo di vederlo domani. Vaghiamo senza una meta ben precisa, veniamo attratti da una struttura molto illuminata, ci avviciniamo. Una bellissima torre con orologio fa bella mostra di sé in una rotonda, posta in un incrocio al centro della città. Sono le sette meno cinque, vediamo un po' di gente ai bordi della strada che prepara fotocamere e videocamere, non capiamo cosa succeda. Siamo lì, scoccano le sette, si spegne
l'illuminazione stradale, l'orologio scandisce i sette rintocchi e inizia un carosello di luci e musica veramente scenografico. Si colora di diverse tonalità seguendo il ritmo della musica. Al centro viene fuori un fiore di loto dorato che sboccia, per poi rinchiudersi e tornare giù. Ancora una volta la fortuna ci fa capitare nel posto giusto, al momento giusto. Per oggi non chiediamo di più; prima i monaci, poi la torre dell'orologio, ci basta così. Facciamo ritorno verso "casa" , passiamo vicini ad un Night Market, siamo stanchi e non ne abbiamo più per nessuno. Nei pressi del nostro alloggio troviamo una sorta di ristorantino fast food e ceniamo. Abbiamo speso una cifra esorbitante, 110 Bath per cenare in due (circa 3 euro).
Rientriamo, siamo esausti, da stamattina non ci siamo fermati per niente. La curiosità del viaggiatore ha un prezzo che poi si paga. Doccia e buonanotte a tutti.

2 Febbraio 2019. Chiang Mai, Silver Temple and thai massage.

Ultimo giorno a Chiang Mai, questa bella cittadina a misura d'uomo. Stamattina, reso lo scooter, ci riserviamo di visitare l'ultimo Tempio che ci interessa: il Wat Si Suphan ovvero il Silver Temple, Tempio d'argento che sta appena fuori le mura del centro storico
a circa un Km dal nostro hotel. Ebbene si, questo piccolo ma bellissimo Tempio è quasi del tutto d'argento. Molte delle sue parti sono di alluminio ma l'interno e diverse raffigurazioni esterne sono opera degli artigiani dell'argento. Chiang Mai, che significa “Mille Risaie”, appartiene alla provincia del Lanna, la parte a nord della Thailandia che, oltre ad avere una propensione per l’agricoltura, con coltivazioni di ogni genere, comprese le fragole e il caffè, ha un'ottima manifattura tessile e di metalli preziosi, in questo caso l'argento. L'ingresso al Tempio è di 50 Bth e regala bellissimi scenari da fotografare. Unico neo, grosso, è che le donne non possono accedere all'interno della pagoda centrale. Certo, nonostante le brutture della “mia” religione cristiana, mi rendo conto che grazie a uomini,!! UOMINI!! come Papa Francis,  c’è lo spiraglio di un'apertura in tante cose, che in questo caso, nel buddismo, non c’è proprio. Non vado oltre, troppo complesso per il mio cervello bacato. Dopo questa visita (a metà per me), ci incamminiamo verso la zona dove è allestito il “43* Festival



dei Fiori” non prima di aver fatto un bel THAI MASSAGE, il famigerato massaggio tailandese. Ok, entriamo in uno dei tanti centri di massaggio, serio. Adiacente al tempio Wat Pan Whaen, ha sede l'omonimo centro di Thai massage. Qui, a differenza della parte a sud della Thailandia (Bangkok e dintorni), i massaggi sono davvero fatti seriamente, non a scopo sessuale come spesso accade. La sala è grande e ci sono circa 15 postazioni con altrettanti massaggiatori. Gigi viene vestito con un apposito pantalone e casacca, dovrebbero essere abiti tradizionali, fatto sdraiare in un materassino a terra e per un 'ora è sistemato. Io ho scelto il Thai Foot Massage, massaggio ai piedi, perciò sto seduta in una poltroncina. Sia per me che per Gigi la massaggiatrice, prima di iniziare la sua pratica, esegue una sorta di preghiera giungendo le mani e facendo qualche inchino, non chiedetemi il perche, bhoo! Costo operazione massaggio, un ora, 150 Bath a testa. I massaggi Thai sono diversi tra loro e  per ogni tipo di massaggio ci sono costi diversi, di solito non sono assolutamente dispendiosi. Si va dal classico total body, quello scelto oggi da Gigi, a quello ai piedi, il mio, oppure alla testa e spalle e così via, con oli ed essenze profumate o a secco e la durata può variare da mezz'ora ad un'ora. Ogni tanto sbircio Gigi e mi viene da ridere perché la signora che lo sta massaggiando gli sale sopra con ginocchia e gomiti e lui tenta di fare lo stoico ma le smorfie di dolore lo tradiscono 😂. La mia massaggiatrice, una donna esile con una rasatura e un aspetto androgino ma delicato, fatta la mini preghiera, si siede davanti a me e mi fa poggiare i piedi sulle


sue ginocchia e qui comincia l'avventura. Inizia a mettermi olio e profumi e massaggiarmi il piede sinistro. Io, convinta di rilassarmi, chiudo gli occhi: un male boia!!! comincia a scrucullarmi (=cercare a fondo 😜) ogni ossicino e “nodino” e tendinino e schiaccia e tende le dita, altro che rillassante. Poi passa alla gamba, perché il massaggio ai piedi arriva fino al ginocchio; si accanisce contro il polpaccio e i sui dintorni caricando il peso del suo corpo sui gomiti poggiati sulla mia gamba. A volte vorrei darle un calcio con l'altra ma penso che Buddha mi punirebbe e quindi stringo i denti. Nonostante le mie smorfie di dolore lei ci va giù come volesse togliere un demone dal mio corpo e cosa sei l' esorcista!?! Mezz'ora è passata e mi ricordo di avere anche un altro piede e un'altra gamba e che per un'altra mezz'ora dovrò “soffrire”, mi sa che le chiedo lo sconto e sto con una si e una no😏!??!; e vai, olio profumato alle erbe e giù con le dita dentro, a fondo e che cazzzzzoo😨 . Insomma, dopo un'ora credetemi che vi sentirete alleggeriti, dall'aver finito, e sicuramente non rilassati. Usciamo, Gigi è dolorante quanto me 😂😂😂, dice di avere la sensazione d'essere stato bastonato; il prezzo del "benessere"

Di lì a poco, con i piedi e le gambe sicuramente alleggeriti 👼👼e stranamente ancora attaccati al resto del corpo, siamo al “Festival dei Fiori”. Un tripudio di colori, restiamo sbalorditi alla vista di una serie lunghissima di carri, tipo carnevale a Viareggio, realizzati completamente con fiori secchi e freschi di tutti i colori e specie, é incredibile. Gli stands sono affollatissimi così come le bancarelle di fast food. Vedendo così tanta roba da mangiare, salata e dolce, ci


rendiamo conto che si sono fatte le 13:30 e lo stomaco reclama. Compriamo un po’ di roba da mangiare, tra cui ravioli cotti al vapore e ripieni di carne e verdure, una Pad Thai (piatto tipico a base di noodles, uova, pollo, maiale o gamberi) e un pancake di frutti di mare, praticamente una frittata di uova e di frutti di mare che racchiude, a mo di panino, dei germogli di sioia. E ora che facciamo? C’è caldo, molto cado, molta, ma molta gente. Decidiamo di rifugiarci nel parco adiacente; prendiamo un caffè nella caffetteria del parco, un buonissimo caffè come il nostro italiano, anzi meglio, e


poi andiamo a cercare ombra. Ci rendiamo conto che moltissimi altri hanno avuto la nostra stessa idea. Non importa, ci sono parecchi alberi e di conseguenza ombra; c'è ne ritagliamo un pezzetto tutta per noi, affittiamo una stuoia, 20 bath, e ci facciamo un bel pisolino sdraiati  ad un metro dal laghetto che sta al centro del parco. Sembra di stare in spiaggia nel mese di agosto. Le stuoie, per fortuna molto grandi, non sono comunque vicine come i nostri teli in spiaggia ad agosto ma la gente è dovunque. Resistiamo ancora un po’, i fiori sono veramente belli e ogni


espositore ne propone di diversa specie e colore, dalle orchidee, passione di mio marito, ai bonsai di ogni tipo e specie, alcuni pluripremiati con tanto di medagliere a seguito, non vi dico la bellezza. La gente aumenta ancora e sono le 17.00, ora del dolce. Cerchiamo una cosa che abbiamo visto fare ieri sera e non vogliamo perdere di provarla. Eccola: una specie di crepes di albume che lievita sulla padella e viene cosparsa di cocco e granella di sesamo e cioccolato. Fantastica! buonissimaaaa. Ok, ora basta, c’è davvero troppa gente e siamo abbastanza appagati dalla bella giornata. Decidiamo di andar via, ormai abbiamo visto abbastanza. Dobbiamo tornare in hotel, abbiamo da preparare bagagli e organizzare la trasferta di domani. Direzione, ultima tappa in Tahilandia ovvero Chiang Rai, ai confini con il Laos, la nostra prossima terra da scoprire.


1 Febbraio 2019. Chiang Mai , cascate e foresta fuori porta.

Obiettivo odierno è quello di risalire il fiume Huai Kaeo, percorrendo un sentiero ben tracciato. Dovrebbe essere una passeggiata che ci terrà la mattinata impegnata, fuori dal caos turistico e dai Templi.  Otto chilometri sono la distanza che percorriamo con il nostro fedele scooter per raggiungere il punto d'accesso. Dal lato ovest del centro storico dista circa 6 Km. Si va in direzione monte Doi Suthep (quello di ieri per intenderci) percorrendo la Huay Kaew Road. Nel tragitto ci ferma la polizia; ogni giorno ci sono controlli a tappeto, fermano tutti gli scooter, sopratutto se guidati da turisti. Quello che verificano è se si possiede la patente INTERNAZIONALE. Mi raccomando se venite in Taillandia richiedete la patente internazionale in motorizzazione, nessuno che affitta scooter vi informerà della necessità di possederla, ma la polizia vi multerà. Comunque noi l’abbiamo e io, conducente in questo caso, c'è l'ho con me e mi libero in un minuto non prima di aver visto la fila di turisti fermati e multati solo stamattina. Sono le 10.00 e non è l'ora migliore per iniziare un trekkinetto ma siamo arrivati. L’ingresso è subito dopo l'accesso allo
zoo, che non visitiamo ovviamente!!! Iniziamo; lo scenario ci piace da subito, dopo poche centinaia di metri una serie di laghetti spettacolari e a seguire una bella cascata. Il fiume che stiamo risalendo, più che fiume lo definirei un grosso ruscello, è il Huai Kaeo e il primo salto (cascata) si chiama Wang Bua Ban, la vediamo dall'alto. Andando avanti, il sentiero diventa fitto di vegetazione. Alberi altissimi avvinghiati da liane e edere, il percorso è ricco di felci e banani, uno scenario insolito per noi trekkers sardi. Ci guida il rumore dell'acqua che scorre; curiosando, assistiamo al  bagno dei monaci buddhisti, ci allontaniamo per non disturbate, giusto uno scatto rubato. Più in alto si presenta uno scenario che ci ricorda un po’ la nostra Sardegna calcarea: una parete, incavata nel calcare, dove si è creata un sorta di grotta molto allungata e poi la Pha Ngerb, ultima cascata della nostra risalita. Il
“trekking” è facile e ben tracciato. Cambiamo sponda guadando il fiume e torniamo indietro.

Saliscendi tra natura selvaggia e acqua che scorre. Molto scenografico, bellissimo. Ad un certo punto, in una cascatina con due piscinette molto belle, chi troviamo? Ancora i monaci, giovanissimi. Sono dei ragazzini con tanta voglia di giocare. Si tuffano da paura, sono spericolati, tutta la loro spiritualità è svanita, ridono e si divertono come qualsiasi adolescente, ci dilettano per una buona mezz'ora. Continuando, arriviamo alla prima cascata vista all'inizio, questa volta siamo in basso e la visione, fotograficamente parlando, è migliore. Ancora due scatti e via verso lo

scooter. Sono le 14.00, si riparte per visitare un sito più vicino alla città. Rientrando, nella Huay Kaew Road, tra lo zoo e l'università, c’è un bel parco molto esteso e curato, con laghetti annessi, è il “Huai Kaew Arboretum”, se si vuole trascorrere del tempo fuori città non c'è modo migliore. Arriviamo al Wat Padaeng il sito da vistare: evitatelo, è insignificante e brutto oltre che chiuso e pieno di cani rabbiosi. Non perdete tempo a cercarlo. Proseguendo nella via di ritorno, verso il centro storico, nella parte a sud della Arak Road, che fiancheggia il fossato delle cinta murarie, con nostra grande sorpresa e piacere (direi culo) abbiamo assistito all'apertura dei tre giorni di “Festival del Turismo e dei Fiori”, avete presente Sanremo? Ecco, niente a che vedere😂. Un’arteria completamente allestita di fiori e piante da un
lato e cucina tipica street food e bancarelle di tutti i generi dall'altro, che continua fino all'angolo della Bumrung Buri Road, dove c’è un enorme e bellissimo parco, il Buak Had Park, tutto allestito a festa. Scusate se diventiamo pallosi con riferimenti e indicazioni su siti o luoghi, vorremo essere anche di riferimento a chi vorrà fare un viaggio in queste zone. Visitato di fretta il festival, ci riproponiamo di tornare domani, anzi, probabilmente anche stanotte. Ora direzione doccia. È stata una facile profezia, siamo andati all'esposizione dei fiori e non solo fiori. Sono passate da poco le 23 e siamo appena rientrati in hotel. Una cosa però voglio aggiungerla, l'esposizione e allestimenti sono meravigliosi. Fiori di ogni tipo e genere, orchidee incredibili e bonsai fantastici, animali e persino elefanti realizzati con i fiori., insomma una meraviglia. Per oggi è tutto. Passo e chiudo. Buona notte.

31 Gennaio 2019. Chiang Mai, Wat Phrat That Suthep. Prima su e poi giù.

 ORE 9.00
Stamattina ripartiamo dal Tempio lasciato ieri sulla montagna. A 18 km dall'albergo e a 1200 metri di altitudine infatti c'è il Wat Phra That Suthep. Come accennato ieri, è una meta importantissima per i
buddisti. Luogo di pellegrinaggio e preghiera tra i più venerati della Thailandia. Lo Stupa, che secondo la leggenda contiene una reliquia del Buddha, è totalmente ricoperto di foglie d'oro. Per accedervi una lunga scalinata di 300 gradini che ci fanno consumare le calorie ingerite con l'abbondante colazione, ingresso 30 Bath a testa. La posizione panoramica consente di vedere l'intera area circostante, compresa la grande Chiang Mai city. Purtroppo c'è davvero troppa gente. Sembra di stare in una sagra di paese magari quella dedicata al santo patrono. 

Dopo un'ora circa, scesi dal Tempio, riprendiamo la strada. Andiamo sempre più a ovest, sempre più su. Vorremmo raggiungere la cima più alta, la Doi Suthep a 1685 metri. Prima però incontriamo per strada la deviazione per Doi Pui. È un villaggio di montagna, la gente vive di artigianato e commercio. Bancarelle di souvenir e di abiti locali molto particolari. Sono colorati e tintinnanti. Gironzolando tra le stradine arriviamo fino al giardino floreale e ad una cascata, che è piccolina e oggi povera d'acqua,  attrazione del luogo. Molto curato, molto pulito. Per entrare si pagano 10 Bath, ne vale assolutamente la pena. Tra le varie bancarelle ci sono molti venditori di pietre " preziose", diamanti, rubini e via dicendo. 
I venditori sono anche convinti di poterti convincere 😱. 
Ci sono tantissime fragole (di cui sono grandi produttori quassù) e bazar di tea e frutta secca. Non avendo voglia di pranzare ci facciamo del male con una crepes al cioccolato e banana, tanto per gradire. Ok, rifocillati dal dolce, proseguiamo la marcia. Arriviamo nei pressi di Doi Suthep. La stradina per arrivare in cima è chiusa da una sbarra. Due chilometri ci separano dalla vetta. Siamo a 1500 metri. Parcheggiamo lo scooter e, ovviamente, su a piedi. I due chilometri sono di salita costante, ci sfiancano un pochino ma la natura intorno ci appaga. Banani con le loro foglie enormi, alberi altissimi e una ricca
presenza di pini. Arriviamo in cima 1685 metri.  Non abbiamo incontrato nessuno durante il cammino. Ne è valsa davvero la pena. Foto di rito, sguardo sulla distesa ai nostri piedi e si riparte a ritroso. Alle 15.45 siamo di nuovo in compagnia del "nostro" AMICONE scooter. È assolutamente indispensabile noleggiare uno scooter perché l'alternativa sono i tuk tuk o i minivan dei tour organizzati e, oltre alla poca libertà concessa, non si risparmia di sicuro (MI RACCOMANDO PATENTE INTERNAZIONALE A SEGUITO, è obbligatorio averla per i veicoli a motore).
Si rientra. Giù in discesa per i tornanti fino a Chiang Mai city. Siccome però non siamo mai sfiniti, visitiamo un bel Tempio, il Wat Suan Dok. È un tempio molto antico, situato ad ovest del centro storico di Chiang Mai. La caratteristica di Wat Suan è il gran numero di Chedi, Pagoge. Quella più alta, dorata, raggiunge i 48 metri. Grli altri, bianchi e più piccoli, contengono le ceneri dei membri della famiglia reale di Chiang Mai. 
Ingresso 20 Bath. All'interno del tempio, molto bello, un'altra serie di Buddha. 
OK, ora basta davvero per oggi. Sono le 17.00, si rientra in albergo dove ci aspetta una doccia e una birra ghiacciata. Il programma per la cena è di tornare a provare le prelibatezze delle locande all'aperto. A domani.
P. S. : a proposito di spostamenti; il costo della miscela per motorino è di 30 Bath a litro (circa 90 centesimi). Con due litri si carica più della metà del serbatoio e quindi si possono fare tanti km.